Translate

giovedì 9 luglio 2020

La ricostruzione dell’Internazionale in Italia nel maggio 1880

Alla fine degli anni Settanta dell’Ottocento, la componente italiana dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori (AIL) viveva una fase di disgregazione, causata dalla dura ondata repressiva seguita al fallimento del moto nel Matese del 1877, ma anche dall’emergere di ipotesi diverse della prospettiva socialista. In un frangente tanto delicato, Francesco Saverio Merlino, nell’assenza di Carlo Cafiero ed Errico Malatesta in quel periodo all’estero, si prodigò nel tentativo di ricostruire l’Internazionale in Italia, trovando in Roma il luogo dove misurare tale possibilità. L’ambiente capitolino seguiva anch’esso la crisi più generale dell’AIL, sebbene conservasse motivi di radicamento tra alcuni settori operai e si avvalesse dei legami da tempo intessuti con esponenti di primo piano, quali Cafiero, Malatesta e Osvaldo Gnocchi Viani. Nella loro maggioranza, gli internazionalisti romani protendevano per la proposta anarchica, pur con alcuni distinguo che ne caratterizzavano il forte tratto operaista, mentre taluni si mostravano disponibili alla lotta armata, quale possibile reazione alle condizioni dettate dalla feroce repressione statale.
Una relazione di prossimità era stata stabilita tra l’area capitolina e quella partenopea, intenzionate entrambe a licenziare una pubblicazione comune, “Il Giorno del Giudizio”. Il 13 maggio 1880, il questore di Roma riferiva in via riservata al prefetto che gli internazionalisti romani si erano costituti in Sezione dell’AIL, approvando una carta di Principii e un Organamentostatutario, preceduti da una Circolare ai compagni italiani, di cui inviava copia. Scritti da Merlino, i documenti segnalavano l’adesione “comunista-anarchica” della Sezione, che definiva così un suo orizzonte dottrinario distinto dalle altre correnti socialiste.
L’aspetto programmatico era sintetizzato in nove articoli:
1. Gli uomini essendo naturalmente uguali, i privilegi di razza, di nascita, di sesso devono essere aboliti. 
2. Ogni uomo come parte integrante della Società ha diritto a vivere e a soddisfare i suoi svariati bisogni. 
3. Tutti gli uomini capaci di lavorare sono lavoratori e concorrono con l’opera loro, ciascuno secondo le proprie forze, al benessere comune di tutti i lavoratori. 
4. La terra con tutto ciò che su di essa esiste è il patrimonio comune di tutti i lavoratori. 
5. Il lavoro si pratica in associazioni nelle quali liberamente si uniscono i lavoratori.
6. Le associazioni operaie si formano, secondo i bisogni, nei vari luoghi e nelle diverse specie di lavori, e prendono possesso delle materie prime e degli strumenti di lavoro che loro occorrono. 
7. Esse si federano fra loro per provvedere, di comune accordo, agli interessi comuni. 
8. Come interessi comuni possono in generale considerarsi lo scambio e la distribuzione dei prodotti, l’educazione e l’istruzione, le comunicazioni personali e dei pensieri, l’igiene, l’assistenza agli infermi, ai fanciulli, ai vecchi, e agli incapaci di lavorare, e a tutto ciò che si riferisce all’incremento delle arti, delle industrie, del sapere e della moralità.
9. Tutto ciò che nel presente ordinamento sociale vi ha di contrario ai presenti principi deve essere distrutto.
Dal punto di vista organizzativo, nella dura fase di repressione poliziesca, la Sezione mantenne criteri di clandestinità. La direzione era garantita da una Commissione esecutiva con compiti limitati alla corrispondenza e alla cura di aspetti associativi e finanziari; il mandato era a “tempo determinato” e i suoi membri “sempre revocabili”.
La Circolare ai compagni italiani era invece un appello indirizzato alla ricostruzione dell’Internazionale: i “socialisti romani hanno pensato di gettare la prima pietra in Italia della ricostruzione dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori”. I “socialisti” erano dunque chiamati all’azione, non solo nella “propaganda teorica ma più specialmente alla riunione delle forze necessarie per combattere e distruggere il presente ordinamento sociale”, superando definitivamente le “divergenze d’opinione sorte nel seno del partito”. Erano proposti i temi caratterizzanti dell’internazionalismo antiautoritario, interamente volti all’azione immediata e lontani dalla dimensione politica, considerata “un errore fatale, anzi una malaugurata diserzione”.
In questo primo incontro tra Merlino e gli anarchici romani maturò un passaggio di rottura con la fazione legalitaria del socialismo che, di lì a breve, si sarebbe consumata al congresso di Chiasso (5-6 dicembre 1880), con la pressoché definitiva separazione tra le diverse correnti sorte in seno all’Internazionale in Italia.

Nessun commento:

Posta un commento