La corruzione, il vizio e la violenza (The Glass House, 1972) di Tom Gries, ispirato al romanzo-inchiesta di Capote sulla vita carceraria in un penitenziario modello fra le montagne dello Utah: in questa struttura all'avanguardia tecnologica, con pareti di vetro per permettere una maggiore visibilità, va in scena invece un rito infernale di violenza e disumanità. Film straordinariamente teso, fino a toccare momenti di drammaticità sconvolgente, il film rifiuta sia i luoghi comuni - tipici della numerosa letteratura cinematografica carceraria - sia le compiacenze di esteriore spettacolarità, come l'abuso di linguaggio scurrile e l’utilizzo spettacolare di particolari sul vizio o sulla violenza.
Questa casa di vetro non è soltanto la prigione. Il film di Tom Gries è qualcosa di più della tradizionale denuncia del sistema carcerario, inteso come repressione e vendetta della società.
Il suo merito è di ricreare all'interno della prigione quel processo di corruzione della società che avviene fuori, nel mondo normale. Il traffico di droga, la complicità dei secondini e delle gerarchie carcerarie, su su fino al direttore, il silenzio che guida questa sopraffazione non sono altro che la medesima omertà, lo stesso processo di degradazione che una società sana vede compiersi all'interno di se stessa da parte delle forze del male annidate sia nelle democrazie che nei paesi totalitari di tutto il mondo.
The Glass House s’inserisce nella linea del film sociale americano, ripreso nella variante del film di prigione: descrizione critica verista e nello stesso tempo metaforica di un microcosmo repressivo, che rimanda al sistema nella sua totalità.
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