Il 3 maggio 1937 la situazione peggiorò, soprattutto quando a Barcellona le forze di polizia della Generalitat, alleata del Partito comunista catalano, cercarono di occupare uno dei punti chiave di Barcellona, il palazzo della Telefonica, trovando però gli anarchici a bloccare la loro azione. La seconda battaglia durò dal mezzogiorno del 3 alle 6 di mattina del 7 maggio. Il 4 i comunisti si trovarono già assediati, ma i vertici della CNT-FAI, invece di lasciare convergere su Barcellona una parte delle forze dislocate in Aragona per porre fine alla tracotanza stalinista o quanto meno per ridimensionarla, accorsero a Barcellona per mediare. Portavoce di questa politica a Barcellona furono i ministri anarchici e Santillàn; quest'ultimo trattò la tregua: gli uomini assoldati da Mosca si sarebbero dovuti ritirare e la Catalogna avrebbe continuato a marciare al fianco del resto della Spagna antifranchista. La mattina dell'8 maggio apparvero chiaramente le conseguenze degli accordi stipulati dai vertici del CNT. L'indomani si contarono centinaia di morti e migliaia di feriti e ci si accorse che la battaglia era servita agli agenti del Komintem anche per catturare e liquidare gli esponenti più in vista dell'opposizione di sinistra. Di questi due vennero trovati assassinati nelle Ramblas: uno si chiamava Francesco Barbieri e l'altro Camillo Berneri. Durissimo il giudizio di Luigi Di Lembo sulle responsabilità del PCI e in particolare di Palmiro Togliatti: "Togliatti aveva utilizzato lo schema interpretativo del 1935 ma con una notevole variante: invece di togliere all'anarchismo italiano la sua base di massa era giunto intanto a togliere di mezzo i leader stessi dell'anarchismo di massa, e in senso fisico". Dopo questi fatti, una parte degli italiani tornò in Francia, delusa e disgustata, mentre un'altra parte seguì la colonna Tierra y Libertad; altri aderirono alla Divisione Durruti e altri ancora entrarono nella Brigata Internazionale Garibaldi. Quelli tornati in Francia volevano far sapere qual era la politica stalinista, anche perché la macchina della disinformazione sovietica era già all'opera e il 20 maggio "Il Grido del Popolo" di Parigi, organo del PCd'I, scriveva: Camillo Berneri, uno dei dirigenti degli Amici di Durruti che, esautorato dalla direzione stessa della FA Iberica, ha provocato il sanguinoso sollevamento contro il governo del Fronte Popolare della Catalogna, è stato giustiziato dalla Rivoluzione Democratica a cui nessun antifascista può negare il diritto alla legittima difesa'. Questa rivendicazione venne poi negata dai comunisti italiani, arrivando a sostenere che Berneri era stato ucciso da agenti segreti di Mussolini. Nel 1950 Togliatti, rispondendo a Salvemini e firmandosi Roderigo, disse che Berneri non era stato assassinato dai comunisti, e in qualunque caso della morte di Camillo Berneri sarebbero stati allora responsabili anche tutti gli altri partiti antifascisti, perché a Barcellona erano tutti contro gli anarchici. Gli anarchici esuli in Francia pubblicarono un articolo sull'argomento nel numero unico "La Società Nuova" dove, prendendo atto dell'isolamento degli anarchici, a proposito di Rosselli e di GL scrivevano: "Giustizia e Libertà, pur piangendo la morte del nostro Berneri e degli altri compagni, non ha osato dire che è stato vilmente assassinato". GL, l'unica formazione che aveva elaborato posizioni simili a quelle anarchiche, più che all'antifascismo rivoluzionario sembrava essersi ispirata alla Realpolitik.
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