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giovedì 21 novembre 2024

L’Anarchia nel XX secolo – Parte XLIII

1937 

5 maggio - Vengono massacrati a Barcellona, da agenti stalinisti, gli anarchici italiani Camillo Berneri e Francesco Barbieri. Berneri, nato a Lodi nel 1897, si era rifiutato come insegnante di giurare fedeltà al duce; esule in Francia, era stato tra i primi ad accorrere in soccorso della repubblica spagnola attaccata da Franco. Promotore della prima colonna di volontari italiani, ha combattuto al Monte Pelato. Redigeva a Barcellona il giornale in lingua italiana "Guerra di classe". Stava scrivendo un opuscolo su Mussolini alle Baleari, sulla scorta di documenti trovati al consolato italiano di Barcellona che provano l'invio di aiuti sovietici (grano) all'Italia fascista che stava aggredendo l'Etiopia. L'ostilità degli stalinisti nei confronti di Berneri era aumentata dopo che l'anarchico italiano aveva scritto una lettera aperta a Federica Montseny, ministro della sanità nel governo centrale, in cui esprimeva il dissenso della base alle scelte della CNT. 

Giugno - Vengono arrestati i capi del POUM in Spagna. La persecuzione contro i militanti del POUM (definiti trotzkisti anche se Trotzki non è sulle loro posizioni) culmina nell'uccisione di Andrés Nin compiuto da agenti della NKVD, la polizia segreta sovietica. Nin, che era stato uno dei segretari di Trotzki, si era allontanato dal vecchio capo bolscevico, e aveva fondato il POUM, partito minoritario di rivoluzionari intransigenti nella difesa della democrazia operaia, che conta oltre 40 000 aderenti e ha al fronte una divisione di volontari antifranchisti. Scrive lo storico inglese Hugh Thomas nella sua Storia della guerra civile spagnola (Torino 1963): «Nin era prigioniero di Orlov, capo della NKVD, a Alcalà. Si rifiutò di firmare qualsiasi documento che riconoscesse la colpevolezza sua e dei suoi amici. Orlov non sapeva più che fare... Alla fine Vittorio Vidali (Carlos Contreras) suggerì di fingere un attacco "nazista" per liberare Nin. Così, in una notte oscura, dieci tedeschi delle Brigate internazionali assaltarono l'edificio in cui Nin era rinchiuso, parlando con ostentazione in tedesco durante il finto attacco. Nin fu portato via in un furgone e assassinato». 

Agosto - Una circolare del governo repubblicano vieta qualsiasi critica da sinistra all'Unione Sovietica e al suo capo. Il 10 agosto viene sciolto il Consiglio di difesa d'Aragona, ultimo organo di potere rivoluzionario rimasto in Spagna. Il suo presidente Joaquin Ascaso (fratello di Francisco) viene arrestato. Il ministro stalinista Uribe manda l'undicesima divisione contro i comitati di villaggio aragonesi e scioglie i collettivi agricoli. - Il SIM (Servizio de Investigación Militar), controllato dai comunisti, costituisce nella Spagna repubblicana proprie prigioni e campi di concentramento che si riempiono di anarchici e «deviazionisti di sinistra». Il generale Lister in applicazione della legge Uribe va con le Brigate Internazionali a sciogliere le comuni agricole gestite dai contadini poveri. L'anno successivo rientreranno i grandi proprietari terrieri e il governo abrogherà definitivamente la collettivizzazione delle terre che verranno restituite ai padroni.

Nel contempo viene eliminato il controllo operaio nelle fabbriche della Catalogna. Si riprende a pagare i dividendi agli azionisti stranieri; la paga del soldato semplice è ribassata da 10 a 7 pesetas e lo stipendio degli ufficiali aumentato fino a 100 pesetas; l'oltraggio al superiore è di nuovo punito con la pena di morte. Vengono ripristinati gradi, saluto militare, divise e tutte le vecchie gerarchie, nella fabbrica, nell'esercito e nella società della Spagna repubblicana. La vera guerra civile termina cosi, quasi due anni prima della fine ufficiale delle operazioni militari tra Franco e Negrin. - Ricostruendo la storia a posteriori, la rassegna della stampa "Inprecor" edita a Mosca scrive che "La Batalla" (organo del POUM) aveva ordinato alle sue truppe di lasciare il fronte facendo cosi il gioco di Franco. Si tratta di una ennesima menzogna che ha lo scopo di calunniare le forze della sinistra spagnola: in realtà sia il POUM sia i trotzkisti (bolscevico-leninisti) avevano appoggiato gli operai di Barcellona ma li avevano invitati a non sospendere lo sforzo bellico diretto contro il franchismo. "La Batalla" del 6 maggio ha pubblicato infatti l'ordine che nessun contingente di truppe doveva abbandonare il fronte, assieme all’adesione dei dirigenti del POUM al proclama degli «Amici di Durruti» che chiedeva la formazione di un consiglio rivoluzionario, la  fucilazione dei responsabili dell'attacco alla centrale telefonica, il disarmo della Guardia civil. Durante i combattimenti un volantino diffuso dai trotzkisti il 4 maggio diceva: «Tutti alle  barricate! Sciopero generale di tutte le industrie, meno quelle della produzione bellica». Era esattamente quello che il proletariato di Barcellona stava facendo. La stampa stalinista inventa un complotto «anarco-trotzkista» per spiegare le barricate erette dagli operaidi Barcellona in maggio a difesa delle loro posizioni attaccate dal tentativo premeditato di infrangere il potere della CNT in una sola volta. Che si tratti di questo lo prova il fatto che due giorni dopo l'assalto alla Telefònica di Barcellona è avvenuta l'occupazione del palazzo dei telefoni a Tarragona da parte delle forze di polizia su ordine della Generalidad, e come a Barcellona in varie parti della città squadre di Guardie civil e 115 militanti del PSUC occuparono, non appena scoppiati gli scontri, gli edifici situati in posizioni strategiche. Mentre la stampa stalinista si scatena a rappresentare i fatti di Barcellona come un'insurrezione di «anarchici e trotzkisti traditori che pugnalavano il governo spagnolo alla schiena», il giornale dei vertici CNT "Solidaridad Obrera" continua a condannare le barricate. Ma i dirigenti della CNT non traggono alcun profitto dalla loro condotta rinunciataria: lodati per la loro fedeltà, vengono tuttavia estromessi  dal governo e dalla Generalidad alla prima occasione. 



PENSA AGLI ALTRI - Mahmoud Darwish

Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,

non dimenticare il cibo delle colombe.

Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri,

non dimenticare coloro che chiedono la pace.

Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa agli altri,

coloro che mungono le nuvole.

Mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri,

non dimenticare i popoli delle tende.

Mentre dormi contando i pianeti , pensa agli altri,

coloro che non trovano un posto dove dormire.

Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri,

coloro che hanno perso il diritto di esprimersi.

Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso,

e dì: "magari fossi una candela in mezzo al buio".


Mahmoud Darwish, scrittore palestinese considerato tra i maggiori poeti del mondo arabo, ha raccontato l’orrore della guerra, dell’oppressione, dell’esilio (al-Birwa, suo villaggio natale, è stato distrutto dalle truppe israeliane durante la Nakba e ora non esiste più, né fisicamente né sulle cartine geografiche)


COMPLOTTISMO E ANTICOMPLOTTISMO

Sono due interpretazioni opposte e simili di fatti storici, due arlecchini al servizio di un unico padrone: il dominio.

