Novatore, scampato per un soffio alla morte, continuò a scrivere numerosi interventi sui giornali anarchici che preferiva e che solitamente lo ospitavano, su quelle pagine rivendicò la passione per l'azione diretta, la centralità che questa doveva avere nella vita di un rivoluzionario rispetto ai vuoti intellettualismi. Novatore si diceva anche scettico nei confronti della tanto incensata rivoluzione bolscevica in Russia, vedendo in quel progetto solo la sostituzione di uno Stato autoritario zarista con uno Stato autoritario comunista, quindi ancora sottomissione e schiavitù per il popolo.
Nel frattempo uno scritto del ribelle di Arcola apparso sull' Iconoclasta! e imbevuto di poetiche visioni, inneggiante ad un individualismo spinto all'estremo, all'amore per l'eccesso, per il peccato, per le prostitute e così via, provocava la dura reazione, sotto forma di intervento sul giornale, dell'anarchico Camillo Berneri che invece privilegiava l'anarcosindacalismo, la sollevazione delle folle armate, il comunismo libertario, la fiducia nelle scienze umanistiche ed una visione molto classica del ruolo della donna e dell'uomo, anche all'interno di un sistema libertario.
Ne seguì una piccola querelle che ben presto si inasprì nei toni trasformandosi in sfilza di insulti senza che nessuno riuscisse a prevalere, prima di venir stroncata dallo stesso direttore del giornale.
Nel settembre 1920 il malcontento e la miseria dovuta agli strascichi della Grande Guerra, erano all'apice. Questo sentimento di sfiducia reciproca tra proletariato e ceti medi era inoltre acuito dall'indifferenza e dal malgoverno della classe dirigente italiana. Grande irrequietezza regnava tra i lavoratori industriali che vedevano sempre più sminuito il loro ruolo sociale. I loro diritti, anziché aumentare, rimanevano cristallizzati in una situazione svantaggiata rispetto ai loro colleghi europei. I reduci di guerra erano avviliti dal pugno di mosche col quale il loro grande sforzo era stato ricompensato dal governo. La sinistra riformista e parlamentare temporeggiava invocando leggi e decreti, le parole di rivendicazione riecheggiavano e morivano nell'aria stagnante dell'aula parlamentare.
Il capitalismo in Italia non era riuscito a svilupparsi in un modo forte e intelligente come era stato per Inghilterra e Stati Uniti. Gli industriali e i banchieri statunitensi, in particolare, avevano tratto enormi guadagni dalla guerra riuscendo a sfruttare al meglio la situazione di crisi per lucrare ed azzerare le conquiste sindacali che gli industrial workers avevano guadagnato col sangue negli anni precedenti.
Tra gli imprenditori italiani, invece, prevaleva un atteggiamento egoista e bottegaio, avido di concessioni governative ma sempre pronto a frignare contro le sottane dello Stato alla minima scintilla proletaria.
Davanti all'occupazione di molte fabbriche del Nord Italia, all'istituzione di consigli operai autogestiti, alla formazione di “guardie rosse” armate per il presidio degli scioperi e per combattere la violenza sbirresca, imprenditori ed agrari decisero di trincerarsi dietro un muro di bastoni, coltelli e baionette. La strada verso il fascismo cominciava a spianarsi.
A trent'anni, reduce da un ennesimo arresto per aver partecipato all'assalto ad una polveriera e ad una caserma della regia marina, Novatore si unì subito agli altri anarchici locali impegnati nelle sollevazioni, optando ancora una volta per concedere il suo aiuto alla causa popolare.
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