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giovedì 27 dicembre 2012

LA RIVOLUZIONE di Errico Malatesta


La rivoluzione è giudicata obbligatoria per il rapporto di forza esistente nella società. Le classi privilegiate non permetteranno di farsi spodestare dai loro privilegi, se non con un’azione violenta da parte dei subordinati, per cui noi crediamo che solo la rivoluzione violenta possa risolvere la questione sociale.
Poiché la rivoluzione non possiamo farla da soli, cioè non possiamo colle sole nostre forze attirare e spingere all’azione le grandi masse necessarie alla vittoria, e poiché anche aspettando un tempo illimitato le masse non potranno diventare anarchiche prima che la rivoluzione sia incominciata, e noi resteremo necessariamente una minoranza relativamente piccola fino al giorno in cui potremo cimentare le nostre idee nella pratica rivoluzionaria, negare il nostro concorso agli altri ed aspettare per agire di essere in grado di farlo da soli, sarebbe in pratica, e malgrado le parole grosse e i propositi radicali, un fare opera addormentatrice, ed impedire che si incominci colla scusa di volere con un salto arrivare di botto alla fine. Noi non vogliamo aspettare che le masse diventino anarchiche per fare la rivoluzione, tanto più che siamo convinti che esse non lo diventeranno mai se prima non si abbattono violentemente le istituzioni che le tengono in schiavitù. Credo che l’importante non sia il trionfo dei nostri piani, dei nostri progetti, delle nostre utopie, le quali del resto hanno bisogno della conferma dell’esperienza e possono essere dall’esperienza modificate, sviluppate ed adattate alle reali condizioni morali e materiali dell’epoca e del luogo. Ciò che più importa è che il popolo, gli uomini perdano gli istinti e le abitudini pecorili, che la millenaria schiavitù ha loro inspirate, ed apprendano a pensare ed agire liberamente. Ed è a questa grande opera di liberazione che gli anarchici debbono specialmente dedicarsi.
Insomma volontà, rivoluzione e libertà sono i tre momenti inseparabili di un unico processo, dove è chiaro che per arrivare all’ultimo termine bisogna partire dal primo dovendo passare per il secondo: senza volontà di fare la rivoluzione non vi è rottura rivoluzionaria, senza rottura rivoluzionaria non vi è libertà. 

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