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giovedì 20 ottobre 2011

Urla la morte nel carattere selvaggio delle guerre

Ciò che è stato chiamato storia è solo storia della merce e degli uomini che la producono disumanizzandosi.
L'espansione economica è stata non una vittoria dell'uomo, ma il blocco imposto all'espansione della vita umana, cui essa è parassitariamente sostituita.
Sostenere che il mondo evolve è confondere due movimenti inversi: il divenire della sopravvivenza e l'emergere della vita. La prima è tributaria al processo mercantile, la seconda non ha il suo posto nella storia; vi penetra  grazie dei sismi. Il solo che possa toccarla dipende dalla crescente astenia di cui minaccia il salasso accelerato del lavoro, la dialettica di morte in cui l'insieme delle attività umane tende a meccanizzarsi secondo imperativi economici.
La storia agisce  come catalizzatore fra la dialettica di morte, che coincide con l'umanizzazione mercantile, e la dialettica di vita, sempre presente e mai riconosciuta. Più la presa dell'economia si allenta  e meglio la vita si apre una nuova  strada.
Le epoche di distruzione parossistica indicano l'irruzione  della volontà di vivere e il grado di potenza  repressiva messo in opera per rimuoverla. La vita tenuta a freno urla la morte nel carattere selvaggio delle guerre, nello scatenamento delle rivolte, nella barbarie delle oppressioni, nella ferocia dei costumi quotidiani, nella grande ricaduta delle epidemie.
Esse spesso vengono dopo periodi in cui l'conomia si abbandona  allo slancio di una mutazione riuscita, talvolta allo sbando in cui si annuncia la nascita di una forma nuova. E quando avviene è come se la primavera fiorisse all'improvviso nella storia in cui le stagioni non esistono.
Allora l'amore diviene la grande preoccupazione, l'autorità patriarcale viene derisa, la virilità guerriera ridotta alla sua ridicola dimensione. Il  riso risuona fresco, il bambino esiste, la donna appare. La donna rivestita dei suoi abiti di gioia, maestosa nella sua certezza di essere la creatura più inutile e la più nociva a questa economia che i preti hanno inventato sacrificando l'amore al potere.

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