Questo nuovo mondo non chiede di essere inventato dal nulla; esso è già iscritto nel corpo materiale di ognuno; è immaginato, sognato, sfiorato e goduto ogni volta che un individuo riconosce la volontà di vivere che anima fin dal primo istinto di sopravvivenza ogni corpo in funzione. Di questo è fatta la nostra vera identità psicogeografica.
Una tale volontà di vivere rimonta spontaneamente dall’intimità della natura biologica fino alla coscienza perché il naturale, vergognosamente negato, finisce sempre per tornare al galoppo, semplice come la respirazione, ogni volta che si abbandonano i ruoli per attivarsi a vivere, che si cerca il godimento nel proprio fare, invece di lavorare per il denaro e per il potere.
Evadere dalla prigione sociale che ci si è lasciati cucire addosso, complici involontari di un alienazione scientificamente coltivata, significa, insomma, dedicarsi all’esplorazione del mondo reale, degli altri e di se stessi, risvegliati, infine, dall’ipnosi spettacolare di un soggetto prigioniero del sacrificio di sé e dei godimenti alienati che dissimulano l’impotenza orgastica sotto spessi strati di narcisismo.
La società mercantile – spettacolare non teme nessun estremismo militante né verbale né pratico, si ritrova, invece, assolutamente indifesa, nuda come il re della favola, di fronte alla diserzione progressiva dei suoi salariati.
La società dominante s’inquieta con ragione del crescere del numero di coloro che cominciano a cercare delle aperture psicogeografiche nella loro vita quotidiana perché sa bene che meno di un dieci per cento di disertori decisi significherebbe la fine ineluttabile del business assurdo che un’armata Brancaleone di ricchi o poveri, ma tutti attaccati alle loro carte di credito come a una boa di salvataggio, fa marciare.