Il dubbio radicale è, al tempo stesso, svelare e scoprire; è il sorgere della consapevolezza del fatto che l'Imperatore è nudo e che i suoi splendidi vestiti non sono altro che il prodotto della nostra fantasia.
Il dubbio
radicale significa mettere in questione; non significa necessariamente negare.
E' facile negare mediante la semplicistica affermazione del contrario di ciò
che esiste; il dubbio radicale è dialettico dal momento che in esso si svela il
processo delle contraddizioni e con esso si tende ad una nuova sintesi che nega
e afferma contemporaneamente.
Il dubbio
radicale è un processo, un processo di liberazione da concezioni idolatriche,
un modo di ampliare la nostra consapevolezza, l'immaginazione, la visione
creativa che dobbiamo avere in ordine alle nostre possibilità ed alle scelte
che ci impegnano.
Un atteggiamento radicale non nasce dal nulla, non prende
forma nel vuoto: esso parte dalle radici, e la radice è l'uomo.
Questa grande
affermazione, "la radice è l'uomo", non va intesa in senso
positivistico o meramente descrittivo: quando parliamo dell'uomo non lo
consideriamo come una cosa, ma come un processo; parliamo, quindi, del suo
potenziale creativo, della sua capacità di sviluppare ogni suo potere, il
potere d'una più grande intensità di essere, il potere di una più grande
armonia di vita, d'un più grande amore, d'una più grande consapevolezza. Ma
parliamo anche dell'uomo come di un essere che si può corrompere, di un essere
il cui potere di agire si può trasformare nella libidine di dominare sugli
altri, il cui amore per la vita può degenerare nel gusto folle di distruggere
la vita.
Questo
radicalismo umanistico che mette in discussione drasticamente la realtà è
guidato da una chiara intuizione della dinamica della natura umana e dalla
preoccupazione per la crescita e il pieno sviluppo dell'uomo. In antitesi con
l'attuale concezione positivistica.
Tutto ciò significa che il radicalismo umanistico
interroga ogni idea ed ogni istituzione su di un punto essenziale, quello cioè
di sapere se essa aiuti oppure ostacoli la capacità dell'uomo di raggiungere
una maggiore pienezza di vita, una maggiore felicità. Per quanto mi riguarda vorrei sottolineare appena un poco il
moderno concetto di progresso, inteso come un costante aumento della produzione,
del consumo, della velocità, dei livelli massimi di efficienza e di profitto, e
della possibilità di calcolare ogni attività in termini economici senza alcuna
considerazione degli effetti che ne derivano per la qualità della vita e della
crescita dell'uomo; oppure il dogma secondo cui l'aumento dei consumi renderebbe
l'uomo felice, o quello per cui l'organizzazione imprenditoriale su larga scala
deve necessariamente essere burocratica ed alienante, o la concezione che ripone
lo scopo della vita nell'avere (e nell'usare) e non nell'essere.
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