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giovedì 27 gennaio 2022

Aigues-Mortes, poveri contro poveri

Proprio all'indomani della conclusione del congresso di Zurigo dove grazie all'emendamento Bebel con cui si specificava "per azione politica s'intende il giovarsi dei diritti politici e dei congegni legislativi o lo sforzo per conquistarli onde servirsene a pro degli interessi del proletariato e per la conquista del potere" gli anarchici furono automaticamente espulsi. Il  17  agosto 1893, ad Aigues-Mortes, in Provenza, trenta operai italiani erano rimasti uccisi e molti  altri feriti, a seguito di una selvaggia aggressione da parte di lavoratori francesi inferociti per la concorrenza di salariati stranieri nel  lavoro delle saline. Era il segno di quanto difficile fosse ancora la battaglia per estirpare gli odi nazionali dall'anima dei popoli e di quanto, malgrado gli appelli congressuali alla fratellanza universale, conflitti nazionali uscissero in certi  casi,  anziché attenuati, acuiti, da una malintesa ed  esclusiva lotta di classe. All'episodio  reagirono socialisti e anarchici con un richiamo  ideale  e  pratico sostanzialmente ispirato ad una comune visione internazionalista e classista. Antonio Labriola scrisse il  testo  di un  appello  « ai compagni d'Italia e di Francia» a  nome  del circolo socialista di Napoli. Malatesta e Merlino inviarono una ferma lettera di protesta alla redazione di La Revue anarchiste che aveva approvato la  «lezione» data ai «mangiatori di polenta»,  colpevoli, a  suo giudizio, di «aver abbassato il  prezzo della carne umana negli  ergastoli capitalisti del litorale»: No, compagni, scrivevano Merlino e Malatesta, non è affatto naturale che degli operai francesi ed italiani, parigini e provinciali, scioperanti e senza lavoro, si uccidano fra loro. Anzi è antinaturale. E un delitto. E il meno che possano fare gli anarchici in simili occasioni è di dirlo ad alta voce, invece di giustificare i massacri ed insultare le vittime. In  seguito all'eccidio di  Aigues-Mortes si ebbero in Italia violente  dimostrazioni antifrancesi, soprattutto, come abbiamo detto, a Roma e a Napoli. Come, in un momento di grave tensione diplomatica fra Parigi e Roma, la borghesia francese  aveva dirottato  la rabbia  dei disoccupati contro gli emigranti italiani, così il  governo di Roma sfruttava l'incidente di Aigues-Mortes  per  convogliare il malcontento dei lavoratori italiani contro l'ambasciata e i  consolati francesi. Ma a Roma e a Napoli le dimostrazioni popolari sfuggirono di mano  ai loro ispiratori per volgersi contro  il governo  stesso. A Roma si eressero barricate, a Napoli gli scontri di strada durarono  tre giorni, con una partecipazione di massa, soprattutto di donne e ragazzi. I tumulti sconvolsero l’intera città e cessarono solo dopo l’intervento di reparti militari. Duemila furono gli arrestati. Fu, secondo la felice espressione di Antonio Labriola, “un caso. di anarchia spontanea” alla cui esplosione erano in effetti estranei tanto i socialisti che gli anarchici (come invece la stampa   governativa voleva far credere) e che aveva, la sua causa e la sua carica nelle condizioni sociali delle masse popolari urbane.


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