A dieci anni il ragazzo aveva abbandonato la famiglia ed era venuto a Milano a lavorare. Aveva fatto il garzone al Forno delle tre Marie, lasciando un ricordo di laboriosità e di mitezza. Semianalfabeta ma sveglio di mente, s'imbatté nel mondo degli anarchici. Diventò egli stesso anarchico appropriandosi rapidamente di tutti gli elementi essenziali della dottrina. Frequentò l'avvocato Pietro Gori direttore a Milano del giornale L'Amico del popolo, i cui numeri erano spesso colpiti da sequestro. Gori ricorderà così il giovane compagno di Motta Visconti: Una mattina d'inverno lo trovai presso la Camera del Lavoro di Milano, che distribuiva opuscoli di propaganda e panetti freschi agli operai disoccupati. E gli opuscoli ed i panetti li acquistava coi suoi risparmi... Non ricordo d'averlo mai veduto neppure semi-ubriaco, cosa frequente nella classe dei prestinai, fumava pochissimo. Di fronte ai vizi giovanili si manteneva puritano. Una sera apostrofò degli amici che uscivano da una casa di tolleranza: «Come potete abusare di coteste disgraziate, comprandone la carne e gli abbracci?» E siccome un opportunista di quella comitiva disse: «Intanto con la nostra lira abbiamo sollevato un po' la loro miseria!» Caserio salì sopra, dette una lira a una di quelle donne, che lo guardava trasognata, e se ne ritornò senza far parola. Un giorno gli domandai: «E tu che sei un bel giovanotto, perché non fai all'amore?» - «Prima si, mi rispose, ma dacché ho sposato l'idea, non bazzico più donne, finché non mi farò una compagna, a modo mio». Aveva preso un appartamento, in cui accoglieva la notte a dormire tutti i compagni senza tetto ospitale che si trovassero a Milano... Un vero bivacco... Ed egli si recava a lavorare tutta la notte. La testimonianza di Gori è illuminante ed è confermata da un'altra di fonte insospettabile: quella di Filippo Turati. Turati che all'indomani dell'attentato scrive su Critica sociale un coraggioso articolo - nel quale fra l'altro, dissociandosi dal generale e convenzionale cordoglio, giudica severamente il Carnot come «l'uomo che congiunse il proprio nome alla repubblica borghese, panamista e militarista per eccellenza, all'alleanza della Francia col Papa e con lo Zar, agli eccidi di Fourmies, alle repressioni di Pas de Calais ecc.» - così parla del giovane attentatore: Noi conoscemmo a Milano il Caserio quando veniva, con altri anarchici, a combatterci nelle nostre riunioni. Ma egli non aveva nulla della spavalderia insolente che caratterizza taluni suoi compagni. Al contrario, mite, pensoso, taciturno, notoriamente affettuoso e laboriosissimo, rivelava una natura profondamente compresa del sentimento del dovere e del sacrificio. La notizia ch'egli fosse stato, nell'adolescenza, profondamente religioso collima con le nostre impressioni: egli non era più religioso, ma era rimasto un devoto. La devozione di Caserio al proprio partito è il tratto dominante della sua personalità. Costante è in lui la preoccupazione di fare il proprio dovere, di essere coerente con le proprie idee. Se da ragazzo ha trovato nelle leggende cristiane e nei riti della Chiesa il primo pane al suo bisogno di fede, di ascensione spirituale e forse anche di poesia, ora trova nel movimento anarchico il gruppo sostitutivo della famiglia che gli è mancata e nei compagni le persone sulle quali riversare la sua capacita affettiva. Le cronache lo descrivono fisicamente come un ragazzo di normale statura, piuttosto slanciato, biondo, occhi azzurri, una faccia che ispira simpatia: «il labbro superiore ombreggiato da una bionda peluria d'adolescente, l'occhio furbo, la bocca rosea e fresca». Frequenta prima il gruppo anarchico di Porta Romana e poi fonda egli stesso un gruppo a Porta Genova, provvisto di un bugigattolo come sede e perfino di una bandiera rosso-nera su cui è scritto «Gruppo comunista-anarchico "a pee"» che significa «in bolletta». Il 26 aprile 1892 subisce il primo arresto per aver distribuito l'opuscolo Giorgio e Silvio, un dialogo antimilitarista, ai soldati, presso la caserma di Santa Prassede. E condannato ma se la cava con poco. Ha diciannove anni e deve rispondere alla chiamata alle armi. Per sfuggire alla leva, espatria in Svizzera e viene condannato come disertore. Si trattiene alcune settimane a Lugano dove ha trovato lavoro (agosto 1893). Partecipa anche ad uno sciopero. Poi si trasferisce a Losanna, quindi a Ginevra, infine a Lione. La città ha una forte tradizione anarchica e Caserio vi incontra nuovi compagni. Mantiene però sempre i contatti con i gruppi d'Italia e riceve la stampa anarchica. Da Lione passa a Vienne e da Vienne a Cette (oggi Sète), una popolosa cittadina marittima a sud di Montpellier, dove numerosi sono gli operai italiani.