Partiamo dal generale e iniziamo a notare che complottismo e anticomplottismo esistono effettivamente ma non corrispondono esattamente, e addirittura assai poco, alle riflessioni, alle situazioni, alle denunce e alle ricerche che li riguardano. Perché questo tipo di errore ricorrente colpisce sia chi crede fermamente nell'esistenza di un complotto, sia chi ne nega l'esistenza con sufficienza. Infatti, là dove prendono forma, queste due posizioni antagoniste sprovviste di prove verificabili sono due complottismi opposti nel senso ambiguo e psicolabile che questo concetto implica. Così come l’inferno per Sartre, i complottisti sono sempre gli altri. Chiamiamo dunque complottismo qualsiasi interpretazione paranoica o consapevolmente fuorviante di un dato, un fatto, una situazione. Il complottismo è il sapere dell'ignoranza guidata dall'odio o da un qualunque interesse sussidiario, economico o psicologico. Può essere cosciente e opportunista o inconscio e paranoico; riguarda sia i dominanti sia i sottomessi e i servitori volenterosi. Tra mille difficoltà e confusionismi, orfani di una coscienza di classe sconfitta dal consumismo, i ribelli hanno il compito storico di evitarlo e di trasformare questa mancanza di lucidità in una coscienza di specie, su pena, altrimenti, di diventare essi stessi i peggiori divulgatori della paranoia degli schiavi tanto utile alla perpetuazione della schiavitù. In un simile contesto storico, le ideologie complottiste (di cui l'anticomplottismo fa parte) sono il sintomo di una piaga funzionale al dominio. Nel nostro tempo che si dice moderno, esse possono variare dall'antisemitismo negazionista al sionismo antipalestinese, dal suprematismo bianco tipico del fondamentalismo cristiano alle gerarchie vampiresche di altri misticismi di ogni genere che impestano il vivente. Ogni volta che la paura dell'ignoto imperversa, la capacità umana d’immaginazione è il primo detonatore della formidabile arma della manipolazione. Ne abusano tutti i poteri – quelli intimi e personali e quelli che riguardano la vita collettiva, la comunità sociale. Ogni volta che la coscienza è sopraffatta da una qualsiasi paura, la spiritualità naturale prodotta dal dialogo tra il corpo e lo spirito di cui è composto l'essere umano si sbriciola spontaneamente in spiritualismo maniacale, anticamera di ogni misticismo. Quanto più profonda, intima e rimossa è la paura, tanto più si scatena l'impotenza, tanto più qualsiasi delirio può abusare l'individuo che dubita e tentenna.


giovedì 14 novembre 2024

L’Anarchia nel XX secolo – Parte XLII

1937 

Termina, in corte di cassazione, il cosiddetto processo di Bordeaux a carico di un gruppo di giovani anarchici che si erano sottoposti a vasectomia nell'intento di non avere figli «per non fornire carne da cannone ai capitalisti ». Mancando in Francia una legislazione in proposito, la vasectomia viene assimilata a «coups et flessure volontaires», ferite auto-inferte. Le pene detentive sono piuttosto leggere. Viene però colpito d'espulsione l'unico medico del gruppo, il dottor Bartoseck, austriaco. In seguito sarà vietata in Francia la sterilizzazione per contraccezione, salvo motivi di salute clinicamente accertati, esattamente come l'aborto terapeutico. Il processo costituisce un precedente di controllo delle nascite sull'uomo anziché sulla donna, e anticipa le polemiche che si avranno col  processo di Bobigny nel 1973 sull’aborto, e che porteranno alla legge «liberale» del 1975 in materia di anti-fecondazione. Gli anarchici ribadiscono in tale circostanza la loro opposizione alla riproduzione incosciente, riprendendo i temi del neo-malthusianesimo. 

Febbraio, marzo - La base della CNT-FAI si oppone alla politica compromissoria e collaboraziosistica della direzione. L'opposizione rivoluzionaria all'interno dell'anarchismo spagnolo (gli «Amici di Durruti») provvede alla stampa di una propria pubblicazione: "El Amigo del Pueblo". 

27 aprile - Assemblea alla sede del gruppo Malatesta di Barcellona di anarchici reduci dal fronte che intendono confermare a Berneri e agli altri leader quanto siano fondate le voci sulle intenzioni governative di disarmare le milizie e il proletariato barcellonese per ripristinare anche in Catalogna il potere dell'esercito e della polizia. In sordina, comincia l'ultimo atto della «guerra civile all'interno della guerra civile». Forze di polizia e operai cercano di assicurarsi il controllo della città e di disarmarsi a vicenda. Mentre la Catalogna non riceve dalla Russia le armi promesse, forze governative armate   perfettamente, che avrebbero potuto occupare Saragozza con Durruti, restano a Barcellona pronte a sostenere la provocazione comunista contro gli anarchici e le forze di base. 

3 maggio - Cominciano gli scontri armati nelle strade di Barcellona tra i vari corpi di pubblica sicurezza legati ai comunisti e al governo, e gli anarchici. Mentre è vivissimo nei ceti operai il risentimento per il crescente contrasto tra ricchezza e povertà, e s'accentua la sensazione che la rivoluzione venga ormai apertamente sabotata e che il provvedimento di disarmo degli anarchici preluda alla confisca e alla riprivatizzazione delle fabbriche, il governo decide di cominciare la prova di forza con la conquista della Telefonica. La Centrale telefonica dallo scoppio della guerra funziona per l'autogestione degli operai, in prevalenza aderenti alla CNT. Il pretesto ufficiale è l'insufficienza del servizio e l'insinuazione che le comunicazioni governative vengano controllate. Il capo della polizia Salas manda tre autocarri di Guardie civil a occupare l'edificio, mentre le strade adiacenti vengono sgombrate dalla polizia armata e in abiti civili. Contemporaneamente altri drappelli della Guardia civil occupano diversi edifici nei punti strategici. E il segnale dell'attacco finale contro la CNT da parte della Guardia civil e del PSUC (Partito Socialista Unificato di Catalogna, controllato dai comunisti). Il lavoro s'interrompe, squadre di anarchici armati scendono nelle strade. Nel corso della notte e l'indomani sorgono barricate in tutta la città. I combattimenti durano fino al 6 maggio. Le forze  della CNT-FAI e del POUM controllano i sobborghi operai; le forze di polizia e del PSUC occupano le zone centrali. Il 6 maggio un breve armistizio viene interrotto dal tentativo della Guardia civil di disarmare gli operai cenetisti. Fino alla sera del 5 maggio la CNT ha la meglio; durante la giornata gli «Amici di Durruti» distribuiscono volantini che incitano alla lotta in difesa della rivoluzione attaccata dalla polizia e dagli stalinisti. Forti contingenti della Guardia civil si arrendono agli anarchici. Ma ecco i dirigenti della CNT, che fin dall'inizio hanno sconfessato l'autodifesa armata intrapresa spontaneamente e che sono ancora rappresentati nel governo,  cadere nella trappola e unirsi a quelli della UGT per scongiurare gli operai di tornare al lavoro nell'interesse della produzione bellica. Il pomeriggio del 7 la situazione sembra tornata normale: ma quella stessa sera 6000 guardie d'assalto, mandate per mare da Valencia dal governo centrale, occupano la città. Il governo ordina la consegna di tutte le armi. In realtà vengono disarmate solo le forze ormai vinte della FAI e del POUM, perché il PSUC conserva le sue armi. Viene così schiacciata la rivoluzione di Barcellona, con 500 morti e un migliaio di feriti. Tra gli anarchici massacrati sono un nipote del pedagogista Ferrer e un fratello di Ascaso, Domingo. Nonostante l'atteggiamento conciliante dei vertici della CNT (che dichiara per bocca di García Oliver: «Non possiamo   far altro che attendere gli eventi e adattarci nel modo migliore»), la campagna contro gli «anarco-trotzkisti» non perde di intensità. Il conflitto offre l'opportunità al governo centrale (riparato a Valencia) di controllare direttamente la Catalogna. I comunisti considerano il primo ministro Cabalero troppo a sinistra e vogliono sostituirlo col socialdemocratico Negrín, nemico dichiarato della collettivizzazione e paladino della proprietà privata. La CNT è ridotta in pratica a una sopravvivenza fantomatica, mentre la FAI viene dichiarata organizzazione illegale; il ministro comunista Uribe chiede la messa fuori legge del POUM, aprendo la crisi che porta alla caduta di Largo Caballero. 



