Abbiamo troppo spesso concesso degli alibi alla disperazione che nasce dal sentimento di dover lottare contro un nemico troppo potente. In effetti non si tratta di affrontare quel che uccide, ma di battersi per vivere meglio. Esiste una violenza della vita che è insopprimibile e che conosce l'arte di aggirare, di annientare la violenza mortifera. Bisogna imparare a scommettere sulla nostra creatività per affondare un sistema che si distrugge minacciandoci di distruzione. Quando avremo capito che il desiderio di una vita diversa è già quella vita, smetteremo di cadere nella trappola dei dualismi intellettuali - bene e male, riformismo e radicalismo, ottimismo e pessimismo - che ci distolgono dai nostri veri problemi. La disperazione è oggi insieme alla paura, l'arma più efficace per il totalitarismo mercantile. Questo è ormai arrivato a rendere redditizia la speranza, facendo quotidianamente della verità, del suo declino una verità universale che incita a una saggia rassegnazione, meglio accontentarsi di un oggi miserabile dal momento che il domani sarà peggiore.
E' tempo di prendere coscienza delle occasioni offerte all'autonomia individuale e alla creatività di ciascuno. Secondo il parere dei suoi promotori, il capitalismo finanziario è condannato all'implosione a più o meno lunga scadenza. Ciononostante in una forma sclerotizzata si profila un capitalismo risanato che progetta di approfittare delle energie rinnovabili facendocele pagare allorché sono gratuite. Ci vengono proposti biocarburanti a condizione di accettare delle culture transgeniche di colza, l'ecoturismo getta le basi di un saccheggio della biosfera. A questi livelli è già possibile intervenire. Le risorse naturali ci appartengono, sono gratuite e devono essere messe al servizio della gratuità della vita. Toccherà alle comunità autonome assicurare la loro indipendenza energetica e alimentare liberandosi dal peso delle multinazionali e degli stati che sono loro vassalli. Ci è offerta l'occasione di riappropriarci delle energie naturali riappropriamoci della nostra stessa esistenza.
è strano: arrivo alla stessa conclusione ma parto da queste considerazioni:le risorse naturali NON ci appartengono (come lessi su un sacco di concime una volta: il mondo non ti appartiene, lo hai solo preso in prestito dai tuoi figli), NON sono gratuite in quanto costano in termini di ricerca, estrazione, utilizzo alla miglior resa, reintegrazione sostenibile, tecnologia e ricerca scientifica, distribuzione equa e solidale, ecc...
RispondiEliminae poi il resto fila di nuovo liscio: toccherà alle comunità autonome assicurare ecc...
le implicazioni di tutto ciò, però, non le ho ancora eviscerate per bene, ma così a naso mi sembra un approcio meno fagocitante.