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giovedì 3 luglio 2014

L’UOMO CHE BRUCIAVA I CADAVERI di Juraj Herz

A Praga, durante l’occupazione tedesca, un impiegato del crematorio cittadino, il signor Kopfrkingl, cede agli allettamenti dell’ideologia hitleriana fino a diventarne esaltatore entusiasta. La sua idea fissa della cremazione è infatti pienamente soddisfatta dall’irrazionalismo e dal misticismo che del nazismo sono parte integrante. Uccisi la moglie e i figli in nome della purezza della razza, egli accetta la direzione dei forni crematori dei lager plaudendo alla soluzione finale.
Questo film è una commedia nera ambientata fra la fine degli anni trenta e i primi anni di guerra. Ciò che è singolare in questa commedia dell’orrore, è il contrasto tra le ambizioni proprie della classe media del protagonista e gli orrori ai quali egli si piega per realizzarli.
Il signor Kopfrkingl è il tipico borghese senza qualità, privo di autentici sentimenti ma attento al prestigio sociale, alle convenienze. Il lavoro è per lui l’unica ragione di vita, un rito che lo appassiona e che lo condiziona a un livello profondo. Impegnato in una attività poco apprezzata dal pubblico, il buon borghese esalta la propria opera come se fosse la più importante nell’ambito della società.
Come si conviene ad un buon marito, Kopfrkingl si rivolge premurosamente alla moglie con accenti zuccherosi, frequenta una prostituta ma ricorre regolarmente alle visite di un medico suo amico affinché le sue debolezze non compromettono l’immagine rispettabile che egli offre alle persone che lo conoscono. La sua più grande dimostrazione d’affetto per i figli consiste nel pettinarli di tanto in tanto, con quello stesso pettinino che usa per rendere presentabili i morti, prima di incenerirli. Tutto ciò che fa parte della sua vita deve essere in ordine, senza pecca apparente, e il pettine nel taschino è simbolo di questa falsa rispettabilità a tutti i costi. Non appena l’ideologia stabilisce che rispettabile è sinonimo di ariano, Kopfrkingl non esita ad uccidere la moglie e i figli, rei di disordine in quanto portatori di sangue ebreo.Non è un pazzo, un paranoico, è invece un borghese comune, debole e ipocrita frutto di una classe e di una cultura prodotta da un sistema per i suoi fini conservatori, repressivi e imperialisti.
Il film di Juraj Herz va quindi al di là non solo della vicenda particolare, ma anche del particolare momento storico, per cui il fascismo appare dentro il mondo borghese, come essenza della sua cultura, dei suoi valori. 



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