FORTUNATE SON – Creedence Clearwater Revival

Alcune persone sono nate per sventolare la bandiera

ooh, sono rossi, bianchi e blu

e quando la band suona "Hail to the chief",

ooh, puntano il cannone a te, Signore


non sono io, non sono io, 

non sono figlio di un senatore

non sono io, non sono io, 

non sono uno fortunato


Si!

Alcune persone nascono col cucchiaio d'argento in mano

Signore, essi non aiutano se stessi

ma quando l'esattore delle tasse viene alla porta

Signore, la casa sembra un mercatino, si,


non sono io, non sono io, 

non sono figlio di un milionario

non sono io, non sono io, 

non sono uno fortunato


alcune persone ereditano occhi come stelle splendenti

ooh, essi ti mandano in guerra

e quando chiedi loro, "Quanto dovremmo dare?"

ooh, essi rispondono solo di più! Di più! Di più! yoh,


non sono io, non sono io, 

non sono un figlio militare

non sono io, non sono io, 

non sono uno fortunato


non sono io, non sono io, 

non sono uno fortunato, no no no,

non sono io, non sono io, 

non sono un figlio fortunato, no no no.


L'INDIVIDUO

Si può comprendere che alle sue origini, quando ancora faceva fatica a formarsi, la società condannasse e perseguitasse gli individui ribelli, tanto più che il ruolo delle individualità forti nella costituzione del gruppo primitivo era allora potente e dominante. Ma una volta costituita la comunità, quali ragioni poteva avere la società per perseguitare ancora gli spiriti liberi, i temperamenti di valore?

La società vuole per natura l'uniformità, mira alla fusione in un gruppo omogeneo che inghiotte gli individui, se ne nutre, li digerisce e rigurgita una totalità rivestita di nuove virtù; dalla tribù del villaggio primitivo alle masse delle nazioni industriali, passando per l'aristocrazia feudale medievale.

L'individuo deve essere totalmente libero, nei limiti in cui la sua libertà non costituisce un elemento nocivo per gli altri.


giovedì 7 novembre 2024

L’Anarchia nel XX secolo – Parte XLI

1936 

Il 4 novembre - quattro rappresentanti della CNT entrano in qualità di ministri nel nuovo ministero presieduto da Francisco Largo Caballero: Juan Garcia Oliver alla Giustizia, Juan Peirò all'Industria, Juan Lopez Sànchez al Commercio e Federica Montseny Mané alla Sanità. In realtà sono due i ministeri concessi alla CNT: Industria e Commercio sono la stessa cosa, e la Sanità è soltanto una direzione generale. L'importanza delle posizioni tenute da socialisti, comunisti e altre forze legate al Frente Popular è molto superiore a  quella della Giustizia e dell'Industria e Commercio. La stampa cenetista esalta comunque l'evento, e "Solidaridad Obrera" di Barcellona parla dell'entrata della CNT nel governo centrale come di uno dei fatti «più trascendentali della storia politica spagnola» (4 novembre). Si tratta in verità di una vittoria della coalizione antifascista, a scapito della chiarezza della linea di classe. Ma tutto si svolge sotto l'assillo dell'offensiva franchista. Il 6 novembre il governo abbandona Madrid. La gente grida: «Viva Madrid senza governo» e il 13 applaude freneticamente  l'affranta, stanchissima   colonna Durruti che  prende posizione davanti alle truppe marocchine di Franco alla plaza de la Moncloa e al Parque del Oeste. La repubblica, cioè il generale Miaja, non gli concede neppure una notte di riposo. Comincia cosi una lotta disperata che va dal 13 al 19 novembre, giorno della morte di Durruti. Quel pomeriggio si reca a ispezionare le linee del suo settore alla città universitaria, davanti a Madrid. Dopo aver parlato con un gruppo di miliziani, nel risalire in auto cade riverso sui sedili senza dire una parola, il petto trapassato da una pallottola. L'agonia dura fino alle 4 dell'indomani. L'emozione in tutta la Spagna è enorme. Vengono fatte diverse ipotesi per spiegare la morte di Durruti. Ai suoi funerali - che si svolgono imponenti a Barcellona il 23 novembre – uno striscione anarchico dice: «Chi ha ucciso Durruti?». Mezzo milione di persone accompagna la salma al cimitero di Montjuich. I comunisti

parlano di una pallottola di un cecchino fascista; i fascisti sostengono che hanno ucciso il loro comandante gli stessi anarchici, fanatici individualisti infastiditi dal ferreo rigore organizzativo di Durruti. Gli uomini della sua colonna, che lo adoravano, accusano i comunisti. Pare che la verità sia più semplice, e cioè che un colpo di fucile sia sfuggito incidentalmente dal fucile stesso di  Durruti. Ma i libertari più intransigenti diffidano ormai di tutti - anche della CNT al governo. (Fonderanno il gruppo «Gli amici di Durruti» nell'intento di salvare la rivoluzione spagnola dai compromessi con la borghesia antifascista e con i comunisti succubi della politica ambigua di Stalin.) Ricardo Sanz prende il posto di Durruti a capo della colonna, che però viene smembrata; i comunisti hanno fretta di monopolizzare la condotta della guerra e non tollerano più intralci: esaltano Durruti a parole ma ne eliminano coi fatti ogni influenza postuma. La manovra giova oggettivamente ai giochi di Mosca. Nella Spagna antifascista le terre collettivizzate saranno restituite ai latifondisti, le fabbriche tolte agli operai e consegnate ai proprietari di ieri. Tutto ciò toglie entusiasmo alla lotta popolare contro l'esercito di Franco, che si avvia a una lenta, contrastata ma ormai sicura vittoria militare. Alla sconfitta sociale del proletariato provvederanno le forze congiunte della diplomazia sovietica, del fascismo internazionale, delle democrazie occidentali, della coalizione repubblicana di Madrid. Durruti non può più fermare l'avanzata della reazione. Ma dopo la sua morte migliaia di altri spagnoli con le sue idee e il suo coraggio cadono nella lotta sul duplice fronte. Perché Durruti, tipico castigliano nelle doti positive e nei difetti, nella bontà come nella violenza e nel coraggio necessari per imporre il rispetto delle proprie idee, non è un duce, un generale, ma un uomo come tanti, uno spagnolo-simbolo che assolve a una funzione, come il Che Guevara ai nostri giorni. È rimasto fino alla fine un operaio: alla sua morte, non trovano neppure un vestito per l'ultimo viaggio; l'uomo che ha avuto tra le mani tanti milioni, non ha mai tenuto un soldo per sé. 

1° dicembre - Violenti scontri tra anarchici e stalinisti. Con la scomparsa di Durruti il partito comunista sa di poter accelerare ilsuo  controllo sul governo repubblicano. La CNT è ormai su posizioni difensive, e paga i compromessi del passato. 

15 dicembre - Ricattato dalla offerta condizionata di aiuti dall'URSS, il governo aderisce a ogni richiesta comunista: il Consiglio supremo di sicurezza centralizza la polizia politica, che passa nelle mani di «specialisti» giunti da Mosca. 

17 dicembre - A Mosca la "Pravda" annuncia in un articolo di fondo: « In Catalogna è già cominciata la pulizia dai trotzkisti e dagli anarco-sindacalisti. Essa verrà condotta con la stessa energia che nell'Unione Sovietica». È il preludio al massacro delle sinistre rivoluzionarie. 

24 dicembre - Il governo repubblicano spagnolo decreta il divieto di portare armi: è in pratica la fine di ogni forma di autodifesa popolare. 

