Dopo una breve parentesi in patria, una nuova condanna a 12 anni di galera lo riporta all’estero, questa volta in Argentina (dove fonda l’importante rivista scientifica in spagnolo Criminalogia moderna), poi in Cile, Uruguay e Brasile. Rientrato in Italia grazie ad una amnistia, nel 1903 fonda, assieme a Luigi Fabbri la rivista Il Pensiero, che nei suoi otto anni di esistenza sarà un punto di riferimento costante e imprescindibile dell’anarchismo organizzatore. Gli ultimi anni di vita, ormai minata dalla tubercolosi, ne vedono notevolmente ridotta l’attività, ma nonostante il male che ne fiacca tragicamente le forze, cerca ancora, quando possibile, di dare il suo contributo alla causa. Un ultimo giro di conferenze in Romagna e nelle Marche, la sistemazione dei suoi numerosissimi scritti, sono gli ultimi segni del suo lavoro. Si spegne a Porto Ferraio, nell’amatissima isola d’Elba, nel gennaio del 1811.
La sua vita avventurosa e la tragica e prematura morte ne hanno a lungo accompagnato il ricordo, evidenziandone gli aspetti più romantici, quelli che ne hanno fatto “il cavaliere dell’ideale” o il “poeta dell’anarchia”, ma la sua attività sociale, ben lungi dall’essere improntata a una approssimativa divulgazione dell’idea anarchica, fu determinante per il crescere e il consolidamento fra le classi subalterne di una volontà di rivolta cosciente e di emancipazione solidale. La sintesi fra il solido pensatore, l’agitatore irrequieto e il comunicatore di straordinaria grandezza, contribuì alla nascita di un mito duraturo che appartenne, trasversalmente, non solo agli anarchici della “sua” Toscana, ma a tutti coloro che aspirarono e lottarono, col pensiero e con l’azione, per l’edificazione di una società in cui giustizia e libertà non fossero parole vuote destinate a pochi, ma i principi fondamentali della vita collettiva.
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