Bodo’s Project è un progetto di comunicazione “altra” per la creazione e la circolazione di scritti, foto e di video geneticamente sovversivi. La critica radicale per azzerare la società della merce; la decrescita, il primitivismo, la solidarietà per contrastare ogni forma di privatizzazione iniziando dall’acqua. Il piacere e la gioia di costruire una società dove tutti siano liberi ed uguali.
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giovedì 24 febbraio 2022
Ricercare sempre una nuova definizione di libertà
Quotidianamente il potere viene percepito come un’entità esterna al corpo sociale. Esso viene percepito come qualcosa da conquistare per coloro che lo bramano, convinti che grazie a esso potranno affrancarsi dal dovere di obbedire a qualcuno e poter finalmente comandare. Per quelli che non amano essere comandati, ma nemmeno comandare, il potere è invece il leviatano da sconfiggere, il palazzo da abbattere. Il mondo si divide così, semplicisticamente, fra chi lotta per il potere e chi lotta contro il potere. Nel mezzo rimane chi passivamente il potere lo subisce, così come subisce le lotte che lo circondano. Questa è però una visione fittizia, è il prodotto di una cultura particolare, di una cultura creata e strutturata da e per il dominio, è il prodotto della nostra cultura. Se appena usciamo dalle classificazioni e dagli schemi che caratterizzano e danno un senso al conflitto, così come lo percepiamo oggi, ci rendiamo conto che il potere, lungi da essere un’entità malvagia e repressiva che opprime la società, rappresenta una proprietà, una capacità intrinseca a ogni essere umano e scorre all’interno del corpo sociale, non al di fuori di esso. Il potere è la capacità che ogni essere umano ha di contribuire al complicato processo di strutturazione dei soggetti e delle strutture sociali, attraverso l’instaurazione continua e mutevole di rapporti con gli altri individui. In questo senso il potere non è più, evidentemente, solo repressivo. A seconda dei rapporti che instauriamo con gli altri individui, e di conseguenza a seconda delle definizioni dei ruoli sociali, il nostro potere potrà essere creativo e funzionale a pratiche di liberazione. Nel momento in cui, però, la brama di veder realizzato a tutti i costi il nostro modello dei rapporti e dei ruoli sociali prende il sopravvento, cerchiamo di escludere gli altri da questo processo di definizione dell’esistente. Quando questa esclusione ha successo, il potere verrà esercitato solo da alcuni individui, i quali si arrogheranno il diritto e la capacità di definire ruoli e rapporti sociali di tutti. In questo modo si concretizza il dominio dell’uomo sull’uomo, così come dell’uomo sugli altri animali e sulla natura. Questo è il motivo per cui è andata persa la consapevolezza di un potere creativo e la percezione quotidiana è quella di un potere minaccioso e repressivo. Il problema vero è che una definizione particolare dei ruoli sociali tenderà a fornire una visione particolare del reale, funzionale a mantenere stabili tali ruoli. In altre parole, la nostra società ha culturalmente consolidato il concetto per cui il fondamento del legame sociale è l’obbligo politico, ossia il dovere di obbedienza. Questa discriminante fondante ha prodotto uno spazio dell’immaginario caratterizzato da regole proprie e incompatibile per definizione con altri immaginari, altre rappresentazioni culturali che non postulino il dovere di obbedienza come matrice dei rapporti sociali. Uno degli effetti più immediati di questo spazio dell’immaginario sulle nostre “teste” è, per