La conflittualità storica non oppone più due ammassi molari, due classi, gli sfruttati e gli sfruttatori, i dominanti e i dominati, i dirigenti e gli esecutori, tra i quali è possibile collocare ogni caso individuale. La linea del fronte, che non passa più nel bel mezzo della società, passa ormai nel bel mezzo di ciascuno, tra ciò che fa di ognuno un cittadino, i suoi predicati e il resto. Inoltre, in ogni ambiente si scatena la guerra tra la socializzazione imperiale e ciò che fin d’ora le sfugge. Un processo rivoluzionario può avere inizio da qualunque punto del tessuto biopolitico, da qualunque situazione singolare, accentuando fino alla rottura la linea di fuga che l’attraversa. Nella misura in cui intervengono tali processi, tali rotture, c’è un piano di consistenza comune, quello della sovversione anti-imperiale.
Ciò che fa la generalità della lotta è lo stesso sistema di potere, tutte le forme di esercizio e di applicazione del potere.
Far parte di un movimento rivoluzionario significa a grandi linee fissare le forme di vita nella loro diversità, intensificare, rendere più complesse le relazioni, elaborare tra noi nel modo più libertario possibile la distruzione di questa società.
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