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giovedì 26 aprile 2018

Ma cosa è oggi la sinistra?

"La sinistra" è un concetto importante fin dai tempi della Rivoluzione Francese ma ha assunto un significato ancora maggiore con lo sviluppo del socialismo, dell'anarchismo  e del comunismo. La Rivoluzione Russa ha portato al potere un governo di sinistra, almeno dal punto di vista teorico; destra e sinistra si sono scontrate in Spagna e l'hanno ridotta a pezzi; i partiti democratici in Europa e Nord America si sono schierati tra i due poli; le caricature si sinistra mostravano i loro nemici come grassi capitalisti con il sigaro in bocca mentre i reazionari hanno demonizzato i "comunisti" negli anni Trenta e durante la Guerra Fredda. Da oltre due secoli la contrapposizione fra destra e sinistra, per quanto rappresenti spesso una semplificazione, è servita per delineare e ricordare l'equilibrio dei rapporti di forza. 
Nel XXI secolo continuiamo ad usare queste parole; ma cosa è oggi la sinistra? Il fallimento del  comunismo di Stato, il limitato innesto del socialismo nei governi democratici e l'inarrestabile deriva verso destra delle politiche  guidate dal "capitalismo corporativo" danno l'impressione che il pensiero di sinistra sia ormai antiquato, ripetitivo o illusorio. La sinistra è emarginata nel suo stesso pensiero, frammentata nei suoi obbiettivi, insicura sulla possibilità di restare unita.
Certamente oggi il pensiero filosofico e sociale deve confrontarsi con l'irreversibile degrado ambientale prodotto da un capitalismo senza freni: un fatto evidente di cui la scienza ci parla da più di cinquanta anni, mentre i progressi della tecnica cercano solo di mascherarlo. Ogni vantaggio che ci hanno portato l'industrializzazione e il capitalismo,  ogni miglioramento nella scienza, nella salute, nella comunicazione e nel benessere getta ormai la stessa onda letale.
Tutto ciò che abbiamo lo abbiamo preso dalla terra; lo abbiamo preso con sempre maggiore velocità e avidità, e ora  quel poco che restituiamo è sterile e avvelenato. Tuttavia possiamo ancora fermare il decorso di questa patologia. Il capitalismo si fonda per definizione sulla crescita; come dice Bookchin: "per il capitalismo desistere dalla sua crescita insensata significherebbe commettere un suicidio sociale". Evidentemente abbiamo semplicemente preso i cancro come modello del nostro sistema sociale.
L'imperativo capitalista di "crescere o morire" si scontra radicalmente con gli imperativi ecologici dell'interdipendenza e della sussistenza. Queste due visioni non possono più coesistere tra loro, né potrà sopravvivere una società fondata sul mito di questa coesistenza impossibile. O sapremo realizzare una società ecologica o non ci sarà più una società per nessuno, indipendentemente dal suo status

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