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giovedì 3 maggio 2012

LA VIOLENZA di Errico Malatesta


La violenza rivoluzionaria è una dura necessità per evitare di scambiare il mezzo con il fine.
Necessaria per resistere alla violenza altrui, non serve per edificare niente di buono: essa è la nemica naturale della libertà, la genitrice della tirannia e perciò deve essere contenuta nei limiti della più stretta necessità. La rivoluzione serve, è necessaria, per abbattere la violenza dei governi e dei privilegiati; ma la costituzione di una società di liberi non può essere che l’effetto della libera evoluzione. La violenza la dobbiamo predicare e prepararla, se non vogliamo che l’attuale condizione di schiavitù larvata, in cui si trova la grande maggioranza dell’umanità, perduri e peggiori. Ma essa contiene in sé il pericolo di trasformare la rivoluzione in una mischia brutale senza luce d’ideale e senza possibilità di risultati benefici; e perciò bisogna insistere sugli scopi morali del movimento e sulla necessità, sul dovere di contenere la violenza nei limiti della stretta necessità. Noi non diciamo che la violenza è buona quando l’adoperiamo noi ed è cattiva quando l’adoperano gli altri contro di noi. Noi diciamo che la violenza è giustificabile, è buona, è morale, è doverosa, quando è adoperata per la difesa di se stesso e degli altri contro le pretese dei violenti; è cattiva, è immorale se serve a violare la libertà altrui. Noi consideriamo che la violenza necessaria è doverosa per la difesa, ma solo per la difesa.
L’azione anarchica, quindi, deve contemplare la violenza come necessità di liberazione dalla violenza dei governi e dei padroni, non per edificare l’anarchia. Per l’anarchismo essa è un mezzo che non va rifiutato a priori perché, se la non-violenza è un valore costitutivo dell’anarchia, questa tuttavia, ha altri valori più grandi da anteporre, quali la libertà, l’uguaglianza e la stessa dignità dell’uomo. In questo senso la violenza anarchica è la sola che sia giustificabile, la sola che non sia criminale perché mira alla liberazione di tutti e non alla sostituzione del proprio dominio a quello degli altri.

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