E infatti Molina sfiora la soglia della delazione. Se non la oltrepassa è perché si è innamorato di Valentin, che gli ha ceduto, e come Valentin si è ricreduto sul conto dell’amico, ha sua volta ha acquistato la virile concezione della vita propria dell’altro. Sicché, uscito di prigione, trova il coraggio di contattare i rivoluzionari, e muore ucciso mentre Valentin torturato in galera, con l’aiuto della morfina fugge nell’isola di sogno in cui si svolgeva uno dei film raccontati dall’amico, abitata da una mitica donna-ragno.
Esilarante e tragicomico l’aspro confronto tra un omosessuale che insegna ad un etero quanto siano importanti nella vita la fantasia e l’immaginazione. Noi creiamo noi stessi così come creiamo il mondo che ci circonda. Se rifiutiamo il mondo interiore tutto diventa un inferno.
Due verità che non si escludono a vicenda e che forse indicano allo spettatore, seppur sotto un ottica drammatica, il bisogno di sondarle entrambi.
Il regista Babenco, nei 120 minuti della durata del film, riesce ad unire una serie di suggestioni che portano lo spettatore a viaggiare su piani paralleli: il mondo reale e crudo del carcere, il mondo fittizio costituito dalle scene del film di propaganda nazista che Luis Molina racconta a Valentin Arregui, il mondo onirico rappresentato dalla fantomatica storia della donna-ragno e dal finale enigmatico, una sotto-trama spy necessaria alla narrazione ma soprattutto una costruzione dei personaggi eccellente, sopraffine e poetica.
Hector Babenco ha voluto rappresentare un affresco di diversità e minoranze, dove il dissidente politico e l’omosessuale rappresentano qualsiasi minoranza ostacolata, osteggiata, messa alla prova, condotta al compromesso o alla tentazione, posta davanti alla via più semplice per ottenere una sorta di lasciapassare per il mondo dei “normali”, quel mondo fatto di etichette che questo film tenta di scardinare.
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