"L’anarchia è uno spazio politico attuale, da estendere e da utilizzare come testa d’ariete contro la resistenza, coatta, del potere gerarchico. Perché sapere che esistono progetti, in giro per il mondo, che da Linux come comunità basata sul dono, fino ai tentativi come quello dell’'isola delle Rose (in esperanto Insulo de la Rozoj, nome ufficiale Repubblica Esperantista dell'Isola delle Rose fu il nome dato ad una piattaforma artificiale di 400 m², occupata da liberi pensatori, che sorgeva nel mare Adriatico al largo delle coste dell'allora provincia di Forlì a 500 metri al di fuori delle acque territoriali italiane), dimostrano che l’anarchia non solo è possibile, ma è anche attualizzabile in varie forme, serve proprio a rendere il nostro essere anarchici una forma di resistenza al potere costituito. Base morale del pensiero anarchico, è che non siamo responsabili soltanto di ciò che facciamo ma anche di ciò che avremmo potuto fare e abbiamo scelto coscienziosamente di non fare..."
"Dobbiamo smetterla di continuare a chiederci quali siano le reali possibilità dell’anarchia altrimenti, facciamo il gioco degli stessi detrattori dell’anarchia. L’anarchia è qui, intorno a noi, ogni giorno; ogni volta che qualcuno fa del bene senza che gli venga imposto da un principio esterno. Ho definito questo concetto “seme sotto la neve”, perché basta sapersi guardare attorno e questa utopia è in realtà già nascosta tra il peso del quotidiano. Quello che bisogna fare, e smetterla di pensare se l’anarchia è possibile e invece vivere, direttamente, delle possibilità che oggi ci vengono offerte: cooperazione e mutuo appoggio sono la cifra del pensiero anarchico ma si ottengono solo attraverso il ricorso all’azione diretta che va organizzata in modo libero. La mia idea è: se l’anarchia è un seme sotto la neve ciò che bisogna fare è far crescere questo seme e fargli strada. Il resto verrà da sé..."
"Il motivo per cui ho messo il bambino al centro delle mie critiche anarchiche è che è nella sua essenza rendere espliciti certi principi morali a passeggio per le nostre città.
Divulgare anarchia tra costruzioni come le carceri o i macelli, piuttosto che in città che assumono sempre più la struttura di un immenso Panopticon, è davvero complesso, per questo ripensare il nostro modello di vita significa anche ripensare gli spazi che costruiamo e in cui, ovviamente, questo stesso modello dovrebbe svilupparsi.
La mia idea è che la città debba essere uno spazio che estende i principi della natura umana; luogo dove bambini e adulti socializzano e scoprono nuovi modelli di esistenza e sopravvivenza, perché nessuna città è governabile se i cittadini non la sentono propria..."
(Colin Ward (Londra, 14 agosto 1924 - Ipswich, 11 febbraio 2010) è stato uno dei maggiori pensatori anarchici della seconda metà del XX secolo. Ha cominciato a lavorare come architetto prima, come insegnante poi. Per oltre vent'anni è stato scrittore e giornalista free-lance. Gran parte delle sue ricerche si occupano dei modi "non ufficiali" con cui la gente usa l'ambiente urbano e rurale, rimodellandolo secondo i propri bisogni. Ha così scritto una ventina di libri su temi sociologici e urbanistici come il vandalismo e gli orti urbani, l'occupazione di case e l'autocostruzione. Si è inoltre occupato della condizione dei bambini in situazioni urbane e rurali.)
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