L’uomo biologico deve conquistare la possibilità di scegliere liberamente ascoltando la melodia delle cose.
Per esempio tra una casa in pietra o mattoni ben orientata e ventilata e un appartamento dotato di aria condizionata; tra la cottura di alimenti attraverso un dosaggio controllato del fuoco e del calore e la performance del forno a microonde; tra la rete ferroviaria e telefonica da un lato e, dall’altro, le reti autostradali di onde hertziane e di satelliti che ricoprono la terra. E come non distinguere nel campo della salute tra una medicina che osserva il paziente con occhio affettuoso, previene i sintomi della malattia, ne deduce le cause e vi apporta rimedi diversi dalle molecole di sintesi da ingurgitare e una medicina che si intestardisce soltanto ad analizzare la chimica del corpo e vuole correggerne gli squilibri con l’addizione di prodotti industriali?
È un logos ben preciso della tèchne che deve essere oggetto di un rifiuto accanito. La tecnologia dominante è quella che garantisce i profitti ma non l’emancipazione dell’uomo nella natura, L’ideologia scientifica che la giustifica si applica alla civiltà del lavoro e dell’economia per perpetuarla e aggravarla. Essa imprigiona la persona a vantaggio dell’economia ma niente, se non una reazione fobica irrazionale, può escludere a priori che l’utilizzazione radicalmente altra di una tecnica adattata a obiettivi diversi potrebbe contribuire al rovesciamento di prospettiva del senso della vita.
Lo spirito dei morti pesa grandemente sulla tecnologia dei vivi. Una logica completamente diversa, così come una prassi totalmente differente, possono essere messe: tutto ciò comporterebbe altri obiettivi, altri livelli di intensità, rispettosi della sovranità biologica della vita umana e della vita in generale, sensibili all’arte del saper vivere e capaci di evitare le trappole di un progresso mitico, inquinato e inquinante.
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