27 dicembre - Il partito comunista scatena una violenta campagna di diffamazione ai danni del POUM (Partido Obrero de Unificaciòn Marxista), piccolo partito di sinistra non allineato alle direttive di Mosca. Il POUM viene accusato di essere agli ordini di Franco. L'enormità delle calunnie provoca smarrimento, confusione e divisione nelle file dei combattenti anti-franchisti: si diffonde anche nella Spagna repubblicana, nelle città come nelle trincee, l'avvilente clima di «sospetto» tipico della dittatura staliniana. Comincia, in forme ancora  occulte, l'eliminazione alla spicciolata degli elementi dell'estrema sinistra. 



MACUNAIMA - Joachim Pedro de Andrade

Sorprendente, bizzarro, cinico, sexy, il primo film musicale del movimento brasiliano "Cinema Novo" possiede tutte queste virtù: modernità, forza e metafisica radicale al servizio della rivoluzione. E' così fedelmente indigeno che le sue gioie misteriose e le illusioni ci trasformano in voyeur di una festa estranea le cui sfumature ci raggiungono senza ben riuscire ad afferrarle. Si basa su di un testo chiave che racconta le imprese di un ridicolo cavaliere per soddisfare il desiderio sessuale della cognata. Lasciando casa, egli incontra un gentile cannibale con vestiti cittadini, una bellissima guerrigliera che ama le amache rosse ma che porta le bombe nascondendole sotto al bambino che giace nella sua carrozzina. Un  uomo gli vende un'anitra magica che defeca invece di fare uova d'oro. Fa un discorso politico improvvisato denunciando zanzare, balconi e vaiolo, riuscendo solo a farsi marchiare come comunista. Parla con un vagabondo che lo persuade a rompersi le palle e a mangiarle: ma ci sono sempre ragazze volonterose a curarlo. Dopo una breve fermata in una colonia di lebbrosi, il film termina con una festa all'aria aperta in cui dei borghesi sono costretti a dondolarsi su una suntuosa piscina piena di piranha con prevedibili risultati
pittoreschi. L'eleganza visiva delle immagini e della messa in scena è altrettanto soddisfacente dell'audace uso di colori e composizioni eccezionali e sensuali. Gli eventi e le idee affascinatamente bizzarri e ingenuamente sofisticati, testimoniano la presenza di una sensibilità moderna e cosmopolita, resa gelosa dalla corruzione e dai privilegi di classe, ben conscia della vera matrice culturale del suo paese. Per questo regista il cinema è un mezzo di magia e di rivoluzione: una rivoluzione dell'atteggiamento e della personalità, piuttosto che della propaganda. Un meraviglioso mélange di toni pop accompagna  il continuo progredire di Macunaima fino alla sconfitta finale: una affascinante volgarità esprime il disprezzo del film verso valori puritani, convenzionali. Il miscuglio multi-razziale del cast, degli eventi e dei corpi supera totalmente il problema della integrazione e una crudeltà gioiosa, ideologicamente fondata, contribuisce alla avventura cinematografica. Non tutti i giorni ci viene detto al cinema  "ognuno per se stesso e Dio contro tutti". Sarebbe difficile  ma non impossibile fraintendere questo film come un innocuo gioco dadaista. Ma la visione nascosta è filosofica e buia. I temi principali sono il Piccolo Uomo come vittima (e, ancor peggio, come complice), il mondo come un luogo estraneo e incomprensibile, la cieca stupidità e la implicita crudeltà del privilegio e del potere di classe e infine la necessità di riprendere il carattere genuino folcloristico brasiliano, il legame con la cultura indigena libera dalla dominazione straniera. Rispetto a tutto ciò "Macunaima" rappresenta le migliori aspirazioni artistiche e sociali del movimento brasiliano "Cinema Novo", quella intrepida e disperata banda di registi che tentarono di rappresentare il vero Brasile e i cui rischi, nel fare i film, non erano soltanto di natura finanziaria.



NESSUNA PROPRIETÀ

Noi (anarchici) ci rappresentiamo una società in cui le relazioni fra i suoi membri sono regolate non più dalle leggi, eredità di un passato di oppressione e di barbarie; ma da impegni reciproci, liberamente conclusi e sempre revocabili. Questi costumi però non devono essere pietrificati e cristallizzati dalla legge e dalla superstizione, ma conviene abbiano uno sviluppo continuo, adattandosi ai bisogni nuovi, ai progressi del sapere e delle invenzioni, e al crescere di un ideale sociale sempre più razionale e sempre più elevato. Quindi, nessuna autorità che imponga agli altri la propria volontà. Nessun governo d'uomo per l'uomo. Nessuna immobilità nella vita: una evoluzione continua come nella vita della natura.


giovedì 31 ottobre 2024

L’Anarchia nel XX secolo – Parte XL

1936 

Mentre le masse premono per la collettivizzazione, i capi dell'anarchia cominciano a vacillare, non credono più realizzabile il programma della vigilia. La spontaneità rivoluzionaria delle masse non trova sbocco organizzativo coerente. Durruti se ne rende conto. Gli dà fastidio il carattere burocratico del Comitato Centrale delle milizie. Capisce che li dentro la rivoluzione non si farà mai. Preferisce tornare a combattere. Forma la sua colonna, la colonna Durruti, e parte per il fronte d'Aragona, deciso a fermare l'offensiva fascista. "È il 24 luglio 1936. Una colonna di 3000 volontari, che man mano s'ingrossa. Sono nella maggioranza operai, armati solo di fucili. Emilienne insegue il marito su un camion. Durruti pensa soltanto al combattimento, è ossessionato dall'idea di liberare Saragozza, capitale dell'Aragona, caduta nelle mani dei fascisti. Un punto strategico, e una città carica di tradizioni libertarie. Per tenerla i franchisti impiegano i volontari più reazionari, i fanatici Réquetés di Navarra. Durruti vuole giungere in tempo per salvare la popolazione, ma la città è già un cimitero. Si accampa a venti chilometri, a Bujaraloz, sulla riva dell'Ebro. Avesse potuto occupare subito Saragozza, avrebbe raggiunto Bilbao sulla costa atlantica e la guerra sarebbe finita forse con la vittoria degli anarchici. Ma nessuno, da Madrid, lo aiuta. Come comandante Durruti si rivela cauto, attento ai consigli; non è un generale, ma un coraggioso combattente del popolo. Non è un sanguinario, non fa ammazzare alla cieca fascisti e preti. Cresciuto nella guerriglia urbana, deve adattarsi alle regole dell'organizzazione militare che controlla una vasta zona e ha di fronte a sé un fronte tenuto da militari di carriera. Durruti si batte contro l'improvvisazione e la demagogia, salva i parroci che la popolazione giudica innocenti, rimanda i volontari più esaltati:


e Qui non basta la forza fisica. Ci vuole un'organizzazione». 
La colonna Durruti è l'unica che avanza in direzione di Saragozza, ma ben presto resta isolata perché il governo non l'appoggia e non compie alcuna azione militare per alleggerire il sacrificio in vite umane, che è ingentissimo. Nel contempo si scatena sulla «colonna di ferro» di Durruti, leggendaria tra gli anarchici, tutto l'odio e la diffamazione dei fascisti e dei moderati. Più cauti, i comunisti esaltano la comune azione antifascista. Solo i sovietici si concedono qualche sfottitura: Durruti è dipinto nelle corrispondenze piene di menzogne del russo ll'ja Erenburg come un ingenuo a oltranza. Ma nell'autunno del 1936 la CNT conta nelle proprie file i tre quarti dei lavoratori catalani, è una forza che non si può ignorare. I capi della CNT  e della FAI sono operai onesti e preparati; la diffamazione nei loro confronti risulterebbe controproducente. Meglio cercare di legarli a un impegno puramente antifascista, meglio dire che Durruti vuole l'unità con i comunisti e i repubblicani. E quello che il Fronte popolare riesce a far credere. Intanto il nome della colonna Durruti è diventato comodo paravento per scaricare sugli anarchici la responsabilità di tutto quanto di spiacevole una guerra comporta. Violenze, requisizioni, prepotenze commesse da qualsiasi formazione antifranchista vengono addebitate alla colonna Durruti, che è invece l'unica il cui comandante abbia fatto drasticamente cessare ogni forma di abuso nei confronti della popolazione civile. Durruti tiene fino a venti comizi al giorno per spiegare alle milizie i motivi della lotta antifranchista  e galvanizzare gli animi. La colonna, attrezzata di sanità e cucine, dispone di una tipografia da campo portatile e un settimanale proprio, "Frente" e di una potente stazione radio che diffonde notizie e commenti ed è conosciuta in tutta Europa; da tutto il mondo giungono i volontari attratti dalla fama di questi anarchici; si arruola nella colonna  Durruti anche la scrittrice francese Simone Weil. Quando  i fascisti si avvicinano a Madrid, Durruti decide di accorrere in sua difesa. Se Madrid cade il prestigio dei franchisti sale alle stelle. Durruti si batte per scongiurare il pericolo. Ma sa benissimo che la vittoria sul fascismo non chiuderà   la partita; afferma: «Forse, un giorno, il nostro governo tornerà ad aver bisogno dei militari ribelli, per schiacciare il movimento operaio. Per la pace e la tranquillità dell'Unione Sovietica Stalin ha abbandonato i lavoratori tedeschi e cinesi alla barbarie fascista. A Hitler e Mussolini rompiamo più le scatole oggi noi, con la nostra rivoluzione, di tutta l'armata rossa. Mostriamo col nostro esempio alla classe operaia tedesca e italiana come ci si deve comportare col fascismo. Non mi aspetto nessun sostegno, da parte di nessun governo del mondo, per una rivoluzione del comunismo libertario». 



L'oppio – Jean Cocteau

Il polmone è una sacca di globuli. Ogni globulo si divide in alveoli, in diretta corrispondenza con i bronchi. Un globulo imita l’intero polmone di una rana. La superficie interna, liscia, è tappezzata da una rete di capillari sanguigni. Di modo che il polmone disteso, stirato, ricoprirebbe duecento metri quadrati. Avete letto bene.

Il fumo impregna dunque in un colpo solo centocinquanta metri quadrati di superficie polmonare.

La massa sanguigna polmonare, che ha uno spessore di soli sette millesimi di millimetro, rappresenta un litro di sangue.

Data la velocità della circolazione polmonare si può immaginare la massa di sangue che attraversa l’apparato respiratorio.

Da qui gli effetti istantanei dell’oppio sul fumatore.

Il fumatore sale lentamente come una mongolfiera, lentamente si rigira e lentamente ricade su una morta luna che con la sua debole attrazione gli impedisce di ripartire.

Che si alzi, che parli, che si muova, che sia socievole, che in apparenza viva, gesti, andatura, pelle, sguardi, parola, tutto rifletterà una vita sottomessa e leggi diverse per pallore e peso.

Il viaggio inverso avrà luogo a suo rischio e pericolo. Il fumatore paga in anticipo il riscatto. L’oppio lo lascerà si andare, ma il ritorno è senza incanto.

Una volta tornato sul suo pianeta, ne conserva la nostalgia.


La nostra vita è unica

La nostra vita è unica, singolare, irripetibile. Essa può diventare l'unica e sola opera d'arte che valga davvero la pena di realizzare. Dobbiamo imparare a stimarla come cosa rara. Dobbiamo imparare ad assegnare, ad ogni suo momento, il valore che merita. Non possiamo svenderla ad un padrone, buttarla via nella noia della sopravvivenza, mortificarla con il lavoro forzato e con la vuotezza in cui cercano di imprigionarla. 

Sottrarre la nostra vita al dominio ed allo sfruttamento, al lavoro forzato ed al bisogno, alla mercificazione ed alla sopravvivenza significa non solo combattere contro questa forma della realtà, ma anche mettere in atto una realtà altra, mettere in atto forme e modi di vita differenti. Significa immaginare una vita degna di essere vissuta e praticare questa immaginazione trasformando, subito, la forma, i modi, i tempi della nostra esistenza.


giovedì 24 ottobre 2024

L’Anarchia nel XX secolo – Parte XXXIX

1936 

Garcia Oliver, Francisco Ascaso, Antonio Ortiz e foyer guidano le operarazioni contro i militari filo-franchisti ritiratisi al Paralelo; bersagliato da cannonieri improvvisati, l'orgoglioso Goded deve arrendersi. I fascisti resistono soltanto in plaza de Cataluna, al palazzo dei telefoni. Li snida Durruti, che entra per primo nell'atrio della Telefonica; l'edificio viene rastrellato piano per piano. Il 20 luglio Durruti attacca la fortezza delle Atarazanas. E ferito alla testa e al petto, di striscio, da una fucilata. Viene portato dietro una barricata e medicato. Francisco Ascaso, fiancheggiato dai fratelli Domingo e Joaquin, si batte anche per lui. Vuol eliminare un nido di mitragliatrici che da una finestra del baluardo franchista delle Atarazanas fanno strage di anarchici. Francisco è convinto di poter centrare con un colpo di pistola il franchista appostato. Si lancia, cade in ginocchio, mira e spara. Ma mentre sta per rialzarsi una palla lo  colpisce alla fronte. Altri anarchici fanno tacere la mitraglia nemica. Ricardo Sana e Antonio Ortiz recuperano la salma di Francisco Ascaso. La sua morte segna anche la fine del vecchio gruppo, i cui membri saranno divisi dalle vicende della guerra civile. Bambini, donne, operai d'ogni età hanno partecipato, a Barcellona come a Madrid, agli scontri al fianco degli anarchici. Terminati i combattimenti, il 20 luglio, Durruti si reca al palazzo vescovile e salva la vita al vescovo di Barcellona che la folla voleva linciare; i tesori del palazzo li consegna interamente alla Generalidad. Cosi Durruti paga il suo debito con l'arcivescovo, che aveva sottoscritto una domanda di grazia per lui e Pérez Farvas, condannati a morte dopo la fallita rivolta di Saragozza (ottobre 1934). Da Barcellona sono sparite le divise, nessuno osa più parlare con arroganza ai sottoposti; anche i borghesi indossano per mimetizzarsi la tuta blu dell'operaio. Durruti ha gli occhi pieni di lacrime: la gioia della vittoria si vela del dolore per la morte di Ascaso, il compagno di tante battaglie, la lucida mente di tante imprese temerarie. Ma c'è ancora da fare. La folla incendia le chiese; Durruti riesce a salvare la cattedrale.

