Muore a Lisbona Io scrittore inglese Henry Fielding, autore dei romanzi satirici Tom Jones (1749) e Jonathan Wild (1743). Sogghigna sulle labbra dell'avventuriero Jonathan Wild, con cui l'autore fornisce dimensioni borghesi ai Viaggi di Gulliver dello Swift, classico dell'anarchismo ante litteram, la nuova morale della rivoluzione industriale: Jonathan Wild aveva tutti i requisiti necessari a formare un grand'uomo. La sua passione più forte e predominante era l'ambizione, e la Natura, con consumata perizia, aveva adattato tutte le sue facoltà a raggiungere i fini gloriosi cui quella passione lo portava. Era quanto mai ingegnoso nel concepire piani, abile nel procurarsi i mezzi per mandare a effetto i suoi propositi, e risoluto nell'eseguirli. L'astuzia più raffinata e la più impavida audacia lo rendevano atto a ogni impresa, e di conseguenza non era intralciato da nessuna di quelle debolezze che sono d'ostacolo alle aspirazioni delle anime meschine e volgari e sono comprese nell'unico termine generale di onesti, che una corruzione di onorai, parola derivata da quella con la quale i greci designano un asino. Era del tutto esente dai vizi plebei della modestia e della bontà d'animo, che, come diceva, comportavano una negazione totale della grandezza umana ed erano le sole qualità che rendevano un uomo incapace di fare qualche figura nel mondo. La sua lussuria era inferiore soltanto alla sua ambizione, ma quanto al sentimento che i semplici chiamano amore, non sapeva che cosa fosse. La sua avarizia era immensa, ma del genere rapace, non di quello conservatore: la sua rapacità, cosi violenta che nulla l'accontentava mai se non l'intero bottino: per quanto grande fosse la parte che i suoi collaboratori gli riservavano, era instancabile nell'inventare modi che gli consentissero di far sua la più piccola elemosina che essi tenessero per se. Diceva che le leggi erano fatte a vantaggio dei conquistadores soltanto, per salvaguardare la loro proprietà: di conseguenza mai erano più pervertite di quando drizzavano gli strati contro di loro: ma questo generalmente accadeva per la mancanza di sufficiente destrezza da parte dei conquistadores stessi. La caratteristica di cui maggiormente si vantava e che principalmente onorava negli altri era l'ipocrisia. Senza ipocrisia il conquistadorismo non poteva andare molto lontano: perciò, diceva, ci si poteva aspettare poco successo da un uomo che riconosceva i suoi vizi, ma c'era sempre molto da sperare da chi ostentava grandi virtù (...). Fissò numerose massime circa i metodi più sicuri per raggiungere il successo, e nelle sue imprese vi si attenne costantemente. Come per esempio: 1) di non fare mai il male più di quanto fosse necessario per raggiungere lo scopo, perché il Tale era una cosa troppo preziosa per farne spreco; 2) di non fare distinzioni tra gli uomini basandole sugli affetti, ma di sacrificare chiunque con eguale prontezza al proprio interesse. Jonathan Wild farà una brutta fine. Se non fosse stato impiccato, la sua tempra di “realizzatore” pragmatista lo avrebbe spinto, sembra voler dire l'autore, tra le fila dei fondatori dell'industria britannica. In realtà l'insegnamento di Jonathan Wild: “Non compensare mai nessuno secondo i suoi meriti, ma insinuare sempre che il premio supera i meriti”, anticipa l'indignazione morale degli anarchici.
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giovedì 13 agosto 2020
Alle origini dell'anarchia parte seconda
1751
Muore a Lisbona Io scrittore inglese Henry Fielding, autore dei romanzi satirici Tom Jones (1749) e Jonathan Wild (1743). Sogghigna sulle labbra dell'avventuriero Jonathan Wild, con cui l'autore fornisce dimensioni borghesi ai Viaggi di Gulliver dello Swift, classico dell'anarchismo ante litteram, la nuova morale della rivoluzione industriale: Jonathan Wild aveva tutti i requisiti necessari a formare un grand'uomo. La sua passione più forte e predominante era l'ambizione, e la Natura, con consumata perizia, aveva adattato tutte le sue facoltà a raggiungere i fini gloriosi cui quella passione lo portava. Era quanto mai ingegnoso nel concepire piani, abile nel procurarsi i mezzi per mandare a effetto i suoi propositi, e risoluto nell'eseguirli. L'astuzia più raffinata e la più impavida audacia lo rendevano atto a ogni impresa, e di conseguenza non era intralciato da nessuna di quelle debolezze che sono d'ostacolo alle aspirazioni delle anime meschine e volgari e sono comprese nell'unico termine generale di onesti, che una corruzione di onorai, parola derivata da quella con la quale i greci designano un asino. Era del tutto esente dai vizi plebei della modestia e della bontà d'animo, che, come diceva, comportavano una negazione totale della grandezza umana ed erano le sole qualità che rendevano un uomo incapace di fare qualche figura nel mondo. La sua lussuria era inferiore soltanto alla sua ambizione, ma quanto al sentimento che i semplici chiamano amore, non sapeva che cosa fosse. La sua avarizia era immensa, ma del genere rapace, non di quello conservatore: la sua rapacità, cosi violenta che nulla l'accontentava