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giovedì 2 dicembre 2021

Walker C. Smith sul sabotaggio

Nel suo opuscolo Smith dedica una prima parte alla ricostruzione della storia del sabotaggio sia come pratica, nata contemporaneamente allo sfruttamento umano, sia come termine, scelto per indicare un metodo di lotta sociale solo a partire da Congresso confederale di Toulouse del 1897 (prima in Inghilterra e Scozia tale pratica era indicata con il nome “Ca’ Canny”, cioè “andare piano”). Indica anche tre possibili versioni sulla sua origine lessicale, tutte riconducibili alla parola sabot: nella prima ipotesi il riferimento è riconducibile all’episodio in cui un operaio francese utilizzò il suo zoccolo per danneggiare un macchinario, oppure potrebbe derivare dal fatto che i sabot si presentano come calzature pesanti e ciò causerebbe rallentamenti nel lavoro, infine l’ultima possibilità è che la parola sabotaggio derivi da un termine dello slang che indica lo sciopero fatto senza lasciare il proprio posto di lavoro. Alla base dell’idea di sabotaggio sta innanzi tutto una critica al mercato del lavoro, alla disparità di potere tra padroni e operai che, restando tagliati fuori dalla legge della domanda-offerta, si trovano stretti in un sistema senza stabilità salariale: “Sabotaggio significa, quindi, che i lavoratori combattono direttamente le condizioni imposte dai padroni secondo la formula ‘salari bassi-cattivo lavoro' ” (Walker C. Smith). Danneggiare la merce, scioperare o rallentare il lavoro e le consegne delle merci prodotte attraverso lo sfruttamento sono tutti metodi di sabotaggio. Non sempre però tale mezzo è messo in pratica a beneficio dei lavoratori, anzi spesso sono gli stessi imprenditori che ne impongono l’uso per aumentare il valore della merce. Smith porta come esempio, tra gli altri, i carichi di patate distrutti in Illinois, o le mele lasciate marcire sugli alberi dei frutteti di Washington, o ancora le mistificazioni dei documenti ai danni dei concorrenti della Standard Oil Company. Tali azioni altro non sono che “sabotaggio capitalista”, come già le aveva chiamate tre anni prima William Trautmann. Se divenisse una pratica diffusa tra gli operai, secondo Smith il sabotaggio potrebbe fermare le guerre e bloccare gli arresti di chi sciopera; per riuscirci però dovrebbe diffondersi la coscienza del potere che porterebbe, per conseguenza, alla solidarietà tra lavoratori. Come pratica di massa, se utilizzata da ogni operaio di ogni comparto produttivo, permetterebbe addirittura di giungere alla fine delle classi, dello Stato e della produzione come mezzo di profitto anziché di prodotti di utilità. Attingendo alla tradizione anarcosindacalista europea, Walker C. Smith adatta l’idea di sabotaggio alla situazione statunitense del primo Novecento, rendendolo applicabile da una classe lavoratrice in balìa delle leggi della speculazione, sfruttata, vilipesa e molto spesso massacrata dalle milizie padronali.


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