esempio, l’ipotesi repressiva del potere da cui siamo partiti. Ma molto dei significati che assegniamo alle cose, alle parole, ai rapporti che costruiamo, è il prodotto di tale rappresentazione del reale che come un’ameba cerca di occupare tutto lo spazio dell’esistente significante. All’interno di questo panorama desolante le pratiche di autogestione si propongono di scardinare, attraverso pratiche indipendenti e la conseguente produzione di un pensiero autonomo, lo spazio dell’immaginario del dominio e riconsegnare il potere di contribuire alla classificazione formale dei ruoli sociali a ciascun individuo. Si propone di far riscoprire agli individui il vero obbligo sociale contrapposto a quello politico. Si propone ossia di ricordare l’obbligo che il genere umano ha, in quanto animale sociale, di darsi delle norme di relazione interindividuali. Paradossalmente, da questo obbligo nasce però la specifica libertà dell’uomo. La libertà di poter scegliere le norme che regolano le relazioni sociali, di poter definire la classificazione dei ruoli che meglio soddisfa le esigenze dei singoli individui in una situazione data. Ma anche, e soprattutto, la libertà di poter mettere in discussione e cambiare tali norme e tali classificazioni. Importante è infatti ricordare sempre che ogni sistema di classificazioni produrrà uno spazio dell’immaginario sovrastante che una volta sviluppatosi renderà possibile la significazione dell’esistente con le enormi conseguenze che questo comporta. Sarà fondamentale quindi evidenziare in ogni momento questo collegamento per poter individuare, di volta in volta, il modo in cui i rapporti che intratteniamo e i ruoli che definiamo influenzino la determinazione dei soggetti e delle strutture sociali che costituiscono la facciata visibile e percepibile del reale. Una società sarà allora uguale quando tutti eserciteranno il loro potere e libera quando si rinuncerà a dare una definizione valida sempre alla libertà. La libertà dell’uomo consiste proprio nel poter ricercare sempre una nuova definizione di libertà. Qualsiasi tentativo di definizione universale si risolverebbe necessariamente in una forma di espropriazione, prevaricazione e oppressione.
Il tempo è denaro
Nell’esatto momento in cui la rivoluzione industriale ha richiesto una maggiore sincronizzazione del lavoro, nasce l’esigenza dell’orologio. Il piccolo congegno che regola i nuovi ritmi della vita industriale rappresenta allo stesso tempo uno dei bisogni più urgenti tra quelli indotti dal capitalismo per stimolare il proprio progresso. Così scopriamo, il senso del tempo nel suo condizionamento tecnologico e con il calcolo del tempo, il mezzo di sfruttamento del lavoro. Con la divisione del lavoro, la sorveglianza della manodopera, le multe , le campane e gli orologi, gli incentivi in denaro, le prediche e l’istruzione, la soppressione delle feste e degli svaghi, vengono plasmate le nuove abitudini di lavoro e viene imposta la nuova disciplina del tempo. E allorché viene imposta la nuova “disciplina del tempo”, gli operai iniziano a combattere non contro il tempo, ma intorno ad esso. La prima generazione di operai di fabbrica viene istruita dai padroni sul valore del tempo; la seconda generazione forma le commissioni per la riduzione d’orario nell’ambito del movimento delle dieci ore; la terza generazione sciopera per lo straordinario come tempo retribuito in modo maggiorato del 50 per cento. Gli operai hanno accettato le categorie dei propri padroni e hanno imparato a lottare all’interno di esse. Hanno appreso la lezione: “il tempo è denaro”.
