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giovedì 17 luglio 2014

La scienza moderna e l’anarchia



Se la scienza è una lotta, l’anarchia ne è il fronte più avanzato, e in questo senso l’originalità dei geografi anarchici è che l’affermazione dei valori solidaristici nella società non avviene a partire da una scissione che la biologia, ma dalla applicazione alla società degli stessi metodi. “L’Anarchia è una concezione dell’Universo, basata sull’interpretazione meccanica dei fenomeni, che abbraccia tutta la natura, non esclusa la vita delle società. Il suo metodo è quello delle scienze naturali; e secondo questo metodo ogni conclusione scientifica dev’essere verificata.” Ma questo implica che cadano i dogmi a causa dei quali una serie di pregiudizi impedisce, per gli scienziati anarchici dell’Ottocento, di considerare la vera natura dell’uomo. Uno di questi pregiudizi è legato alla presunta perversità naturale del genere umano, ispirata all’idea dello stato di natura hobbesiano, ancora affermato ai tempi di Kropotkin da vari scienziati positivisti: “Tutta la filosofia del secolo XIX continuò a considerare i popoli primitivi come branchi di bestie feroci, che vivevano in piccole famiglie isolate e si battevano contendendosi il cibo e le femmine.” Secondo Kropotkin, questo pregiudizio non è altro che un retaggio delle idee di peccato originale o colpa originaria propagandate dalle diverse chiese, mentre lo studio delle società primitive, da parte dei geografi anarchici, dimostra che contrariamente quanto insito nella nostra educazione religiosa e giuridica, l’uomo lasciato a se stesso non diventa affatto una bestia feroce  pronta a sbranare i suoi simili, ma tenta di sviluppare strategie di adattamento alla sua situazione anche e soprattutto tramite la cooperazione coi medesimi.

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