Che cos'è un uomo in rivolta? Un uomo che dice di no. Ma se rifiuta, non rinuncia tuttavia: è anche un uomo che dice di sì, fin dal suo primo muoversi.
In questa costante e perenne oscillazione fra il no e il sì, l'uomo in rivolta di Camus si differenzia profondamente dal pensiero rivoluzionario ed ancor più dal concetto di rivoluzione. Se le rivoluzioni moderne non hanno fatto altro che instaurare degli stati e legittimare il potere del terrore, per l'autore dell'Uomo in rivolta è impossibile avere dubbi: o si accettano le conseguenze della rivoluzione, e quindi la paura, il sangue, lo Stato; oppure inevitabilmente vi si è contrari, non rinunciandovi ma riaffermando la possibilità della rivolta. Ma qual è, in pratica, la differenza tra rivoluzione e rivolta? Sulle prime sembrerebbe che Camus scelga il concetto di rivolta, dandone un'interpretazione positiva rispetto alla negatività della rivoluzione, poiché l'uomo che dice no è l'eroe titanico che, affrontando il tiranno, il Potere, con il solo e unico gesto di rivolta si autorealizza emancipandosi. Per Camus la chiave interpretativa, e metodica sta nella possibile (possibile, non "vera") differenza; rivoluzione è intesa come totale negazione del reale, come un movimento che, superando lo status quo, lo nega in tutti i suoi aspetti perché li riconosce estranei; la rivolta, al contrario, è un moto che, pur superando le condizioni presenti, le accetta perché sono le uniche passibili di mutamento.
Se la rivolta potesse fondare una filosofia, questa sarebbe al contrario una filosofia dei limiti, dell'ignoranza calcolata e del rischio. Chi non può sapere tutto, non può tutto uccidere.
Camus è un convinto assertore di questa filosofia, contrapponendosi duramente ed aspramente ad ogni concezione e interpretazione del mondo che assolutizzando qualsiasi concetto metafisico, come materialista, lo ponga e si ponga al di sopra del reale, perché, come già detto, la realtà non è né ragionevole né irragionevole, ma ciò che si può dire ed ancor più ciò che si può cambiare. Camus individua un minimo comune multiplo: il nichilismo, qui inteso come degradazione, asservimento della realtà presente a favore di un immaginato futuro di verità cui poter donare la propria sofferenza in questa vita alienata. Grande ammiratore di Nietzsche - il quale paradossalmente è l'unico ad essere salvato dall'accusa di nichilista - non può che far risalire la negazione della natura e del corpo alla nascita del cristianesimo: con l'avvento del cristianesimo, nel pensiero occidentale si insinua il concetto di peccato e di espiazione, che successivamente inquinerà perfino il pensiero laico e rivoluzionario di Karl Marx. La storia del pensiero occidentale è la storia della sconfitta della natura e dell'umiliazione del corpo per la vittoria dell'ideologia e della teologia, entrambe false coscienze che, in nome del futuro, hanno negato, condannato il presente. La domanda camusiana è dunque la seguente: quale motivo spinge l'uomo ad uccidere per dei valori astratti, delle ideologie? E ancora: perché, in nome della giustizia e della libertà, possono essere commesse le ingiustizie più atroci ed avvalorate le misure più repressive, totalitarie ed autoritarie?
La libertà assoluta coincide con il diritto, per il più forte, di dominare. Essa mantiene dunque i conflitti che avvantaggiano la ingiustizia. La giustizia assoluta passa attraverso la soppressione di ogni contraddizione: essa distrugge la libertà. La rivoluzione per la giustizia mediante la libertà finisce col farle insorgere l'una contro l'altra.