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giovedì 3 luglio 2014

LA QUESTIONE DELL’ILLEGALITÀ

Forma d'azione, controversa, invocata da alcuni individualisti della fine dell'ottocento e che giustifica soprattutto l'azione individuale. Nel 1894 il movimento anarchico ha rinunciato alle bombe della propaganda con i fatti. Ma il principio rimane: bisogna solo adattarlo. Non si può rinunciare a rimettere in causa, nei fatti e davanti all'opinione pubblica, la legittimità, la legalità del potere borghese basato sulla legge del profitto e l'ineguale distribuzione delle ricchezze. Si tratta di batterlo in breccia con atti, o attentati, che sfidino apertamente e deliberatamente la legalità dei costumi adottati. Il furto diventa un atto di giustizia e da giustiziere individuale, come pure la prova di un rifiuto di qualsiasi compromesso con l'ingiustizia di una società cattiva. Se il ladro viene preso, il vantaggio viene aumentato, il tribunale diventa la migliore tribuna di propaganda. Se il ladro riesce a scappare, sfidando la polizia e l'apparato coercitivo della borghesia, il morale di quest'ultima ne viene scosso. In questo caso non solo si utilizza la dialettica della repressione, ma la complicità delle masse risulta acquisita al beneamato brigante, secondo la vecchia tradizione popolare, dal Roman de Renard, a Cartouche e a Arsenio Lupin, i cui principali caratteri, a parte le motivazioni anarchiche, furono presi, dal suo autore Maurice Leblanc, al più celebre e al più intelligente degli illegali, Marius Jacob. La questione dell'illegalità fu iscritta nell'ordine del giorno della conferenza anarchica del 1 luglio 1879, a Parigi. Vennero presentate due tesi: la prima, sostenuta specie da Sèbastien Faure e Elisèe Reclus, vedeva nell'illegalità un atto rivoluzionario; la seconda quella di Jean Grave, rifiutava di: "perpetuare il furto, la menzogna, la truffa, le gherminelle, che costituiscono l'essenza della società che vogliamo distruggere". Duval, Pini e Jacob sostennero brillantemente la causa dell'illegalità, tanto con le loro azioni (svaligiando banche, le chiese e le abitazioni di lusso, e attaccando le tre categorie di beneficiari delle ingiustizie sociali: i ricchi, il clero e i potenti) che con la pubblicità da essi fatta alle idee anarchiche durante i loro processi.

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