La libertà delle parole esiste se resta una libertà soltanto a patto che si restituisca alle parole quella vita inscindibile dal vissuto quotidiano, senza la quale una lingua si fossilizza e diventa stereotipo.
La libertà di dire tutto esiste soltanto se la si rivendica di continuo. Rinnega se stessa se si riduce a un consumo passivo di idee preconcette, la cui proliferazione caotica la soffoca.
La libertà delle parole ridà vita al linguaggio, al contrario dell’economia che ne fa una lingua morta, rinsecchita, composta di vocaboli intercambiabili, oggetto di scambio e non elemento soggettivo e intersoggettivo, nato dalla magia, dall’incanto, dalla poesia. Infatti è nella natura del linguaggio il radicarsi nella vita, in quanto esperienza fondamentale dell’esistenza quotidiana, che diversifica gli esseri e le cose, che li allontana e li avvicina ma, costituendo la loro sostanza comune, non li separa mai.
La libertà d’espressione non deve essere messa al servizio della difesa dell’umano: essa appartiene, in quanto libertà, alla libertà dell’umano. Non è soltanto ciò che desta la coscienza è il portavoce del suo risveglio: è il linguaggio restituito al vivente, quello che esprime il modo in cui viviamo il mondo e lo stile con cui intendiamo viverlo.
La libertà d’espressione smetterà di essere il surrogato della libertà d’azione quando la vitalità e l’efficienza che essa racchiude in sé scongiureranno e scoraggeranno le contraffazioni creando una consonanza tra la fraternità delle parole e la fraternità degli uomini.
Rompere con il vecchio sistema di sfruttamento che ci ha dominati finora significa restituire al linguaggio quella vocazione poetica dotata in origine, del potere di influire sulle circostanza e sul destino degli esseri.
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