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lunedì 27 luglio 2020

RIFORMA O RIVOLUZIONE

Di fronte alla devastazione del contesto sociale e alla degradazione delle comunità compaiono due tipi di lotta. Uno punta a ricostruire la comunità al margine dell’ordine sociale dominante scontrandosi con esso; l’altro cerca di agire dall’interno servendosi delle istituzioni, cercando obiettivi limitati mediante la negoziazione. Ci troviamo di fronte alla vecchia alternativa tra Riforma o Rivoluzione. I partigiani delle riforme e del dialogo con l’ordine stabilito pensano che non si debbano contrapporre i miglioramenti quotidiani ottenuti nei palazzi alle mete finali perseguite in piazza; alla fin fine la meta, qualunque essa sia, non ha importanza; il successo costante delle riforme è tutto. I partigiani della liquidazione sociale pensano il contrario: che il fine è tutto, che le riforme non sono possibili nelle condizioni attuali di sviluppo capitalista e che non si possono raggiungere degli obiettivi, per minimi che siano, se non attraverso dure lotte e ampie mobilitazioni. Inoltre, alla fin fine, tra le lotte per fermare gli effetti catastrofici dell’ideologia dello sviluppo e la ricostruzione di una società libera in cui l’essere umano sia la misura di tutte le cose, esiste un vincolo indissolubile: le lotte sono il mezzo, l’umanizzazione della società il fine. 
La controversia tra i metodi istituzionali e l’azione diretta di massa non è dunque una semplice questione di tattica, perché in gioco c’è l’esistenza stessa dei movimenti di lotta contro l’inquinamento e la degradazione in quanto movimenti reali di trasformazione sociale. Sono metodi che non si possono combinare: o si sceglie la via della pressione istituzionale e si accettano le regole del gioco politico, oppure non si accettano e si sceglie la via dell’alterazione dell’ordine. Il modo in cui l’ordine viene alterato dipende dal momento; nell’assemblea il chicco nuovo rompe il guscio, cioè il movimento di lotta trova la sua rotta e la sua adeguata espressione. Attraverso il sistema delle assemblee – l’unico davvero democratico – il movimento di lotta può trasformarsi in un potere comunale parallelo, ed è precisamente di questo che si tratta; attraverso
il sistema delle piattaforme civiche il movimento continuerà ad essere un complemento secondario della politica, lo sfondo delle discussioni su quale sia il livello tollerabile di distruzione. I piattaformisti, che non a caso di solito sono militanti sindacali o politici, cercano la risoluzione del conflitto tra gerarchi, avvocati ed esperti, dimenticando che quello che è in gioco non sono le loro poltrone ma la vita delle persone messe, senza il loro consenso, sul piatto della bilancia degli interscambi mondiali. È proprio per questo che anche la più modesta delle lotte è troppo importante per essere lasciata nelle mani di questi apprendisti stregoni, e la popolazione colpita non può occuparsi di argomenti che così tanto la riguardano se non attraverso le assemblee.


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