Translate

giovedì 4 gennaio 2018

IL '68 ... qualche tempo prima (Capitolo I)

Genova, 1960
L'autorizzazione data ai fascisti di tenere il loro congresso a Genova fu sia un ringraziamento del governo Tambroni per l'appoggio esterno del MSI sia un tentativo per misurare la temperatura del paese poiché Genova era una delle città più rosse d'Italia, dove le lotte avevano spesso superato le indicazioni sindacali e poter quindi dimostrare la possibilità di un'apertura all'estrema destra fascista senza timori di una reazione popolare.
Il 25 giugno studenti, giovani, impiegati organizzarono una protesta contro la convocazione del congresso neo-fascista fissato per il 2 luglio, a loro si uniranno i portuali e gli operai. Dopo questa protesta fatta al di fuori di partiti e sindacati, nasce una vera unione tra operai e studenti che capiscono le carenze delle organizzazioni della sinistra, che si limitavano a riprendere slogan antifascisti e a votare mozioni per impedire lo svolgimento del congresso. Il 30 giugno viene organizzato dai partiti della sinistra, uno sciopero a Genova e a Savona, sicuri di poter gestire la piazza in modo tranquillo. Intanto i cosiddetti  "provocatori" si riuniscono: sono anarco-sindacalisti, ex-partigiani, comunisti dissidenti e gruppi di studenti, l'elemento nuovo e che giovani e lavoratori sono coinvolti in un'azione comune.
La manifestazione si svolge senza incidenti, ma l’inferno si scatena quando il corteo si sta disperdendo. La Celere  infastidita dai fischi e dai canti partigiani, attacca la folla prima con un getto di acqua colorata a mezzo di autobotti, poi con lacrimogeni e caroselli verso gli operai seduti a riposare sulla fontana in Piazza de Ferrari. Dalle jeep calano le prime manganellate sulla testa dei manifestanti.
Ad animare la riscossa dei lavoratori sono i portuali, i “camalli” che scendono in piazza con i ganci da lavoro e con le magliette a strisce che rimarranno fra i simboli di quelle giornate. Decine di migliaia di persone rispondono con pietre, bottiglie, tavole e sedie dei bar, sedie delle case, assi di legno dei cantieri edili, in scontri che si frazionano per tutto il centro. Colpi d'arma da fuoco partono dai celerini e un giovane rimane ferito. Epicentro degli scontri sono Piazza De Ferrari, Via Petrarca, Piazza Matteotti, Piazza Dante, sottoporta Soprana, Via Ravecca e Via Fieschi. La battaglia esplose violenta quasi subito: da un lato una popolazione scesa in strada col sangue agli occhi, dall'altro la Polizia alla quale erano stati impartiti ordini estremamente precisi in termini di repressione. In Piazza De Ferrari una camionetta, che non riesce a fendere la folla, viene bloccata e bruciata, un contingente del Reparto Celere di Padova agli ordini del capitano Ludei  fu disarmato e isolato da centinaia di manifestanti. L'ufficiale venne quasi annegato nella fontana della piazza mentre i suoi uomini furono percossi e feriti anche con l'uso delle famigerate “refie”, quei grossi uncini metallici usati per scaricare le stive delle navi. Più di cento agenti rimangono feriti o contusi e feriti anche una sessantina di dimostranti. Così il 30 giugno i lavoratori genovesi rimangono padroni delle strade, mentre carabinieri e Celere sono obbligati a ripiegare a presidio degli uffici pubblici.
Ma tutta Genova nella notte tra l'1 e il 2 luglio scende ancora una volta nella lotta di strada in un clima pre-insurrezionale: venti trattori agricoli, alla testa di una colonna proveniente da Portoria, avanzano per abbattere gli sbarramenti di filo spinato con cui la polizia aveva isolato Piazza De Ferrari e via XX Settembre. Nei quartieri del porto nella notte di vigilia si erano confezionate centinaia di bombe molotov; nella cinta industriale intorno alla città si erano ricostituite le vecchie formazioni partigiane armate pronte a scendere in città; nei quartieri del Porto, di Via Madre di Dio, di Porta S. Andrea si erano costruite barricate alte due metri di pietre e legname. E' a questo punto, all'alba del giorno 2 luglio, che il governo comprende di avere perso la partita e, per evitare rotture gravi, revoca alle ore 6 del mattino al MSI, il permesso di tenere il Congresso, mentre ottiene dai partiti di «sinistra» e dai sindacati la garanzia del mantenimento dell'ordine! Nelle lotte di quei giorni vennero arrestati 98 lavoratori genovesi: di questi 23 saranno ancora detenuti il 19 agosto 1960, quando verrà celebrato il processo che irrorerà molti anni di reclusione. Il risultato di quelle giornate di lotta sfociate poi in tutta l'Italia sancì la caduta del governo Tambroni appoggiato dai voti fascisti e la sua sostituzione con il governo Fanfani leader dell'ala sinistra della DC.
La vera novità di queste lotte e che nelle giornate di Luglio, ha fatto la sua comparsa nel nostro paese, una forza nuova che sorprese sia la borghesia sia i partiti di sinistra: la massa giovanile operaia e studentesca. E' verso questo settore della protesta che si orientarono i gruppi che si erano staccati dai tradizionali partiti della sinistra e che volevano diffondere una concezione realmente classista della lotta politica.

Nessun commento:

Posta un commento