Null'altro viene distrutto, salvo la sede della compagnia marittima italiana Cosulich, dove s'erano asserragliati tiratori scelti italiani: gli operai l'hanno assalita e data alle fiamme. Si  scatena l'odio a lungo represso della gente per i preti e la ricca borghesia catalana. Molti sacerdoti sono uccisi, e cosi proprietari, capireparto e direttori noti per il loro atteggiamento anti-operaio. Gli stranieri sono risparmiati, ma la stampa europea si scatena contro gli anarchici e i militanti del POUM, definiti «gangster». Il presidente della Generalidad, Companys, che è stato in galera con Durruti, è ora rappresentante della borghesia, e cerca di intervenire, ma le truppe e i poliziotti passano alla FAI. Nella mattinata del 20 anche a Madrid la congiura fascista è stata spezzata. In tutta la Catalogna il potere è nelle mani della CNT-FAI. Si esercita però, di fatto, il doppio potere, perché gli anarco-sindacalisti non distruggono l'apparato statale della Generalidad. Ciò impedisce uno sviluppo effettivo della rivoluzione libertaria. Ma è soprattutto la congiura stalino-socialdemocratica che provoca la tragedia della Catalogna. Di fronte alla rivoluzione, il partito comunista e quello socialdemocratico si fondono e danno vita al PSUC (Partito socialista unitario di Catalogna); rafforzano il sindacato socialista, l'UGT, che usano come rivale della CNT, ricostituiscono l'esercito regolare, isolano e diffamano anarchici e trotzkisti, rimettono in piedi l'economia privata. Durruti esige via libera alla rivoluzione proletaria, e  Companys non osa contrastarlo, ma prende tempo e si accorda segretamente con le sinistre moderate. Tratta col comitato regionale della CNT: Durruti, Garcia Oliver, Joaquin Ascaso, Ricardo  Sanz, Aurelio FernAndez, Gregorio Jover, Antonio Ortiz e Valencia». Riconosce loro il merito di avere sconfitto i fascisti, li lusinga, li induce a collaborare con gli altri partiti, fonda con essi il Comitato Centrale delle Milizie Antifasciste. I franchisti resistono a Saragozza: bisogna intervenire. Cosi, per inesperienza di politica dei comitati, gli anarchici lasciano ad altri il potere governativo. Durruti, ancora lacero per la battaglia, si trova a trattare con borghesi in giacca e cravatta, abili comunisti, melliflui liberali, demagoghi socialdemocratici. Il problema del «comunismo libertario» viene rimandato a dopo la vittoria sui fascisti. Durruti è d'accordo con Garcia Oliver: una dittatura anarchica scatenerebbe contro Barcellona il governo di Madrid e le potenze straniere. Federica Montseny, Diego Abad de Santillan e altri sono contrari alla collaborazione col governo. Escorza propone la collettivizzazione della terra e la consegna delle fabbriche ai sindacati. Due mesi passano in discussioni, mentre il potere si rafforza in istituzioni statali in cui gli anarchici vengono a trovarsi in minoranza. Essi si rinchiudono nei sindacati, come se l'epoca consentisse una prassi normale. Non promuovono la costituzione dei Soviet, di consigli in cui sarebbero entrati tutti i lavoratori delle città e delle campagne, anche i più poveri che non avevano mai fatto parte di alcun sindacato, e che nei Soviet si sarebbero trovati sotto la guida dei lavoratori rivoluzionari più evoluti. In tal modo l'apparato statale si sarebbe rivelato inefficiente, e sarebbe scomparso. Invece prevale l'esigenza moralistica di non sporcarsi le mani con la politica, di rifugiarsi nei sindacati; si lasciano rimorchiare dai più esperti politicanti di professione, e finiscono per diventare un inutile alleato. Contrari a ogni dittatura, lasciano che il potere torni nelle mani dello Stato.   



 

I pericoli dello sviluppo tecnologico

La fiducia nella crescita economica illimitata come soluzione ai mali della società è insita nel sistema capitalista, ma è solo dopo gli anni ’50 del secolo scorso che è diventata, con il nome di sviluppo, una politica di Stato. Da allora la Ragione di Stato è diventata principalmente Ragione di Mercato. Per la prima volta la sopravvivenza delle strutture del potere statale non dipendeva più dalle guerre, fossero anche fredde, ma dalle economie, preferibilmente calde. La libertà, da sempre associata ai diritti civili, veniva espressa sempre più come diritto commerciale. Da quel momento essere liberi significava esclusivamente poter lavorare, comprare e vendere in tutta libertà, senza regole né ostacoli. Di conseguenza il grado di libertà delle società capitaliste tendeva a essere determinato dalla percentuale dei disoccupati e dai livelli di consumo, ovvero dal livello di integrazione dei lavoratori nell’economia. E, come corollario, la contestazione sociale più autentica si è venuta definendo come rifiuto del lavoro e del consumismo, ovvero come negazione dell’economia resasi indipendente dalla collettività, come critica anti-industriale. Lo sviluppo si è trasformato rapidamente in una minaccia, non solo per l’ambiente e il territorio, ma anche per la vita delle persone ormai ridotta agli imperativi del lavoro e del consumo. L’alterazione dei cicli geochimici, l’avvelenamento dell’ambiente, la disgregazione degli ecosistemi e l’esaurimento delle risorse mettono letteralmente in pericolo la sopravvivenza della specie umana. Il rapporto tra la società urbana e l’ambiente circostante suburbanizzato è diventato sempre più critico, poiché l’urbanizzazione generalizzata del mondo lo porta a una banalizzazione distruttrice non meno generalizzata: l’uniformizzazione del territorio attraverso l’accesso facilitato; la distruzione della terra con l’inquinamento e il cemento; la rovina dei suoi abitanti immersi in un nuovo ambiente reso artificiale, sporco e ostile. Lo sviluppo, valorizzando economicamente il territorio e la vita, non poteva che provocare il degrado dell’ambiente naturale e la decomposizione sociale, ma dal momento che ogni forma di crescita è diventata una forma di distruzione, la distruzione è diventata essa stessa un nuovo fattore economico, condizione sine qua non della crescita.


L'anarcosindacalismo

Alcuni compagni hanno scritto che l'emancipazione è impossibile lottando a livello sindacale, cioè nell'ambito delle strutture produttive fondate sulla divisione del lavoro. L'affermazione era convalidata da questa tesi principale: non sapendo gli sfruttati svolgere lavoro direttivo, la lotta per l'apprendimento della produzione è pressoché impossibile; infatti mentre gli sfruttati lottano per imparare una certa funzione, essa perde di importanza e ne sorge una nuova, per cui una lotta di questo tipo, sindacale, è persa in partenza. Logica conseguenza, l'emancipazione si attua fuori del luogo di sfruttamento, quindi si teorizza la comune, come modo di produzione basato sulla rotazione degli incarichi e sull'integrazione del lavoro intellettuale e manuale.Sul fatto che bisogna arrivare alla comune, ovviamente ci troviamo d'accordo, il problema è mostrare le linee generali del processo storico che porta a tale conclusione; se non lo risolviamo, la comune resta una aspirazione e si rischia di fermarsi a dire che "avremo la comune quando la faremo". In realtà si tratta di individuare tale processo storico e partire giustamente dal comportamento degli sfruttati e dalla loro struttura di classe. Ed è vero che la tendenza generale dei lavoratori manuali è uscire di classe, negarsi come merce nel mercato capitalistico e come schiavi nello stato pianificato, ma trattandosi di movimenti individuali e non organizzati, ecco che il problema diventa organizzativo. La questione dell'organizzazione sul terreno di classe è la questione appunto dell'anarco-sindacalismo, che affonda le sue radici, il suo motivo di esistere, nella stessa figura sociale del proletario, figura controversa ed ambigua, che lotta per difendere, migliorare ed eliminare la sua posizione sociale di sfruttato. Le vicissitudini dell'anarcosindacalismo sono strettamente connesse alle contraddizioni internamente vissute dallo sfruttato che si dibatte tra queste opposte soluzioni che gli si presentano; ma è su queste contraddizioni che noi possiamo produrre l'organizzazione di massa, è a partire da queste elementari aspirazioni popolari che noi possiamo innestare un processo storico in cui il proletariato sia artefice della sua liberazione e soggetto della storia: tutto questo è quel che si dice anarcosindacalismo. E quando questo processo sarà giunto al culmine, allora la comune si presenterà come possibilità storica reale e il sindacalismo non ha più ragion d'essere, avendo eseguito il suo compito, quello di sviluppare e organizzare il movimento di classe verso l'emancipazione. Sono cose vecchie tradotte nel linguaggio attuale; infatti citando Nettlau: "risulta che né Bakunin, né Kropotkin e neppure lo stesso Guillaume (il quale se ne persuase solo successivamente) hanno creduto che le sezioni o sindacati fossero degli agglomerati dai quali sarebbe automaticamente scaturita la soluzione pratica dei problemi del momento e che perciò stesso esse avrebbero costituito la base legittima della libertà sociale dell'avvenire". Evidentemente si distingueva fra sindacalismo e comunismo anarchico, ma comunque si riconosceva il valore del sindacalismo. Kropotkin scrisse nel 1914: "il sindacato è assolutamente necessario. È l'unica forma di associazione operaia che permetta di mantenere la lotta diretta contro il capitale, senza cadere nel parlamentarismo...".

