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giovedì 9 febbraio 2012

ZABRISKIE POINT di Michelangelo Antonioni

Spinto dalla passione e dalla serietà di sempre, Michelangelo Antonioni si solleva dall'amara contemplazione d'un paesaggio sentimentale grigio e tedioso, alza gli occhi, si guarda intorno e scopre come il lamento universale non sia più motivato: la terra gira storta, ma ha ormai trovato nella polveriera dei giovani un conforto alla desolazione di esistere, una virtù dinamica in cui si esprime, col continuo mutarsi delle prospettive morali, il perenne reinventarsi della vita. Per convincersene Antonioni va negli Stati Uniti, prende dalla strada due giovani inquieti, Mark e Daria, li colloca sullo sfondo d'una America contraddittoria, che ospita insieme la follia consumistica e gli ideali dell' anarchia, e nel loro breve incontro vede riassunto il drammatico ma fervido destino che aspetta il mondo di domani.
Ambedue i giovani sono in rotta col sistema: lei, stanca dell'ambiente in cui vive come segretaria d'un affarista di Los Angeles, è partita in automobile in cerca di solitudine; lui, studente alla deriva, accusato dai compagni rivoluzionari d'individualismo borghese, dopo la morte d'un poliziotto in uno scontro all'Università di Berkeley ha rubato un aereo da turismo e si è diretto verso il deserto. Dopo un pazzo e poetico flirt tra cielo e terra, si prendono per mano e raggiungono Zabriskie Point, la terrazza panoramica affacciata sulla Valle della Morte che si stende fra il Nevada e la California, e qui trovano subito nel gioco e nell'amore il profumo di libertà che andavano cercando. Ma nel rapporto che per brevi ore li lega ci sono accenti nuovi rispetto alla tradizione romantica. Quel loro festoso scherzare e abbracciarsi è un modo di sognare, d'inventare il futuro insieme a tutti coloro che la vecchia società respinge, siano neri siano hippies. È soprattutto la ricerca d'una vittoria sulla nevrosi dell'incomunicabilità, ottenuta sostituendo al mito del dollaro e del benessere privato la gioia del sentirsi, allacciati gli uni agli altri, in armonia con la natura, un deserto
ripopolato di frutti e fiori di carne, nati dalla terra e dalla terra consumati. Bruciato dal sole, il loro idillio è finito: spinto dall'amore del rischio, Mark, braccato dai custodi del Potere, si stacca da Daria e torna in volo a Los Angeles. L'aereo, dipinto di fiori, fa appena in tempo a posarsi che subito scatta la morsa del ferro e del cemento: un poliziotto spara, Mark muore sul colpo. Daria, appresa la notizia dalla radio, raggiunge la villa lussuosa in cui i suoi uomini d'affari discutono nuovi piani di speculazione, ma subito se n'allontana. In Zabriskie Point sono rappresentati i punti chiave di quel delicato momento storico fra la fine dei 60 e l’inizio dei 70: la crisi generazionale che spinse i giovani a ribellarsi all’autorità precostituita, lo scontro di classe e soprattutto l’amore libero, felice, universale rappresentato nella visionaria sequenza in cui decine di coppie si amano, facendo da specchio ai protagonisti, sullo sfondo del deserto californiano. Eros legato a Thanatos: dopo la morte del protagonista (Mark Frechette), Antonioni chiude il cerchio con un finale agghiacciante. L’esplosione della villa sulle rocce e di tutto quello che essa rappresenta: capitalismo, consumismo, accumulazione, mercificazione, sulle note dei Pink Floyd.
Zabriskie Point è un film che colpisce con le armi autentiche della poesia. Anche se soltanto pochi sapranno riconoscere nel montaggio il suo segreto, nessuno potrà sottrarsi all'incanto che desta la levità di questo realismo magico, l'alleanza fra la semplicità del simbolo e l'ariosità del segno.
Cameo per Harrison Ford mentre Mark Frechette (che interpreta Mark il protagonista) dopo un salto in Italia morì in una rapina assieme alla sua ragazza.




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