Nel 1916 Zurigo, al centro di un paese non direttamente coinvolto da una guerra nel pieno del suo orrore, era divenuta punto di confluenza di eterogenei personaggi: dagli emigrati e rifugiati politici, agli affaristi di pochi scrupoli, dai disertori agli agenti segreti.
Fu Hugo Ball in quell'anno a fondare il Cabaret Voltaire e ad attrarre, con la sua personalità ed il suo idealismo, un gruppo di artisti e letterati, tra cui Tristan Tzara, Hans Arp, Marcel Janco e Hans Richter, che all'Osteria Meierei, tra una birra e un würtschen, declamavano versi e canzoni intercalate da urla e singhiozzi, accompagnandosi con campanacci, tamburi e scudisci: “…guardate i fiumi di paraffina / che sgorgano dai corni della luna / guardate l'orizzonte marino / che legge il giornale e si mangia la bistecca / vedete la carie sokobauno / vedete la placenta come grida nelle reti
di farfalle…” Il gruppo era unito dalla volontà di guardare il mondo con occhi nuovi: stanco dalle barbarie del conflitto, ma soprattutto colpito dalla perdita dei valori più profondi dell'umanità, diede voce ad un sentimento di rivolta che usò la trasgressione e lo scandalo come strumenti privilegiati di espressione; nauseato dalla facile propaganda si scagliò contro tutti i valori negativi incarnati dalla classe militare e da quella borghese. Ma la provocazione Dada non fu mai gratuita o fine a se stessa, rispose bensì ad una profonda esigenza di libertà: per impedire lo sviluppo di nuovi errori ed orrori bisognava fare tabula rasa del passato, della storia, di miti e di eroi; la “vecchia” arte che, come le ideologie, poteva venir manovrata e mistificata, era considerata anch'essa portatrice dei germi da cui si sarebbero sviluppati nuovi conflitti, nuova corruzione, altra decadenza.
Incerta è la paternità del nome Dada: derivato dal sillabare di un bambino assorto nel gioco, casualmente preso sfogliando un vocabolario o, se dobbiamo dar retta alla “testimonianza” di Arp, scelto da Tzara: “Intendo così dichiarare che Tzara inventò la parola Dada il 6 febbraio 1916 alle sei del pomeriggio. Io ero là con i miei dodici figli, allorchè Tzara pronunciò per la prima volta questa parola… questo accadeva nel Café de la Terasse a Zurigo, e io mi stavo infilando una brioche nella narice sinistra”.
Il Dadaismo, assorbendo e rielaborando le esperienze delle precedenti avanguardie, è riuscito a porre in atto quella rivoluzione che ha condotto l'arte al punto di non ritorno: ha smantellato la gerarchia compartimentale rifiutando le obsolete classificazioni estetiche e ha messo in crisi il sistema con le sue azioni di disturbo; ha privilegiato il caso e la spontaneità espressiva, traendo ispirazione dal quotidiano e dall'oggetto comune; ha superato la visione individualistico - romantica della figura d'artista e spezzato la spirale di opera/merce/ricchezza/potere. Dada ha assottigliato la frattura tra l'arte e la vita.
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