mai se non l'intero bottino: per quanto grande fosse la parte che i suoi collaboratori gli riservavano, era instancabile nell'inventare modi che gli consentissero di far sua la più piccola elemosina che essi tenessero per se. Diceva che le leggi erano fatte a vantaggio dei conquistadores soltanto, per salvaguardare la loro proprietà: di conseguenza mai erano più pervertite di quando drizzavano gli strati contro di loro: ma questo generalmente accadeva per la mancanza di sufficiente destrezza da parte dei conquistadores stessi. La caratteristica di cui maggiormente si vantava e che principalmente onorava negli altri era l'ipocrisia. Senza ipocrisia il conquistadorismo non poteva andare molto lontano: perciò, diceva, ci si poteva aspettare poco successo da un uomo che riconosceva i suoi vizi, ma c'era sempre molto da sperare da chi ostentava grandi virtù (...). Fissò numerose massime circa i metodi più sicuri per raggiungere il successo, e nelle sue imprese vi si attenne costantemente. Come per esempio: 1) di non fare mai il male più di quanto fosse necessario per raggiungere lo scopo, perché il Tale era una cosa troppo preziosa per farne spreco; 2) di non fare distinzioni tra gli uomini basandole sugli affetti, ma di sacrificare chiunque con eguale prontezza al proprio interesse. Jonathan Wild farà una brutta fine. Se non fosse stato impiccato, la sua tempra di “realizzatore” pragmatista lo avrebbe spinto, sembra voler dire l'autore, tra le fila dei fondatori dell'industria britannica. In realtà l'insegnamento di Jonathan Wild: “Non compensare mai nessuno secondo i suoi meriti, ma insinuare sempre che il premio supera i meriti”, anticipa l'indignazione morale degli anarchici.
Muore a Lisbona Io scrittore inglese Henry Fielding, autore dei romanzi satirici Tom Jones (1749) e Jonathan Wild (1743). Sogghigna sulle labbra dell'avventuriero Jonathan Wild, con cui l'autore fornisce dimensioni borghesi ai Viaggi di Gulliver dello Swift, classico dell'anarchismo ante litteram, la nuova morale della rivoluzione industriale: Jonathan Wild aveva tutti i requisiti necessari a formare un grand'uomo. La sua passione più forte e predominante era l'ambizione, e la Natura, con consumata perizia, aveva adattato tutte le sue facoltà a raggiungere i fini gloriosi cui quella passione lo portava. Era quanto mai ingegnoso nel concepire piani, abile nel procurarsi i mezzi per mandare a effetto i suoi propositi, e risoluto nell'eseguirli. L'astuzia più raffinata e la più impavida audacia lo rendevano atto a ogni impresa, e di conseguenza non era intralciato da nessuna di quelle debolezze che sono d'ostacolo alle aspirazioni delle anime meschine e volgari e sono comprese nell'unico termine generale di onesti, che una corruzione di onorai, parola derivata da quella con la quale i greci designano un asino. Era del tutto esente dai vizi plebei della modestia e della bontà d'animo, che, come diceva, comportavano una negazione totale della grandezza umana ed erano le sole qualità che rendevano un uomo incapace di fare qualche figura nel mondo. La sua lussuria era inferiore soltanto alla sua ambizione, ma quanto al sentimento che i semplici chiamano amore, non sapeva che cosa fosse. La sua avarizia era immensa, ma del genere rapace, non di quello conservatore: la sua rapacità, cosi violenta che nulla l'accontentava mai se non l'intero bottino: per quanto grande fosse la parte che i suoi collaboratori gli riservavano, era instancabile nell'inventare modi che gli consentissero di far sua la più piccola elemosina che essi tenessero per se. Diceva che le leggi erano fatte a vantaggio dei conquistadores soltanto, per salvaguardare la loro proprietà: di conseguenza mai erano più pervertite di quando drizzavano gli strati contro di loro: ma questo generalmente accadeva per la mancanza di sufficiente destrezza da parte dei conquistadores stessi. La caratteristica di cui maggiormente si vantava e che principalmente onorava negli altri era l'ipocrisia. Senza ipocrisia il conquistadorismo non poteva andare molto lontano: perciò, diceva, ci si poteva aspettare poco successo da un uomo che riconosceva i suoi vizi, ma c'era sempre molto da sperare da chi ostentava grandi virtù (...). Fissò numerose massime circa i metodi più sicuri per raggiungere il successo, e nelle sue imprese vi si attenne costantemente. Come per esempio: 1) di non fare mai il male più di quanto fosse necessario per raggiungere lo scopo, perché il Tale era una cosa troppo preziosa per farne spreco; 2) di non fare distinzioni tra gli uomini basandole sugli affetti, ma di sacrificare chiunque con eguale prontezza al proprio interesse. Jonathan Wild farà una brutta fine. Se non fosse stato impiccato, la sua tempra di “realizzatore” pragmatista lo avrebbe spinto, sembra voler dire l'autore, tra le fila dei fondatori dell'industria britannica. In realtà l'insegnamento di Jonathan Wild: “Non compensare mai nessuno secondo i suoi meriti, ma insinuare sempre che il premio supera i meriti”, anticipa l'indignazione morale degli anarchici.
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