giovedì 17 febbraio 2022
SANTE CASERIO – parte prima
Anche la Francia ebbe il suo novantaquattro. L'anarchismo francese, pur privo, a differenza di quello italiano e di quello spagnolo, della potente molla antimonarchica, si esaltò in terrorismo: contro l'ordine costituito, la società borghese, le istituzioni. Il 9 dicembre 1893 Auguste Vaillant lancia una marmitta esplosiva, caricata a chiodi, nell'aula della Camera dei Deputati. Molti feriti ma nessun morto. L'autore dell'attentato, personalità di rivoltoso consapevole, sebbene non omicida, viene condannato a morte il 10 gennaio e ghigliottinato il 5 febbraio. Il Presidente Carnot ha respinto la grazia, malgrado la petizione a favore del condannato da parte di una sessantina di deputati e una supplica della figlia. Vaillant sale il palco con un evviva all'anarchia e un annuncio: «la mia morte sarà vendicata». Sette giorni dopo un altro anarchico, Emile Henry, getta un micidiale ordigno esplosivo, da lui stesso confezionato, al Caffè Terminus, alla Gare St. Lazare. Un morto e un gran numero di feriti. Il 21 maggio anche Henry sale il patibolo. Fra i due episodi si inseriscono alcune esplosioni, non tutte di matrice anarchica, che atterriscono la capitale. Alla Camera si propongono leggi eccezionali contro gli anarchici, come è già avvenuto in altri paesi d'Europa. Ma la spirale degli attentati non si interrompe, anzi sta per toccare il vertice della piramide politica. Il 24 giugno 1894, un mese dopo la morte di Henry, il Presidente della Repubblica Sadi Carnot cade a Lione sotto i colpi di un giovane anarchico italiano di nome Sante Caserio. L'emozione è enorme in Francia, in Italia e in tutta Europa. Sebbene Umberto I e Crispi si affrettino ad inviare telegrammi di esecrazione e di cordoglio, la folla assalta e devasta a Lione e in altre città negozi italiani e a Parigi si chiede addirittura la guerra all'Italia. Una nave di emigrati italiani diretta in America deve evitare i porti francesi, mentre comitive di fuggiaschi terrorizzati dalle rappresaglie cominciano ad affluire a Torino. Eppure l'attentato di Caserio non ha la minima motivazione nazionalistica; anzi, nella coscienza del suo esecutore, esso si pone come un atto di solidarietà di un anarchico italiano verso i suoi compagni francesi colpiti nelle persone di Vaillant e di Henry. L'attentato di Caserio, per le ripercussioni che ebbe, anche in Italia, per il significato che assunse, per il mondo dell'anarchismo militante che svelò nei suoi risvolti psicologici e di costume, merita di essere minutamente ricostruito. Sante Caserio era un giovane lombardo, nato l'8 dicembre 1873 nel paese di Motta Visconti, in provincia di Milano, sulla riva sinistra del Ticino. A Motta Visconti aveva insegnato sul finire degli anni ottanta la poetessa Ada Negri, alla sua prima esperienza di maestra elementare, ma Caserio, per puro caso, non era stato fra i suoi alunni. La famiglia era molto povera: il padre, che presto mancò, barcaiolo d'estate e boscaiolo d'inverno. A dieci anni il ragazzo aveva abbandonato la famiglia ed era venuto a Milano a lavorare. Aveva fatto il garzone al Forno delle tre Marie, lasciando un ricordo di laboriosità e di mitezza. Semianalfabeta ma sveglio di mente, s'imbatté nel mondo degli anarchici. Diventò egli stesso anarchico appropriandosi rapidamente di tutti gli elementi essenziali della dottrina. Frequentò l'avvocato Pietro Gori direttore a Milano del giornale L'Amico del popolo, i cui numeri erano spesso colpiti da sequestro. Gori ricorderà così il giovane compagno di Motta Visconti: Una mattina d'inverno lo trovai presso la Camera del Lavoro di Milano, che distribuiva opuscoli di propaganda e panetti freschi agli operai disoccupati. E gli opuscoli ed i panetti li acquistava coi suoi risparmi... Non ricordo d'averlo mai veduto neppure semi-ubriaco, cosa frequente nella classe dei prestinai, fumava pochissimo. Di fronte ai vizi giovanili si manteneva puritano. Una sera apostrofò degli amici che uscivano da una casa di tolleranza: «Come potete abusare di coteste disgraziate, comprandone la carne e gli abbracci?» E siccome un opportunista di quella comitiva disse: «Intanto con la nostra lira abbiamo sollevato un po' la loro miseria!» Caserio salì sopra, dette una lira a una di quelle donne, che lo guardava trasognata, e se ne ritornò senza far parola. Un giorno gli domandai: «E tu che sei un bel giovanotto, perché non fai all'amore?» - « Prima sì, mi rispose, ma dacché ho sposato l'idea, non bazzico più donne, finché non mi farò una compagna, a modo mio». Aveva preso un appartamento, in cui accoglieva la notte a dormire tutti i compagni senza tetto ospitale che si trovassero a Milano... Un vero bivacco... Ed egli si recava a lavorare tutta la notte.
