Dopo la sconfitta di questi ultimi sussulti rivoluzionari che segnarono l’epilogo del biennio rosso, Novatore fondò una nuova rivista, Vertice, insieme, tra gli altri, al pittore futurista Giovanni Governato.
Nell’estate del 1922 gli squadristi assalirono a mano armata la casa di Novatore, ad Arcola. L’anarchico ne uscì vivo difendendosi con le bombe a mano. Da quel momento, le alternative che gli si posero diventarono nette e inequivocabili: poteva normalizzarsi accettando, come fecero alcuni suoi compagni, di aderire al movimento di Mussolini; poteva scegliere di ritirarsi, sprofondando in un anonimato che lo ponesse al riparo da rappresaglie e vendette postume; poteva decidere di continuare la sua battaglia, combattendo il fascismo così come aveva fatto fino ad allora combattendo le altre ideologie dominanti.
Fu questa la strada che decise di percorrere, e lo fece a modo suo. Si unì a una banda di rapinatori capeggiata dall’anarchico Sante Decimo Pollastri, piemontese di Novi Ligure, più volte incarcerato e condannato per furti e rapine. Il 14 luglio 1922, la banda assalì il ragioniere Achille Casalegno, cassiere della filiale di Tortona della Banca agricola italiana; a un suo tentativo di resistenza gli spararono, uccidendolo. Il 29 novembre a Teglia, una frazione di Rivarolo ligure alle porte di Genova, sorpreso in un’osteria, l’anarchico cadde in un conflitto a fuoco con i carabinieri. Sul suo cadavere furono trovate due rivoltelle cariche e una bomba sipi, oltre a un anello con il cianuro nel castone. Sante Pollastri riuscì invece a fuggire; ma questa è un’altra storia.
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