Francois Claudius Koeningstein (Ravachol era il nome della madre) nacque a Saint-Chamond nel dipartimento della Loira, il 14 ottobre 1859 da madre francese e padre olandese. Il padre laminatore alle ferriere di Isieux, la madre filatrice di seta in una filanda. Il padre maltratta la madre e poi l’abbandona nella miseria più nera, sola con quattro figli, il più giovane dei quali di tre mesi.
Ravachol trascorre gli anni dell’adolescenza in campagna lavorando prima come pastore, poi come apprendista tintore. A diciotto anni la lettura de "L’ebreo errante" di Eugène Sue e alcune conferenze di militanti anarchici e collettivisti gli fanno perdere la fede e prendere coscienza dei problemi sociali. Nello stesso periodo Francois inizia a leggere i periodici anarchici come “La Révolte” e “Le Père Peinard”, che completano con indicazioni più ideologicamente precise, la sua formazione e le sue convinzioni politiche. Ai periodi di lavoro si alternano per Ravachol periodi sempre più lunghi di disoccupazione. Per non morire di fame la famiglia si adatta ad andare a rubare galline nelle campagne intorno a Saint-Chamond. Oltre a suonare la fisarmonica nelle balere per arrotondare il salario a Saint-Etienne dove si era trasferito con tutta la famiglia, Ravachol inizia la sua carriera di fuorilegge: contrabbandiere d’alcol, falsario e rapinatore.
La scelta dell’anarchico è basata sulla teoria di Max Stirner: “Solo attraverso il crimine l’individuo potrà distruggere la potenza dello stato”.
La sua prima vittima è un certo Jean-Marie Rivollier personaggio strano appartenente alla comunità cattolica dei “beghini”, ricco e avaro che aveva radunato una grossa fortuna vivendo di elemosine.
Due mesi dopo Ravachol si inventa un nuovo fantasioso colpo, rubare i gioielli della baronessa di Rochetaillée sepolti con lei sei mesi prima nel cimitero di Saint-jean-Bonnefond.
Dopo la profanazione della tomba della baronessa Ravachol viene arrestato per l’uccisione a scopo di rapina, di un vecchio eremita ricchissimo, ma riesce a fuggire mentre i gendarmi lo portano in prigione, correndo per diversi chilometri con le manette ai polsi. Per far perdere le sue tracce Ravachol inscena un finto suicidio, getta nel fiume Rodano i suoi vestiti e lascia in riva al fiume un biglietto con sopra scritto: “Compagni non volendo servire di trastullo alla giustizia borghese e stanco di veder perseguitare dei bravi compagni per causa mia, prendo la decisione di farla finita. Mio solo rammarico è di non aver potuto mettere al sicuro il denaro dell’eremita affinché altri potessero usarlo nell’interesse della causa”.
Ravachol si trasferisce a Parigi con una nuova identità: Léon Léger, ma questa è un’altra storia.
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