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giovedì 2 aprile 2015

IL DISERTORE E I NOMADI di Juro Jakubisko

Tre episodi sul tema della guerra e della violenza.
Il primo si svolge sul finire della prima guerra mondiale, quando un disertore zigano, nauseato delle atrocità del fronte, torna al paese in cerca di pace e invece viene ucciso con un amico degli ussari, sopraggiunti a reprimere una rivolta anarchica che ha insanguinato il villaggio. Il secondo è ambientato nel ’45, e racconta a suo modo il dramma della vita contadina, straziata dai partigiani e dai soldati sovietici che devastarono, in cerca di eroi, la terra e l’anima della Slovacchia con alterni massacri. Ne terzo, datato all’indomani d’una esplosione nucleare, gli uomini superstiti si trucidano a vicenda. La Morte resta disoccupata, ed essa stessa finalmente muore.
Lo slovacco Juro Jakubisko (1938) è uno dei registi più dotati tra quelli formatisi nell'ambito della 'Novà vlna', la straordinaria vague cinematografica praghese degli anni '60. La sua propensione per il disegno e la pittura sembra destinarlo all'Accademia di Belle Arti, ma il caso lo spinge a iscriversi alla FAMU, la fucina di talenti nella quale si diploma nel 1965 con "Cekají na Godota" [Aspettando Godot]. Nel 1967 esordisce nel lungometraggio con "Kristove roky" [Gli anni di Cristo]. Ma è con "Il disertore e i nomadi" [Zbehovia a pútnici, 1968], premiato a Venezia e Sorrento, che il suo estroso e personalissimo modo di fare cinema si impone a pubblico e critica di tutto il mondo. 
Realizzato in un periodo di drammatici eventi politici (nel 1968 i carri armati sovietici invadono la Cecoslovacchia) Il disertore e i nomadi è un'amara parabola sulla follia della guerra.
 Il disertore è i nomadi è un fim sconcertante, a tratti bellissimo, per l’esuberanza visiva con cui mescola toni teneri e crudeli su sfondi scenografici allucinati, ma la sua vera grandezza consiste nell’unità d’ispirazione raggiunta fra la rinunzia al mandato propagandistico che non è affatto una dismissione ideologica e il delirio stilistico chiamato a pronunciarla. Jakubisko ha un’idea cupa e tetra, ma insieme eccitante, della storia, che vede dominata dal trono della Morte, figlia del Dio della Violenza e nutrice di reciproche stragi. La conferma gli viene da tre momenti, corrispondenti ai tre episodi del film in origine suddiviso in due medio metraggi in cui l’umanità è condotta ad autodistruggersi dall’assurda bestialità della natura umana in guerra. Detto ciò, diremo che "Disertore e nomadi" è un affresco di vasto respiro, che parte da aspre pennellate di vita contadina per arrivare alla distruzione cosmica, e ciò - attraverso episodi che hanno sempre il pregio della presa emozionale e spettacolare - componendo un tutto unico, l'espressione del mondo del regista anelante alla giustizia e alla spiritualità, atterrito di fronte alla violenza, appassionato degli uomini e pessimista sul loro avvenire. Un film, questo, da non raccontare, ma da non perdere. 


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