SPACE MONKEY – Patricia Lee Smith
Sangue alla tv/le notizie delle 10
le anime sono invase/cuore in un pozzo
battere e battere/così fuori dal tempo
cos'è il pazzo affare con lo scampanio della chiesa
arriva uno straniero su dalla nona avenue
pendenti torri verdi/vista indiscreta
sopra la nuvola sopra il ponte
muscolo sensibile/ ponte sensibile
pierre clementi sbuffante cocaina
le strade sessuali sono tutte così insane
gli umani stanno correndo/stanza di lavanda
liquido svolazzante/si muove sulla luna
lo straniero gli si avvicina
gli porge una vecchia polverosa polaroid
comincia a sbriciolarglisi tra le mani
piange ah uomo non ho fatto la foto
questa non è foto questa non è foto
questo è giusto/questo è giusto il mio coltello a serramanico
scavo grossolano/posto di atterraggio
ragazzo esitante/temperino
si squarcia la gamba
è così fuori del tempo
sangue e luce scorrono
è tutto come un sogno
luce della mia vita/è vestito di fiamme
è tutto predestinato/è tutto come un gioco
per la scimmia dello spazio/così fuori dal tempo tempo
per la scimmia dello spazio/così fuori della linea linea
scimmia dello spazio/in uno stato di grazia
ed è tutto solo spazio/solo spazio
lì sta/su di un albero
oh lo sento chiamarmi giù
quella banana oggetto sagomato non è banana
è un lucente u.f.o. giallo
e sta venendo a prendermi/e qui io vado
up up up up up up up
oh addio mamma/non laverò più i piatti
qui me ne vado dal mio corpo
ha ha ha ha ha ha
aiuto!
Ecologia e Ecologismo
Il termine ecologia è un vocabolo piuttosto recente, coniato in Germania nel 1866 dal naturalista tedesco Ernst Haeckel che definisce l'ecologia come “lo studio delle relazioni degli organismi in un ambiente”. L'ecologia è dunque una disciplina scientifica, branca della biologia, sviluppatasi a fine Ottocento e consolidatasi definitivamente nei primi decenni del XX secolo e incentrata su quello che è stato definito lo studio delle interazioni tra esseri viventi e non viventi negli ambiti terrestri conoscibili. L'ecologismo non è un sinonimo di ecologia e non va confuso con essa. Esso si sviluppa in seguito all'aumento della consapevolezza della crisi ambientale contemporanea più o meno verso la metà degli anni sessanta, come conseguenza di alcuni gravi disastri ambientali. Per l'Italia emblematico è il disastro di Seveso del 10 luglio 1976, con la nube tossica di diossina sprigionatasi dopo un'esplosione al reattore chimico dell'ICMESA, annoverato nella triste classifica degli otto disastri ambientali più gravi causati dall'essere umano – per capirsi nella lista è appena sotto al disastro di Bhopal e di Chernobyl. Negli anni si sviluppano diversi movimenti ecologisti, alcuni dei quali si istituzionalizzeranno e daranno vita – soprattutto in Europa – ai partiti verdi che conosceranno un'ampia affermazione politica negli anni ottanta e che oggi sono spesso in netto declino. Ricordare ciò ci permette di porre in evidenza come l'ecologismo non sia omogeneo né per gli scopi che si prefigge né per le metodologie di contestazione. Per questo motivo un discorso a parte merita il rapporto esistente tra ecologismo e anarchismo. Innanzitutto bisogna dire che gli anarchici hanno spesso contribuito alla realizzazione e alla crescita del movimento ecologista sin dai suoi albori se non prima. Tra i precursori dell'ecologismo in ambito libertario e anarchico è possibile sicuramente ricordare, per fare degli esempi, Henry Thoreau con la sua volontà di ritornare alla natura; Peter Kropotkin che vedeva nella natura le prove della validità del mutuo appoggio e della cooperazione ed Elisée Reclus il quale arrivava a scrivere che “l'uomo è la natura che prende coscienza di sé”, autore inoltre di un saggio sul vegetarianismo. Per quanto riguarda invece nello specifico l'anarchismo verde o ecologismo anarchico, anch'esso – come tutto l'ecologismo – prende piede a partire dagli anni settanta e, sebbene si differenzi in varie tendenze, presenta alcune caratteristiche comuni quali la constatazione della crisi ecologica, il rifiuto del riformismo, l'antiautoritarismo, la critica all'antropocentrismo e l'opposizione al dominio umano sulla natura. Nonostante tali caratteristiche comuni, è evidente che l'arcipelago di gruppi, movimenti e giornali che operano nel campo ecologista anarchico è complesso e vario, ciascuno con metodologie e pratiche diverse. L'ecologismo anarchico si dirama infatti in varie tendenze, sviluppatesi soprattutto nei paesi di lingua anglosassone ma giunte in gran parte anche in Italia, tra cui l'ecologia sociale, la decrescita, il primitivismo e l'anticivilizzazione, l'antispecismo.
