1937
Termina, in corte di cassazione, il cosiddetto processo di Bordeaux a carico di un gruppo di giovani anarchici che si erano sottoposti a vasectomia nell'intento di non avere figli «per non fornire carne da cannone ai capitalisti ». Mancando in Francia una legislazione in proposito, la vasectomia viene assimilata a «coups et flessure volontaires», ferite auto-inferte. Le pene detentive sono piuttosto leggere. Viene però colpito d'espulsione l'unico medico del gruppo, il dottor Bartoseck, austriaco. In seguito sarà vietata in Francia la sterilizzazione per contraccezione, salvo motivi di salute clinicamente accertati, esattamente come l'aborto terapeutico. Il processo costituisce un precedente di controllo delle nascite sull'uomo anziché sulla donna, e anticipa le polemiche che si avranno col processo di Bobigny nel 1973 sull’aborto, e che porteranno alla legge «liberale» del 1975 in materia di anti-fecondazione. Gli anarchici ribadiscono in tale circostanza la loro opposizione alla riproduzione incosciente, riprendendo i temi del neo-malthusianesimo.
Febbraio, marzo - La base della CNT-FAI si oppone alla politica compromissoria e collaboraziosistica della direzione. L'opposizione rivoluzionaria all'interno dell'anarchismo spagnolo (gli «Amici di Durruti») provvede alla stampa di una propria pubblicazione: "El Amigo del Pueblo".
27 aprile - Assemblea alla sede del gruppo Malatesta di Barcellona di anarchici reduci dal fronte che intendono confermare a Berneri e agli altri leader quanto siano fondate le voci sulle intenzioni governative di disarmare le milizie e il proletariato barcellonese per ripristinare anche in Catalogna il potere dell'esercito e della polizia. In sordina, comincia l'ultimo atto della «guerra civile all'interno della guerra civile». Forze di polizia e operai cercano di assicurarsi il controllo della città e di disarmarsi a vicenda. Mentre la Catalogna non riceve dalla Russia le armi promesse, forze governative armate perfettamente, che avrebbero potuto occupare Saragozza con Durruti, restano a Barcellona pronte a sostenere la provocazione comunista contro gli anarchici e le forze di base.
3 maggio - Cominciano gli scontri armati nelle strade di Barcellona tra i vari corpi di pubblica sicurezza legati ai comunisti e al governo, e gli anarchici. Mentre è vivissimo nei ceti operai il risentimento per il crescente contrasto tra ricchezza e povertà, e s'accentua la sensazione che la rivoluzione venga ormai apertamente sabotata e che il provvedimento di disarmo degli anarchici preluda alla confisca e alla riprivatizzazione delle fabbriche, il governo decide di cominciare la prova di forza con la conquista della Telefonica. La Centrale telefonica dallo scoppio della guerra funziona per l'autogestione degli operai, in prevalenza aderenti alla CNT. Il pretesto ufficiale è l'insufficienza del servizio e l'insinuazione che le comunicazioni governative vengano controllate. Il capo della polizia Salas manda tre autocarri di Guardie civil a occupare l'edificio, mentre le strade adiacenti vengono sgombrate dalla polizia armata e in abiti civili. Contemporaneamente altri drappelli della Guardia civil occupano diversi edifici nei punti strategici. E il segnale dell'attacco finale contro la CNT da parte della Guardia civil e del PSUC (Partito Socialista Unificato di Catalogna, controllato dai comunisti). Il lavoro s'interrompe, squadre di anarchici armati scendono nelle strade. Nel corso della notte e l'indomani sorgono barricate in tutta la città. I combattimenti durano fino al 6 maggio. Le forze della CNT-FAI e del POUM controllano i sobborghi operai; le forze di polizia e del PSUC occupano le zone centrali. Il 6 maggio un breve armistizio viene interrotto dal tentativo della Guardia civil di disarmare gli operai cenetisti. Fino alla sera del 5 maggio la CNT ha la meglio; durante la giornata gli «Amici di Durruti» distribuiscono volantini che incitano alla lotta in difesa della rivoluzione attaccata dalla polizia e dagli stalinisti. Forti contingenti della Guardia civil si arrendono agli anarchici. Ma ecco i dirigenti della CNT, che fin dall'inizio hanno sconfessato l'autodifesa armata intrapresa spontaneamente e che sono ancora rappresentati nel governo, cadere nella trappola e unirsi a quelli della UGT per scongiurare gli operai di tornare al lavoro nell'interesse della produzione bellica. Il pomeriggio del 7 la situazione sembra tornata normale: ma quella stessa sera 6000 guardie d'assalto, mandate per mare da Valencia dal governo centrale, occupano la città. Il governo ordina la consegna di tutte le armi. In realtà vengono disarmate solo le forze ormai vinte della FAI e del POUM, perché il PSUC conserva le sue armi. Viene così schiacciata la rivoluzione di Barcellona, con 500 morti e un migliaio di feriti. Tra gli anarchici massacrati sono un nipote del pedagogista Ferrer e un fratello di Ascaso, Domingo. Nonostante l'atteggiamento conciliante dei vertici della CNT (che dichiara per bocca di García Oliver: «Non possiamo far altro che attendere gli eventi e adattarci nel modo migliore»), la campagna contro gli «anarco-trotzkisti» non perde di intensità. Il conflitto offre l'opportunità al governo centrale (riparato a Valencia) di controllare direttamente la Catalogna. I comunisti considerano il primo ministro Cabalero troppo a sinistra e vogliono sostituirlo col socialdemocratico Negrín, nemico dichiarato della collettivizzazione e paladino della proprietà privata. La CNT è ridotta in pratica a una sopravvivenza fantomatica, mentre la FAI viene dichiarata organizzazione illegale; il ministro comunista Uribe chiede la messa fuori legge del POUM, aprendo la crisi che porta alla caduta di Largo Caballero.
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