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giovedì 16 ottobre 2014

Gli Anarchici e i Consigli Operai

A Torino il 27 ottobre 1906 si stipulava un contratto collettivo di lavoro fra la FIOM e la fabbrica di automobili Itala e si istituiva, a dirimere le eventuali controversie circa l’applicazione del contratto, un organismo aziendale chiamato commissione interna: organismo strettamente aderente alla vita della fabbrica, composto da operai della fabbrica, eletto dalle maestranze della fabbrica. La C. I. si poneva dunque in una posizione autonoma in rapporto alle organizzazioni orizzontali e verticali del sindacato, anche se talvolta assumeva un ruolo ancor più collaborazionista del sindacato stesso. 
Tuttavia proprio la C.I. doveva rappresentare la base organica sulla quale si sarebbe poi elevato il Consiglio di fabbrica.
Infatti nell’immediato dopoguerra ed esattamente nell’agosto 1919, sempre a Torino, nel maggior stabilimento della FIAT, alla FIAT-Centro, si dimette la commissione interna in carica e si apre il problema della sua reintegrazione.
In sede di discussione prevale la proposta di un allargamento di detta commissione realizzabile attraverso l’elezione di un commissario per ogni reparto. Alla FIAT-Centro vengono così eletti ben 42 commissari, pari ai 42 reparti in attività. Questi 42 commissari costituiscono il primo Consiglio di fabbrica.
Il contributo degli anarchici all’elaborazione della teoria dei Consigli si può compendiare in queste due essenziali aggiunte teoriche:
Solo nel corso di un periodo rivoluzionario i Consigli possono avere una efficienza rivoluzionaria, possono costituirsi in mezzi validi per la lotta di classe e non per la collaborazione di classe. In periodo controrivoluzionario i Consigli finiscono per essere fagocitati dall’organizzazione capitalistica, non sempre avversa ad una cogestione morale da parte dei lavoratori. Perciò avanzare dei Consigli in un periodo controrivoluzionario significa lanciare degli inutili diversivi e pregiudicare gravemente la formula stessa dei Consigli di Fabbrica, come parola d’ordine rivoluzionaria;
I consigli risolvono a metà il problema dello Stato: espropriano lo Stato delle sue funzioni sociali, ma non ledono lo Stato nelle sue funzioni antisociali, riducono lo Stato ad un pleonasmo ma non eliminano questo pleonasmo, svuotano l’apparato statale del suo contenuto ma non lo distruggono. Ma poiché non si può vincere lo Stato, ignorandolo, in quanto esso può far sentire in ogni momento la sua presenza mettendo in moto il suo meccanismo di coazione e sanzione, occorre distruggere anche questo meccanismo. I Consigli non possono compiere questa operazione e perciò richiedono l’intervento di una forza politica organizzata, il movimento specifico della classe, che porti a termine tale missione. Solo così si può evitare che il borghese, cacciato dalla porta nelle sue vesti da impresario, rientri dalla finestra travestito da poliziotto.    

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