giovedì 10 febbraio 2022
Paolo Lega bastonato e frustato
La sera dell'8 marzo una violenta esplosione scuote il centro storico di Roma echeggiando per tutta la città. La bomba, collocata presso il palazzo di Montecitorio, provoca gravi danni, due morti e alcuni feriti. Un'altra più piccola esplosione, senza vittime, avviene due mesi dopo, il 9 maggio, sempre a Roma, presso il palazzo dei conti Odescalchi. Infine il 21 maggio, all'annuncio delle condanne della Corte d'Assise di Palermo contro De Felice, Bosco, Barbato, Verro e Montalto, nonché alla vigilia di una difficile prova parlamentare per il Governo, due bombe esplodono, senza fare vittime, al Ministero di Giustizia e al Ministero della Guerra. Gli anarchici non rivendicarono questi attentati ma la grande stampa conservatrice li attribuì a loro. La mancata individuazione dei responsabili e l'utilità oggettiva che il governo ne trasse in un momento in cui maturavano le leggi eccezionali lasciano adito a dubbi di provocazione. Il Crispi, superato lo scoglio dell'opposizione parlamentare, si dimette il 14 giugno e ottiene il reincarico per formare un nuovo Governo, votato dalle Camere il 16 giugno. Ma due giorni dopo, mentre si reca all'ufficio insieme al suo capo di gabinetto Giuseppe Pinelli, giunta la carrozza in Via Gregoriana, un giovane da breve distanza gli spara contro due colpi di revolver, andati a vuoto. Lo sparatore, subito preso, bastonato e frustato, è il falegname Paolo Lega, anarchico romagnolo, di Lugo. L'attentato costituisce per Crispi una grossa fortuna, oltre che fisica, politica. Nel plebiscito di congratulazioni per lo scampato pericolo, gli attacchi personali dei suoi avversari, giunti ormai all'infamazione pubblica, si attenuano. Le predisposte leggi eccezionali contro gli anarchici e più generalmente contro i sovversivi guadagnano consensi in parlamento e nell'opinione pubblica. Il neonato governo consolida la sua maggioranza, Crispi rimonta le avverse correnti e, per giunta, il giorno successivo all'attentato può annunciare alla Camera la conquista di Cassala da parte del generale Baratieri. Paolo Lega è nei guai perché da parte della polizia si vuole ad ogni costo scoprire dietro il suo gesto un vasto complotto, magari internazionale. Ma Lega è solo come un cane. Il Secolo, che è la voce della sinistra, scrive che l'attentatore «ha tutti i caratteri esteriori dell'uomo privo di intelligenza e anche qualcuno ben marcato dei delinquenti volgari». La sua determinazione a colpire in Crispi il sistema o addirittura la società si è formata in anni di patimenti e di angherie. Arrestato una prima volta il 10 maggio 1892, è passato da una prigione all'altra, fra Lugo, Bologna e Genova. Da Genova, dove ha trovato un lavoro ma non ha la residenza, è spedito con foglio di via a Lugo, suo luogo di nascita; ma a Lugo, non avendovi stabile occupazione, è incarcerato e mandato a Bologna, dove risulta si residente ma non trova lavoro. Per lavorare torna a Genova.Viene arrestato di nuovo e il giro si ripete una seconda, una terza volta. Arrivano poi i fatti di Sicilia e di Lunigiana a far scattare in lui un impulso di vendetta. Al processo svoltosi in una sola giornata a Roma il 19 luglio - difensore l'avvocato Vittorio Lollini - dichiara: Non posso esprimere le mie idee chiaramente, perché mi manca l'istruzione. Debbo però dire che non ho commesso questo reato per malvagità o per odio personale, bensì per protestare contro alcune classi privilegiate e contro gli oppressori... Considerai i fatti successi in Italia, gli eccidi ordinati dal governo e decisi fare atto di rivendicazione sociale... Mi proposi di colpire un uomo che è responsabile di tanti mali, ma non lui come uomo bensì come la persona più importante dello Stato. È condannato a 20 anni e 17 giorni. Morirà dopo appena un anno e mezzo nel carcere di Sassari.