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giovedì 2 gennaio 2020

SOLDATO BLU di Ralph Nelson

Rapita dal capo Cheyenne Lupo Pezzato, Kathy, una giovane donna bianca, è liberata, dopo due anni trascorsi presso la tribù indiana, da un drappello di soldati. Inseguiti dai cheyenne di Lupo Pezzato, i soldati vengono raggiunti e sterminati: alla strage scampano soltanto Kathy e il giovane militare Honus. Durante la lunga e avventurosa marcia verso il piu' vicino forte, Kathy e Honus finiscono con l'innamorarsi e la giovane, cui la lunga permanenza tra gli indiani è servita a comprenderne le ragioni e a valutare i torti dei bianchi, riesce a rendere partecipe di questo stato di cose anche il suo compagno. Allorché, giunti i due al forte, uno squadrone di cavalleria è in procinto di mettersi in marcia per un assalto alla tribù cheyenne, Kathy parte precipitosamente alla volta del campo indiano per avvertire la tribù del pericolo che la minaccia. Nonostante un tentativo di parlamentare avanzato da Lupo Pezzato, lo squadrone muove alla carica, massacrando circa cinquecento indiani, più della metà dei quali sono donne e bambini. Honus, che ha avuto il coraggio di ribellarsi all'iniquo ordine dei suoi superiori, finisce in catene, mentre Kathy decide di dedicare la sua vita all'assistenza dei piccoli indiani sopravvissuti alla strage.
Quando il film venne girato, gli Stati Uniti erano impegnati nella contestata Guerra del Vietnam, e molti critici ci videro un riferimento al massacro di My Lai. Il film alla sua uscita, e per molto tempo ancora, creò parecchio scalpore, in quanto denunciava le ipocrisie e menzogne che avevano costituito la storia fondativa degli Stati Uniti, riguardo la politica adottata nei confronti dei Nativi americani e riguardo l'idea antropologica che si aveva su essi, e perché in maniera non del tutto velata, criticava la Guerra del Vietnam, denunciando la falsità e l'ipocrisia della società statunitense degli anni Sessanta e Settanta in merito tale guerra, tanto da diventare un manifesto di protesta della generazione che non si identificava con la società e la cultura dominante in America, e contribuendo ad alimentare un profondo dibattito storico-culturale e sociale, sia negli anni Settanta, sia nei periodi successivi Tutto questo anche perché nel film sono riversate, in maniera accennata, molte delle lotte e delle tematiche (oltre al Vietnam e ai Nativi americani) tipiche del
Sessantotto: femminismo, incarnato dalla protagonista; pacifismo e critica negativa della società borghese, con le sue "ipocrisie" e "convenzioni", la libertà e la condanna del capitalismo americano con il suo imperialismo e il razzismo.
I bianchi sono gli aggressori, gli invasori che vengono da terre lontane ad usurpare territori che non gli appartengono ed agiscono con crudeltà su donne e bambini senza alcuna discriminazione. I pellirossa si devono difendere, i bianchi vogliono solo conquistare, la differenza fra le due culture emerge in tutto, dalle trattative alle forme di combattimento: un capo indiano è tanto più rispettabile e temibile quanto più è coraggioso, rischia di persona, un capo bianco è solo di rado in prima fila, perché in genere manovra sul tavolo la tattica di combattimento in cui rischieranno la vita i suoi soldati pronti ad eseguire ciecamente gli ordini. Non molto diversa dalla conquista dei territori indiani deve essere sembrata agli occhi di Nelson la partecipazione degli USA nella guerra del Vietnam. Il regista dichiarò infatti "la posizione ufficiale del governo è che noi stiamo in Vietnam per onorare un impegno...non dimentichiamoci però che abbiamo stipulato 400 trattati con gli indiani, violandoli tutti, uno dopo l'altro ...ho tenuto a mostrare queste atrocità perché volevo proprio sconvolgere la gente, devastare le coscienze, e ricordare con tali immagini che la follia sanguinaria esiste ancora ai nostri giorni". 

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