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giovedì 1 gennaio 2015

Una malattia per ogni pillola

Trent’anni fa Henry Gadsen, direttore della casa farmaceutica Merck, dichiarò alla rivista Fortune: "Il nostro sogno è produrre farmaci per le persone sane. Questo ci permetterebbe di vendere a chiunque". A distanza di tre decenni il suo sogno sembra essersi avverato: le strategie di marketing delle maggiori case farmaceutiche hanno infatti oggi come target non i malati ma le persone sane. Questo processo, già evidenziato più di vent’anni fa da Ivan Illich in Nemesi Medica, sembra mirare a trasformare in un futuro prossimo tutte le persone in buona salute in altrettanti – più o meno potenziali – malati.
Ma è possibile creare ad arte una malattia? La storia recente ci insegna di sì, per esempio agendo sui parametri che stabiliscono il confine tra normalità e malattia (è il caso del diabete o dei livelli di colesterolo nel sangue), oppure etichettando come “patologie” condizioni e atteggiamenti che connotano piuttosto tratti di personalità (ansia, timidezza, noia), particolari fasi della vita (menopausa, vecchiaia) o semplici caratteristiche fisiche (calvizie, cellulite). In quest’ottica si inserisce il fenomeno del disease mongering, (commercializzazione di malattie), la frontiera del marketing farmaceutico nell’era contemporanea.
Mentre un tempo si inventavano medicinali contro le malattie, ora si inventano malattie per generare nuovi mercati di potenziali pazienti.
l disease mongering, opera attraverso strategie che agiscono su tre piani: quantitativo, temporale e qualitativo.
Sul piano quantitativo, l’azione è sui parametri che definiscono la frontiera del “patologico” per numerose condizioni medico sanitarie, quali per esempio ipertensione, ipercolesterolemia o diabete. É evidente che più si ampliano i confini che definiscono una malattia, più si espande il bacino dei potenziali pazienti e, con esso, il relativo mercato dei produttori di farmaci. Le decisioni in merito a tali confini, spesso prese da “esperti” con legami finanziari con l’industria farmaceutica e sulla base di studi da essa sponsorizzati, hanno l’effetto di trasformare da un giorno all’altro milioni di individui soggettivamente sani e probabilmente oggettivamente sani, in persone ammalate.
La seconda dinamica opera sul piano temporale e, consiste nella promozione e nella diffusione di pratiche di screening la cui efficacia è incerta oppure non ancora dimostrata (ad esempio l’utilizzo del marker tumorale Ca 19.9 per l’identificazione precoce del cancro al pancreas). A questo proposito, Domenighetti scrive: “Se l’abbassamento dei parametri che definiscono i confini del patologico costituisce una medicalizzazione praticamente forzata ed in parte occulta di intere fasce di popolazione, la promozione ed il successo degli screening in particolare quelli di massa dipende in grande misura dalla capacità dei promotori di convincere la popolazione a sottoporsi a questo o quel dépistage". L’operazione ha già avuto pieno successo. Infatti gli ideologi degli screening hanno fatto passare nella società civile l’irresistibile logica secondo la quale è sempre meglio diagnosticare qualsiasi situazione il più presto possibile  (non è detto che tale situazione individuata dallo screening,  rappresenti effettivamente uno stato patologico).
Una terza e ultima dinamica, che agisce sul piano qualitativo, è rappresentata dalla trasformazione in condizioni medico-sanitarie di situazioni che dovrebbero far parte della normalità della condizione umana. Le persone vengono persuase che problemi che prima accettavano come un semplice inconveniente, o comunque come parte della vita, debbano ora destare preoccupazione e siano degni di un intervento a livello medico.
Le strategie di allargamento del mercato farmaceutico qui delineate si servono naturalmente di pubblicità a tappeto e di abili “campagne di sensibilizzazione”. Le case farmaceutiche oggi promuovono non solo i propri farmaci, ma anche i disturbi necessari a creare il mercato per i propri prodotti.
Il disease mongering è una pratica insidiosa, spesso invisibile, che comporta il rischio di scelte terapeutiche inopportune, malattie iatrogene e sprechi che minacciano la sostenibilità economica dei nostri sistemi sanitari e sottraggono risorse utili alla cura e prevenzione di patologie ben più gravi e reali. A un livello più profondo, il disease mongering contribuisce a modificare il modo in cui vengono percepite la salute e la malattia, promuovendo la medicalizzazione della vita e focalizzando l’attenzione esclusivamente su soluzioni farmacologiche (o tecnologiche in senso lato) in definitiva rappresentando elemento fondamentale nel progetto  di un definitivo controllo dell'essere umano .

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