Certo il sindacato, da strumento degli sfruttati può diventare strumento per ingabbiare le loro lotte: ma Errico Malatesta scriveva in Volontà del 7 febbraio 1914: "... Bakunin sperava molto nell'Internazionale ma fondò tuttavia l'Alleanza... che fu la vera anima dell'Internazionale". Anarcosindacalismo, appunto.


giovedì 17 ottobre 2024

L’Anarchia nel XX secolo – Parte XXXVIII

1936 

Nell'ottobre 1934 a Saragozza e nei villaggi del nord la CNT proclama il comunismo libertario. Dopo alcune settimane la rivolta è spenta e Durruti viene arrestato con altri e condannato a morte per alto tradimento. Nel '36 la maggioranza è alle sinistre, grazie alla parola d'ordine della CNT: ognuno voti, o non voti, secondo la sua volontà. Quasi nessuno boicotta le elezioni: anche Durruti (che nelle elezioni del  novembre '33 era come tutti gli anarchici decisamente astensionista) stavolta è d'accordo con la CNT. Nel  '33 aveva vinto Gil Robles, un reazionario poco meno che fascista; nel '36 la vittoria delle sinistre significa anche la liberazione di 30 000 detenuti politici, in maggioranza anarchici, che sarebbero stati massacrati in caso di vittoria della destra. Durruti vive la vittoria elettorale del fronte popolare nella prigione di Puerto de Santa Maria; amnistiato, denuncia alle masse che nuovi  padroni sono giunti al potere, le ibridi componenti del fronte popolare, mentre il fascismo si prepara all'insurrezione. Si batte quindi per la costituzione di gruppi armati da opporre alla cospirazione fascista e allo statalismo socialdemocratico-stalinista. Ancor prima di luglio comincia l'istruzione alle armi, prevedendo con esattezza l'insurrezione di Franco. Intanto ha subito un'operazione d'ernia, è convalescente. Nel 1931 ha avuto una figlia, Colette. Durruti non trova lavoro ed Emilienne si arrangia come donna delle pulizie, poi trova un posto come mascherina in un cinema. Quando la moglie va a lavorare, Durruti si mette un grembiule, lava i piatti e prepara la cena per Colette ed Emilienne. Ripulisce la casa, fa i letti, fa il bagno alla piccola e la veste. Rimbecca un compagno: «Se credi che un vero anarchico deve starsene all'osteria mentre sua moglie lavora, vuol dire che ancora non hai capito niente». Il 4 marzo 1936 Durruti aveva  detto in un comizio al teatro Grande di Barcellona: «Gli anarchici hanno fatto vincere le sinistre per impedire un colpo di stato di destra. Il popolo non ha votato per i politici, ma per liberare i prigionieri. Ora, sulla questione degli scioperi diciamo alle autorità di Madrid e di Barcellona: lasciateci stare: comporremo noi stessi i conflitti con le fabbriche tessili e con la società tranviaria. Il governo non se ne immischi! Anzi, di fronte alle serrate, alla fuga dei capitali all'estero, avvertiamo il governo di non ostacolarci nella lotta contro l'offensiva dei capitalisti. Alla borghesia

diciamo: chiudete pure tutte le fabbriche: le occuperemo, le conquisteremo, perché è a noi che le fabbriche appartengono». Nello stesso comizio Francisco Ascaso ribadisce il concetto che anche con la vittoria elettorale delle sinistre il potere è rimasto nelle mani della borghesia: se la si lascia fare, anche i partiti di sinistra  dovranno svolgere una politica di destra: «Cosa farà il governo? Cercherà di far pagare il conto ai lavoratori. Il capitale fugge all'estero, le fabbriche chiudono. Ma il governo non espropria gli industriali. Noi allora elegge-remo, con tutti coloro che lavorano nelle fabbriche, comitati di produzione, esproprieremo le fabbriche che gli industriali chiudono e le manderemo avanti». La vittoria politica i inganno e illusione, se non è seguita dalla vittoria economica, dalla vittoria nelle fabbriche. Come risposta all'insurrezione fascista, gli  anarchici, armi alla mano, realizzano questo programma. La CNT fa circondare le caserme passate a Franco e si accorda con l'aviazione rimasta fedele alla repubblica: al primo cenno d'insurrezione fascista gli aerei le bombarderanno; i comitati di difesa e di quartiere subito dopo occuperanno le caserme. Il 19 luglio, all'alba, scatta il piano della congiura franchista: le truppe occupano i punti strategici della città al comando del generale Goded. Scoppia anche lo sciopero generale proclamato a Madrid dalla CNT. Il capo della polizia minaccia di far sparare sui lavoratori, che si sono riversati in armi nelle strade spezzando il piano fascista. Interviene Durruti e i poliziotti fraternizzano con gli operai. Sulle barricate erette in pieno Paralelo, al centro come alla periferia, ci sono non soltanto anarchici, ma socialisti, comunisti del POUM e perfino del partito controllato da Magra catalanisti; assieme alle forze di pubblica sicurezza e ai militari rimasti fedeli alla repubblica ma che accettano ora la guida popolare, si sorvegliano le vie di comunicazione. Disoccupati, sottoproletari, manovali si uniscono agli operai più evoluti, ai metallurgici, ai portuali, ai ferrovieri. Invano i franchisti cercano di aprirsi la strada facendosi scudo di donne e bambini. Spaventati, anche i borghesi gridano al passaggio degli anarchici: “e Viva la CNT! Morte al fascismo! Abbasso la Chiesa!”   



THEN AND NOW (Allora e ora) - Oodgeroo Noonuccal

Nei miei sogni sento la mia tribù 

Ridere mentre caccia e nuota, 

Ma i sogni sono distrutti da auto in corsa, 

Tram sferraglianti e treni fischianti, 

E non vedo più la mia vecchia tribù 

Mentre cammino sola nel tumulto della città. 

Ho visto corroboree 

Dove quella fabbrica erutta fumo; 

Dove hanno eretto un parco alla memoria 

Un tempo lubra scavavano in cerca di igname; 

Un tempo i nostri bambini scuri giocavano 

Là dove ora ci sono i binari, 

E dove io ricordo il didgeridoo 

Chiamarci a danzare e giocare, 

Uffici ora, luci al neon ora, 

Ora banca e negozio e cartellone, 

Traffici e commerci della frenetica città. 

Non più woomera, non più boomerang, 

Non più celebrazioni, non più la vita di un tempo, 

Eravamo figli della natura allora, 

Niente sveglie per gente che corre al lavoro. 

Ora sono civilizzata e lavoro come i bianchi, 

Ora ho il vestito, ora ho le scarpe: 

“Com’è fortunata ad avere un buon posto!” 

Meglio quando avevo solo una dillybag. 

