1919-1920-1921-1924
"Biennio Rosso", nascita e affermazione del fascismo.
Nell'estate 1919 scoppiano in tutta Italia tumulti per protestare contro la disastrosa situazione socio-economica nella quale versa il paese dalla fine della guerra. I primi a farne le spese sono principalmente contadini ed operai. Proprio questi ultimi, più organizzati ed inquadrati politicamente, si pongono alla guida della protesta dichiarando l'occupazione delle fabbriche e, organizzati in comitati autogestiti sul modello dei soviet russi, assumono il controllo di officine e cantieri. Si formano addirittura reparti di cosiddette "guardie rosse", col compito di presidiare gli stabilimenti e respingere eventuali attacchi delle autorità o delle bande al soldo dei padroni.
Dalla frangia posta all'estrema sinistra del PSI si forma la prima cellula del Partito Comunista nella quale si distingue Antonio Gramsci che teorizza l'occupazione delle fabbriche come punto di partenza per la rivoluzione che finalmente farà piazza pulita dell'odiato Parlamento borghese e della monarchia Savoia.
Intanto tra gli imprenditori, gli agrari e tutta quella che si definisce classe media circola preoccupazione per la pessima piega che stanno prendendo gli eventi, anche perchè sembra che stavolta il proletariato faccia sul serio. L'esempio russo incombe e non si può aspettare che, come sempre, tutto si esaurisca per autocombustione interna.
Nel frattempo l'incallito militante Benito Mussolini, già passato nelle file interventiste durante la guerra, taglia definitivamente i ponti con la militanza socialista di estrema sinistra avendo perso fiducia nel mito della rivoluzione, dell'internazionalismo e del modello marxista. Arroccandosi sempre più nel nazionalismo, Mussolini matura la convinzione che per stare al passo coi tempi e cambiare lo status quo in Italia deve porre fine alla sua aperta ostilità con borghesia, imprenditori ed agrari e sviluppare una serie di valori tradizionali, forti e comuni (Patria, disciplina, orgoglio, militarismo, obbedienza verso determinate figure simbolo) che sappiano cementare il disgregato tessuto sociale post-bellico. Grazie a queste idee che ispirano finalmente ordine, decisioni vantaggiose per la borghesia e una spiccata funzione antisocialista, Mussolini riesce a cavalcare il malcontento di una popolazione esasperata da una crisi profonda e, al contempo, guadagnarsi anche l'appoggio di agrari ed industriali che vedono finalmente nel futuro Duce un possibile fautore del cambiamento sociale a loro favore.
Tra i primi impieghi dei Fasci di Combattimento mussoliniani ci sono senza dubbio servizi di bastonatura e pestaggi ai danni di militanti di estrema sinistra e sindacalisti, così come la distruzione di numerose Camere del Lavoro, soprattutto al Nord.
Nella solita disorganizzazione, nella solita marea di esitazioni e polemiche interne, nella solita sottrazione di forze causata dagli attendisti, si andava concludendo agli inizi del 1921 l'occupazione delle fabbriche.
Svaniva nel nulla l'ultima grande offensiva "rossa" della storia italiana.
In un clima di crescente intimidazione e spacconeria le squadre fasciste si strutturano nel Partito Nazionale Fascista. Dopo essere entrato in Parlamento grazie all'accordo con i liberali, nel 1922 Mussolini ordinò ai suoi seguaci di attuare in forma paramilitare la famosa “marcia su Roma”, a seguito della quale il Re Vittorio Emanuele III, attuando uno stravolgimento delle norme costituzionali vigenti, lo incaricò di formare il nuovo governo, che fu di coalizione con i popolari ed i liberali moderati, a cui si opposero le sinistre ed alcuni liberaldemocratici.
Nel 1924 alcuni fascisti (che Mussolini stesso chiamò "teste calde") uccisero l'onorevole socialista Giacomo Matteotti che aveva denunciato i brogli commessi dagli uomini del Duce (così si faceva già chiamare Mussolini) nelle precedenti consultazioni elettorali. Questo provocò la crisi del governo di coalizione e l'uscita di molti partiti dal Parlamento (ritirata sull'Aventino); a quel punto Mussolini sciolse l'opposizioni ed attuò provvedimenti eccezionali che stroncarono ogni dissenso facendo delle vittime illustri tra le quali si ricordano Gramsci, don Minzoni, Gobetti e Amendola.
Era nato il regime.
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