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lunedì 16 aprile 2018

Il 68’ … il 19 aprile 1968 a Valdagno (capitolo XVI)

Il 19 aprile 1968 vede a Valdagno (in provincia di Vicenza) una rivolta operaia contro Marzotto e contro l'esasperante repressione politica padronale che impediva una gestione normale di una vertenza sindacale. Già il mercoledì della settimana precedente era stato indetto uno sciopero selvaggio dichiarato solamente la sera prima. In quella mattinata gli operai avevano picchettato i gradini della fabbrica impedendo agli impiegati l'entrata anche violentemente dove necessario.
Quando il 19 aprile altra data di sciopero gli operai alle 7 di mattina si recarono davanti alla fabbrica per picchettare trovarono un'amara sorpresa, i carabinieri si erano posizionati sui gradoni. Immediatamente gli animi si scaldarono, in particolare quelli delle donne che reagirono violentemente urlando e imprecando contro i carabinieri schierati. A un certo punto un brigadiere dei CC in borghese tirò fuori una catena legata con un lucchetto ed iniziò a picchiare con questa. Le donne presenti sui gradini quindi vennero caricate dalla polizia e subito gli operai accorsero per opporsi alla carica. Per protestare contro l'uso delle catene fatto dai carabinieri volarono in loro direzione una serie di uova.
“Alle sette usciamo noi del primo turno, in sciopero dopo un’ora di lavoro. Ci fermiamo sui gradini e tentiamo di occupare anche noi la portineria.
Siamo quasi tutte donne, ma i carabinieri non si fanno intenerire e ci scacciano colpendoci con i cinturoni. Cominciano così i primi tafferugli. Poi, mi pare verso le nove, arrivano centinaia di studenti  delle superiori in corteo. Tra le nove e mezzogiorno le cariche della Celere non si arrestano mai. I poliziotti non risparmiano botte e pestaggi e usano sia i manganelli che il calcio dei fucili. Vengono lanciati lacrimogeni a centinaia.
Ma davanti alla fabbrica un picchetto di un migliaio di operai non fugge e continua a resistere.”
Alle 9:15 arrivò la celere cercando di disperdere la folla lanciando lacrimogeni e caricando violentemente. Gli operai antistanti i gradini si trovarono quindi imbottigliati tra la celere ed i carabinieri che scesero dalle scalinate.
La situazione rimase calma fino alle 14 quando sulla porta della fabbrica spuntò il direttore amministrativo della Marzotto. La folla alla sua vista iniziò a premere sui cancelli riuscendo a sfondarli. 
I dirigenti dei sindacati CGIL, CISL e UIL a quel punto
arbitrariamente senza consultarsi con gli operai concordarono con la polizia il rilascio dei due operai in cambio dello scioglimento della manifestazione.
Al rifiuto degli operai di accettare il compromesso sindacale, la polizia immediatamente caricò e lanciò nuovi lacrimogeni, a quel punto gli operai iniziarono a rispondere con un fitto lancio di sassi. Gli operai lentamente guadagnarono terreno, ma iniziarono immediatamente tutti una serie di caroselli con le camionette. A questo punto alcuni manifestanti attrezzarono un'auto con un altoparlante e iniziarono a girare per la città invitando la gente a scendere in piazza in favore degli operai. In moltissimi risposero unendosi alla protesta. Tra questi molti furono gli studenti delle medie inferiori che infervorati dalla voglia di ribellarsi buttarono giù la statua di Marzotto padre e attaccarono direttamente tutti gli esercizi commerciali che i Marzotto avevano in città. Alle 22, 23 arrivarono i caschi blu da Padova e rastrellarono la città fermando 200 operai e disperdendo le folle con bombe lacrimogene e a volte vere e proprie bombe a mano.
Bilancio finale: 47 arresti, moltissimi fermi, 4 operai feriti. Il giorno dopo la popolazione di Valdagno risponde con una manifestazione pacifica all’azione della polizia.
Il prefetto di Vicenza, che il giorno prima ha emanato un’ordinanza con divieto di manifestare per più giorni, è indotto a revocarla.

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