Proprio all'indomani della conclusione del congresso di Zurigo dove grazie all'emendamento Bebel con cui si specificava "per azione politica s'intende il giovarsi dei diritti politici e dei congegni legislativi o lo sforzo per conquistarli onde servirsene a pro degli interessi del proletariato e per la conquista del potere" gli anarchici furono automaticamente espulsi. Il 17 agosto 1893, ad Aigues-Mortes, in Provenza, trenta operai italiani erano rimasti uccisi e molti altri feriti, a seguito di una selvaggia aggressione da parte di lavoratori francesi inferociti per la concorrenza di salariati stranieri nel lavoro delle saline. Era il segno di quanto difficile fosse ancora la battaglia per estirpare gli odi nazionali dall'anima dei popoli e di quanto, malgrado gli appelli congressuali alla fratellanza universale, conflitti nazionali uscissero in certi casi, anziché attenuati, acuiti, da una malintesa ed esclusiva lotta di classe. All'episodio reagirono socialisti e anarchici con un richiamo ideale e pratico sostanzialmente ispirato ad una comune visione internazionalista e classista. Antonio Labriola scrisse il testo di un appello « ai compagni d'Italia e di Francia» a nome del circolo socialista di Napoli. Malatesta e Merlino inviarono una ferma lettera di protesta alla redazione di La Revue anarchiste che aveva approvato la «lezione» data ai «mangiatori di polenta», colpevoli, a suo giudizio, di «aver abbassato il prezzo della carne umana negli ergastoli capitalisti del litorale»: No, compagni, scrivevano Merlino e Malatesta, non è affatto naturale che degli operai francesi ed italiani, parigini e provinciali, scioperanti e senza lavoro, si uccidano fra loro. Anzi è antinaturale. E un delitto. E il meno che possano fare gli anarchici in simili occasioni è di dirlo ad alta voce, invece di giustificare i massacri ed insultare le vittime. In seguito all'eccidio di Aigues-Mortes si ebbero in Italia violente dimostrazioni antifrancesi, soprattutto, come abbiamo detto, a Roma e a Napoli. Come, in un momento di grave tensione diplomatica fra Parigi e Roma, la borghesia francese aveva dirottato la rabbia dei disoccupati contro gli emigranti italiani, così il governo di Roma sfruttava l'incidente di Aigues-Mortes per convogliare il malcontento dei lavoratori italiani contro l'ambasciata e i consolati francesi. Ma a Roma e a Napoli le dimostrazioni popolari sfuggirono di mano ai loro ispiratori per volgersi contro il governo stesso. A Roma si eressero barricate, a Napoli gli scontri di strada durarono tre giorni, con una partecipazione di massa, soprattutto di donne e ragazzi. I tumulti sconvolsero l’intera città e cessarono solo dopo l’intervento di reparti militari. Duemila furono gli arrestati. Fu, secondo la felice espressione di Antonio Labriola, “un caso. di anarchia spontanea” alla cui esplosione erano in effetti estranei tanto i socialisti che gli anarchici (come invece la stampa governativa voleva far credere) e che aveva, la sua causa e la sua carica nelle condizioni sociali delle masse popolari urbane.
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