Meglio quando non avevo altro che la felicità 


Futuristi e anarchici

Può apparire fuori luogo l’accostamento fra futurismo e anarchismo, ma la scelta non è stata casuale e ciò perché i due movimenti condivisero alcuni fattori, come la lotta al “passatismo” (classico, clericale o borbonico), l’impeto eversore, l’amore per la violenza, il disgusto per il parlamentarismo, che indussero soprattutto i futuristi a cercare convergenze con l’anarchismo, di cui, però, dovettero ignorare o sottovalutare le insuperabili pregiudiziali antipatriottiche e antimilitariste. Il futurismo, dal canto suo, fu un movimento composto da diverse individualità aderenti a differenti posizioni politiche, anche se l’impronta del suo fondatore fu pregnante e, proprio per questo, fondamento di molti equivoci in chi, all’epoca, espose giudizi e critiche nei confronti di quel turbolento movimento artistico. L’errore risedette nell’interpretare il futurismo come un omogeneo blocco, senza operare una distinzione al suo interno delle diverse e importanti energie che lo composero. Un’odierna lettura della storiografia futurista dovrebbe invece condurre il lettore curioso a considerare tale movimento un insieme eterogeneo di idee, di personalità e di tendenze, impedendosi così di arrivare a un’affrettata sentenza sull’unilateralità politica del futurismo. Proprio per questo seguiamo l’esperienza futurista dei pittori Carrà e Boccioni, le cui opere hanno offerto un buon trait d’union fra futurismo e anarchismo. Scopriremo quindi un Carrà a contatto con i circoli anarchici londinesi e milanesi, un Carrà che presterà inoltre la propria opera artistica alla pubblicistica anarchica (ad esempio alla rivista parmense “La Barricata” redatta dall’anarco-futurista Renzo Provinciali). Scopriremo un Boccioni che tentò una sperimentazione socio-artistica veramente rivoluzionaria. L’artista, sul finire del 1910, propose all’animatrice delle attività della Casa del lavoro di Milano, Alessandrina Ravizza, l’organizzazione di un’Esposizione d’Arte libera a Milano. Quella richiesta si tramutò in realtà, nel maggio del 1911, nei padiglioni abbandonati dello stabilimento Ricordi, in viale Vittoria: un luogo di lavoro fu quindi riscattato e abilitato al contatto tra il popolo e la cultura, visto come occasione e possibilità di emancipazione sociale, di rottura con schemi classisti. Venne così aperto uno spazio culturale al di fuori dei circuiti istituzionali dell’arte ufficiale della borghesia e, all’interno di quello spazio, il ruolo innovativo dei futuristi avrebbe dovuto rappresentare la conseguenza più naturale, ponendosi, di fatto, come forza trainante e fermento rivoluzionario. Per Boccioni quel progetto non significò solo elargizione di cultura e d’arte al popolo, ma significò convocare il popolo stesso alla creazione artistica che, a ben vedere, rappresenta la strada più autentica per un’effettiva emancipazione umana e sociale o, almeno, la sola concepibile per un’avanguardia coerente con il dettame anarchico dei suoi ideali rivoluzionari.


giovedì 10 ottobre 2024

L’Anarchia nel XX secolo – Parte XXXVII

1936 

Il 2 luglio 1926 le autorità francesi annunciano di avere scoperto un complotto per assassinare il re di Spagna Alfonso XIII che il 14 luglio deve venire in Francia. Traditi da un compagno che doveva guidare il taxi nell'attentato progettato per vendicare il pedagogista libertario Francisco Ferrer, vengono arrestati Durruti, Ascaso e Jover. Condannati e richiesti da Spagna e Argentina, pende su di loro la minaccia dell'estradizione che il tribunale penale concede per l'Argentina. Non il garrote ma l'ergastolo nella Terra del Fuoco. Ma un'imponente mobilitazione popolare guidata da Louis Lecoin del comitato per la salvezza di Sacco e Vanzetti ottiene che i tre anarchici vengano accompagnati alla frontiera belga. Ma Belgio e Lussemburgo rifiutano di accoglierli. Anche l'URSS pone condizioni inaccettabili. I 3 anarchici tornano clandestinamente a Parigi.Nel 1927, appena uscito di prigione, Durruti  conosce a Parigi Emilienne Morin, una giovane anarchica che aveva seguito la campagna per la liberazione dei «tre moschettieri» (come la stampa chiamava Durruti, Ascaso e Jover). Emilienne e Buenaventura s'innamorano, e resteranno sempre assieme, senza sposarsi mai, come vuole la morale anarchica. Durruti trova lavoro a Lione, ma scoperto dalla polizia, è condannato a 6 mesi di carcere per avere contravvenuto all'ordine di espulsione. Avviato in Belgio, deve fuggire perché gli viene negato il permesso di soggiorno. Nel 1928 raggiunge con Ascaso, clandestinamente, Berlino. Qui conosce Rudolf Rocker, Fritz Kater e Erich Muhsam. Durruti insiste nella necessità della rivoluzione dal basso. È decisamente contrario al socialismo per decreto legge, e nel suo limitatissimo tedesco frammisto a parole spagnole e francesi cerca di spiegare gli errori compiuti dalla rivoluzione russa. Durruti è ormai un vero militante rivoluzionario, cosciente dei problemi sul piano generale, intellettuale, e pieno di energia fisica. E grande, forte come un atleta, con una testa bellissima. Ha una voce robusta, da tribuno, che sa anche argomentare con intelligenza e rigore e che conosce tane le sfumature della bontà e della tenerezza. Ha un solo vestito, rattoppato: dei milioni delle rapine alle banche non ha tenuto un soldo per sé. Nel 1930 può finalmente stabilirsi a Bruxelles con Ascaso ed Emilienne, avendo ricevuto il permesso di soggiorno. Di fronte alla forza di Durruti, alto e maschio, con folti capelli, Ascaso, stempiato e malinconico,

sembra ancora più piccolo e fragile. La sua dolcezza, la sua ironia, nascondono in realtà una grande energia. Lavora come meccanico in un'officina di pezzi di ricambio per automobili. E lui che progetta le azioni, calcolando ogni dettaglio, in modo che al coraggio e alla rapidità di Durruti vengano risparmiati, più possibile, rischi e incognite. Insieme, sono una coppia perfetta, invincibile, in cui la violenza è messa al servizio di un'idea libertaria, generosa, priva della minima traccia di egoismo. Qualche giorno dopo la proclamazione della repubblica, nell'aprile del 1931 Durruti piomba con Ascaso e Garcia Oliver a casa di una famosa anarchica spagnola, Federica Montseny (futuro ministro della repubblica durante la guerra antifranchista), in Barcellona. La Montseny, più cauta e possibilista, vuole lasciare alla neonata repubblica la possibilità di consolidarsi; i tre reduci dall'esilio affermano invece che se la repubblica borghese si consolida svaniranno le possibilità rivoluzionarie per i lavoratori. La Montseny riconoscerà in seguito, di fronte all'evoluzione degli eventi, che la posizione di Durruti era più giusta e lungimirante. La repubblica, infatti, legata a un timido riformismo, non riesce neppure a portare a termine la riforma agraria, problema fondamentale per la Spagna dell'epoca. Durruti è ora un uomo molto più tranquillo, gentile, dotato di una immensa energia ma consapevole dei grandi problemi che sovrastano il paese e in particolare il movimento operaio. Il 10 maggio il corteo degli anarchici raccoglie a Barcellona 100 000 persone; quello dei comunisti, che pure avevano inondato la città di manifesti, solo 6000. Davanti al palazzo della Generalidad il corteo anarchico è assalito dalla polizia. Gli operai rispondono al fuoco. Interviene l'esercito, ma Durruti convince i soldati a puntare le armi contro la polizia. Viene cosi evitato un massacro. Impegnati nella lotta contro l'apparato statale, gli anarchici tendono a sottovalutare il pericolo di un partito comunista controllato dagli stalinisti e fedele esecutore della politica estera di Mosca. Il quotidiano comunista “La Batalla” scrive in prima pagina: «FAI-ismo = fascismo»  e il dirigente socialdemocratico Fabra Rivas afferma: «Come mi piacerebbe fucilarli sul posto, Ascaso e Durruti!». Dopo un comizio a Gerona che entusiasma la folla per la forza e la semplicità dei sentimenti espressi, Durruti viene arrestato per «avere preparato a Parigi un attentato contro Alfonso XIII». La procura della repubblica finge d'ignorare che esiste un'amnistia generale e che la monarchia era stata rovesciata. La popolazione di Gerona insorge e assalta la prigione per liberare Durruti; sciopero generale, stato d'emergenza. Dopo 3 giorni di sciopero  Durruti viene rilasciato, ma con Ascaso viene  deportato in Africa. Fugge e torna alla lotta in Spagna; la repressione sociale con veste repubblicana continua ad abbattersi sul movimento operaio.