"Trovai il palazzo della Borsa in cui si celebrava il banchetto in onore del Presidente e, la grande arteria doveva essere la rue de la Republique, la strada che il Presidente doveva percorrere per recarsi alla serata di gala al Teatro Grande. Non mi rimaneva che portarmi dal lato opposto della strada in cui ero. Gli ospiti importanti stanno sempre alla destra da dove arriva il corteo. Gli agenti di polizia disseminati lungo il percorso vietavano il transito. È venuta in mio soccorso una vettura di lusso, il cui cocchiere portava sul petto una placca risplendente. La lasciarono penetrare nello spazio libero, ed approfittando dell’occasione io ed una quindicina di altri spettatori potemmo, seguendola, passare dall’altra parte. La gente che vi si affollava naturalmente protestò contro gli intrusi, ma io dissi chiaramente a quelli che più mi investivano che non desideravo altro che di passare, mi lasciassero penetrare in seconda o in terza fila ne sarei stato contentissimo. Mi aprirono un varco ed io ne approfittai per risalire oltre il terzo od il quarto lampione in direzione del Teatro Grande. Ricordo che un signore, guardando l’orologio, disse che erano le otto e mezza. La folla acclamava una vettura con a bordo tre signore giovani ed una anziana, tutte elegantissime; poi si udirono d’un tratto, squillanti le note della Marsigliese, sulla folla plaudente in orgasmo.
Era quasi fatta. Sfilano prima quattro cavalleggeri. Non so, ma penso che fosse l’avanguardia repubblicana, poi vennero a passo lento altri soldati a cavallo in gruppo di cinque file, da ultimo un trombettiere tutto solo, e davanti alla vettura presidenziale ancora un drappello di cavalieri.
Nel momento in cui gli ultimi cavalieri della scorta passarono davanti a me, ho sbottonato la giacca, il pugnale stava col manico in alto nella tasca del lato destro all’interno. Ho afferrato il coltello con la mano sinistra e con un solo movimento ho respinto i due giovani che mi stavano dinnanzi e con un salto, mettendo la mano sullo sportello della vettura, ho sferrato il colpo gridando: “Viva la Rivoluzione!” La mia mano aveva toccato l’abito del Presidente e la lama era affondata nel suo petto fino al manico di colore rosso e nero.
Il Presidente Carnot mi guardò in faccia, mentre abbandonavo la vettura gridai ancora “ Viva l’Anarchia” certo di averlo ucciso.
Nella fuga ero passato tra i cavalli della berlina e quelli della scorta prendendo a sinistra un po’ obliquamente e cercando di penetrare la massa di gente che si accalcava sul marciapiede. Ma dietro di me una voce aveva urlato: “Arrestatelo!” e donne e bambini mi sbarrarono il passo. Uno sbirro mi prese per il colletto e mentre mi divincolavo riuscendo quasi a buttarlo per terra, mi vennero addosso una ventina di persone. Ero la loro preda."
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