Il film racconta le vicende intrecciate di tre personaggi, racchiuse tra due apparizioni televisive del presidente Johnson occupato a esaltare la "grande società" americana. I tre sono: Jon Rubin, il cui hobby è di fotografare le ragazze che si spogliano davanti ad una finestra; Paul Shaw, che cerca in ogni modo, anche spacciandosi per omosessuale, di evitare l'arruolamento per il Vietnam e intanto si procura donnine ricorrendo ad un computer; e infine Lloyd Clay, che tenta di scoprire la verità sull'assassinio di John Kennedy, poiché non crede alla versione ufficiale della sua morte. Quando arriva troppo vicino alla verità, Lloyd viene a sua volta ucciso come i diciassette testimoni del delitto. Alla fine del film, Jon Rubin, militare in Vietnam, è intervistato da un giornalista della TV, che lo vuol presentare come valoroso patriota, anziché sparare su una vietcong, come il giornalista si aspetterebbe, la fa spogliare davanti alla televisione.
Opera giovanile di un regista, Brian De Palma, poi divenuto famoso come 'maestro dell'orrore', il film - realizzato nel fatidico anno 1968 - mette in burla, attraverso le storie di tre giovani “non integrati”, l'America, e le sue istituzioni, dei tempi di Lyndon Johnson e della guerra nel Vietnam. Per la
sua libertà di scrittura, per l’euforia anarchica che scaturisce da quel balletto su corde tragiche e comiche, per la freschezza del suo ritmo e dei suoi ritrattino. Il film colpisce i suoi bersagli valendosi di modi espressivi che hanno poco in comune con le tradizionali regole cinematografiche di marca hollywoodiana. Il suo linguaggio, è quello dell'assurdo, della esasperazione comico-farsesca, delle gag ispirate alla più assoluta irriverenza verso l'America ufficiale e perbenista. La riflessione del regista diventerà sempre più amara e interessante col passare dei minuti, quando la farsa fa progressivamente spazio a una riflessione più acuta sulle ferite che attanagliano un Paese schiacciato da una guerra che non comprende e da un disagio di vivere che da generazionale assume carattere universale.
Non è un caso che a incorniciare Ciao America sia un’apparizione televisiva del presidente Lyndon Johnson che glorifica la società statunitense. Nel mezzo, ovviamente, di società gloriose ed esaltanti, nemmeno l’ombra. De Palma è sempre stato ossessionato dal tematizzare l’atto del guardare: spiare per provare a vedere e a capire meglio la realtà e l’irrealtà dello sguardo. Ed è chiaro che il punto di
partenza e d’arrivo, non può che essere una bugia, un falso indizio da smascherare. La posta in gioco è sempre la conoscenza; non per forza di cose rivoluzionaria, ma capace di avvicinare personaggi e spettatori alla realtà. Spiare e provare a capire si traducono, per De Palma, nel superare la bugia iniziale e seguire da vicino l’America da cartolina venduta dalle istituzioni. Un gesto che si concretizza nel racconto di tre ragazzi che di quella visione eroica rappresentano l’esatto opposto. Ognuno porta avanti le proprie contraddizioni, ognuno sovverte il sogno di nazione perfetta veicolato dai media.
Il film è anche un appassionato omaggio alla "Nouvelle Vague" francese e in particolare a Jean-Luc Godard, oltre che al movimento del "New American Cinema" nato qualche anno prima proprio a New York in contrapposizione a Hollywood e al marcato perbenismo propagandato dalle sue pellicole.
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