Nato nel 1834 da agiata famiglia borghese, compiuti gli studi ad Oxford, la sua prima formazione culturale fu orientata al recupero di un «ritorno al gotico» su ragioni sociali di colore libertario, con particolare attenzione alle antiche libere associazioni corporative dei lavoratori. Sostenitore della tesi che «un’arte fatta dal popolo per il popolo è felicità per chi la crea e per chi ne usa», seppe poi coniugare questa sua aspirazione artistica, concretizzatasi nel notissimo laboratorio artigiano di arte applicata e arredamento «Arts and Crafts», con un forte impegno sociale fatto di conferenze, comizi, scritti e iniziative di agitazione a fianco delle vittime del duro sistema industriale dell’Inghilterra dell’ottocento. Nel 1885 fondò la «Lega Socialista» dal chiaro sapore anarchico e ne diresse il giornale The Commonweal, ove esprimeva appassionatamente le sue teorie sulla possibilità di una emancipazione popolare capace di attuarsi anche attraverso gli strumenti della libera arte. L’ultima sua fatica fu la creazione di un laboratorio per la stampa e la legatura a mano dei libri, che lo tenne impegnato fino alla morte, avvenuta in povertà nel 1896.
News from Nowhere è un riassunto di ardite e originali concezioni sociali, un esercizio ideale che si inserisce nel ricco filone della letteratura utopistica sviluppatasi in Europa dopo la Rivoluzione francese, allorché la caduta della monarchia consentiva alle menti più aperte e fantasiose di immaginare società future, perfette, felici e ispirate ai principi di libertà, fraternità e uguaglianza. A differenza però di molti «colleghi», come Cabet, Bellamy, Fourier, la società che ha in mente Morris non è affatto una struttura chiusa e predeterminata, nella quale tutto è già deciso e il sistema di regole prospettato prevede un fermo controllo autoritario, ma
piuttosto una società aperta, passibile di sviluppi e progressi, nella quale nessuno esercita o può esercitare autorità, e dove la felicità e la serenità del singolo si riflettono nella felicità e nella serenità della intera comunità. Una vera utopia libertaria dunque, con aspetti magari ingenui ma dove è possibile vivere una situazione profondamente «anarchica», dove le istituzioni coercitive sono un ricordo del passato e l’unica autorità rimasta è quella nata, spontaneamente, dal lavoro liberato. Lavoro liberato che diventa creazione artistica e vita naturale, in perfetta sintonia con l’esigenza primaria dell’uomo nuovo, non più schiavo e vittima di bisogni indotti, ma capace di costruire, nell’attività fisica e intellettuale, il proprio compimento.
La trama è quanto mai semplice. William Guest, militante
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