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giovedì 3 novembre 2016

La domesticazione del singolo nelle democrazie borghesi

Nelle democrazie borghesi, la promozione della libertà politica, non si compie se non per il tramite di una dittatura ideologica della forma di libertà, tale da farla apparire come una decisione nella quale è occultato il suo rapporto con la cosa e quel senso del separare che la compone, così come indica il suo etimo greco. Ciò che queste democrazie ci nascondono è il fatto che le loro verità non sono capaci di eliminare, nella pratica, la negazione della libertà, contenuta in esse come una conseguenza tragica dei loro presupposti assolutistici. Per un verso, le democrazie borghesi, vogliono essere l'espressione di una verità assoluta, per l'altro, non possono fare di questa verità un valore altrettanto definitivo, perché esse pretendono di appartenere alla storia e considerano questo stato uno loro valore sostanziale. In questo contesto, decidere significa esprimere la volontà di dominare le cose. Una volontà che è l'espressione di quel senso comune del mondo, che favorisce la domesticazione del singolo nella sua pluralità sociale e che ha molto da spartire con la formula dell'inconscio. Tra l'altro, ciò che fa intuire perché la storicità appare spesso nella forma di sintomo. In fondo, non è forse il disagio mentale un modello di quel pensare l'essere cosa delle cose, che corre in parallelo in politica al nichilismo? (l'apparente astrattezza del materialismo dialettico, in questo contesto, è dovuta al fatto che i mezzi con cui l'idealismo pretende di eliminarlo, sono sostanzialmente inefficaci, anche se utili a degradare la filosofia del comunismo ad un progetto di scienza sociale oramai obsoleto. Questo degradare esprime il passaggio del concetto di rivoluzione, come totalità in divenire, ad una progettualità scientifica, dunque a qualcosa di divisibile, di aggredibile con la decisione, che può essere manipolata al solo scopo di riproporre il dualismo di essere e nulla).

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