La rivoluzione biologica non passa più per alcuna mediazione razionale, per alcuna politica possibile.
Non si tratta più di discutere su questioni distributive, su argomenti di ricchezza e povertà, su moralità di appropriatori e di espropriati, quando a vivere veramente non è più nessuno, quando a rischiare di morire sono indifferentemente tutti. Questa è la consapevolezza semplice e terribile che serpeggia velocemente dovunque, e di cui vediamo ogni giorno esplodere sempre più frequenti e vicini i fuochi sparsi ancora per poco. E questa è la matrice di una rivolta indomabile e irrecuperabile. Più nessuna controrivoluzione potrà stravolgere la potenza della negazione in energia della riproposizione, più nessuna controrivoluzione avrà spazi per i suoi automatismi integratori, quando ciascuno avrà finito di capire che non c'è più nient'altro da capire se non che così si muore. È di questo che gli ultimi potenti hanno il giusto terrore. È per questa che sognano la sopravvivenza della politica. È perciò che i più astuti di loro liquidano alla svelta la propria figura di onniscienti, svendono a derrate autocritica e contrizione: per rendere credibile l'ultima controrivoluzione - ma già fallita in partenza - quella che chiama a raccolta tutti i fedeli della Santa Carestia, mentre può aprire il fuoco sui nemici del «progresso» marchiati ad uno ad uno dalle memorie elettroniche delle squadre politiche.
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