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lunedì 20 luglio 2020

LA NOTTE – Jaime Saenz 

Che cos’è la notte? – ci si chiede oggi e sempre.
La notte, una rivelazione non rivelata.
Forse un morto possente e tenace,
forse un corpo perduto nella stessa notte.
In realtà, una profondità, uno spazio inimmaginabile.
Una entità tenebrosa e sottile, forse somigliante
al corpo che ti abita,
e che senza dubbio occulta molte chiavi della notte.
Quando penso al mistero della notte, immagino
il mistero del tuo corpo,
che è solo un modo di essere la notte;
io so davvero che il corpo che ti abita non è altro
che l’oscurità del tuo corpo;
e questa oscurità si diffonde sotto il segno della notte.
Nelle infinite concavità del tuo corpo, esistono
infiniti regni d’oscurità;
ed è qualcosa che chiama alla meditazione.
Questo corpo, chiuso, segreto e proibito;
questo corpo straniero e temibile,
e mai presagito né presentito.
Ed è come un bagliore, o come un’ombra:
solo si lascia sentire da lontano, nel recondito,
e con una solitudine eccessiva, che non ti appartiene.
E solo si lascia sentire con un palpito, con una temperatura,
e con un dolore che non ti appartiene.
Se qualcosa mi sorprende, è l’immagine che mi immagina,
nella distanza;
si sente un respiro dentro di me.
Il corpo respira dentro di me.
L’oscurità mi preoccupa – la notte del corpo mi preoccupa.
Il corpo della notte e la morte del corpo,
sono cose che mi preoccupano.
E io mi chiedo:
Che cos’è il corpo? Io non so se ti sei chiesto
una volta che cos’è il tuo corpo.
È un frangente grave e difficile.
Io mi sono avvicinato una volta al mio corpo;
e avendo capito che non lo avevo mai visto,
anche se lo portavo addosso,
gli ho chiesto chi era;
e una voce, nel silenzio, mi ha detto:
Io sono il corpo che ti abita, e sono qui, nell’oscurità, e ti
dolgo, e ti vivo, e ti muoio.
Ma non sono il tuo corpo. Io sono la notte.
( Poeta e narratore boliviano (1921 – 1986), è oggi considerato lo scrittore più importante del paese del XX secolo. Da subito costruì la propria leggenda di scrittore maledetto sfidando, con la sua dedizione all’alcol, le convenzioni della classe media alla quale apparteneva. Due esperienze quasi mortali di delirium tremens, agli inizi degli anni Cinquanta, lo portarono ad abbandonare quasi del tutto l’alcol e a dedicarsi alla scrittura della sua opera, segnata da una ricerca costante di percorsi di comprensione dell’universo che non passassero dalla ragione.
Fondamentale il rifiuto, nel suo modo di vivere e nel contenuto della sua opera, per tutti i valori accettati tradizionalmente dalla società del tempo. Saenz proveniva da un ambiente molto conservatore, la sua fu una presa di posizione così radicale che per la maggior parte della gente fu difficile capire che dietro ai suoi gesti provocatori ci fosse un poeta.) 

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