Come anarchici, arriviamo a ogni lotta con una consapevole prospettiva rivoluzionaria. Qualunque sia la causa specifica che provoca una lotta, la vediamo come un aspetto dell’ordine sociale che deve essere distrutto per aprire le possibilità di un’esistenza libera e auto-determinata. In genere le lotte e le rivolte sono provocate da circostanze specifiche, non dal riconoscimento da parte della massa del bisogno di distruggere lo stato, il capitale e tutte le istituzioni attraverso le quali si compie il dominio e lo sfruttamento. La lotta deve essere condotta in completa autonomia da tutte le organizzazioni di rappresentanza. Abbiamo la necessità di riconoscere i sindacati e i partiti come usurpatori e determinare le nostre attività specifiche in una lotta per noi stessi, senza riguardi per le loro pretese.
L’intervento nelle lotte si esprimerà sempre come una tensione su diversi livelli. Prima di tutto, la maggior parte di noi fa parte degli sfruttati e degli spossessati dall’attuale ordine sociale e non parte delle classi dominanti e dirigenti. Per questo noi affrontiamo le stesse immediate realtà di quelli che ci stanno intorno, con lo stesso desiderio di trovare un sollievo immediato. Però noi abbiamo anche il desiderio di un nuovo mondo e vogliamo portare questo desiderio in tutte le nostre lotte, non solo a parole, ma nel modo in cui mettiamo mano alla nostra pratica. Per questo c’è una tensione a muoversi ostinatamente verso l’autonomia e la libertà a partire da condizioni oppressive. Inoltre abbiamo dei modi specifici con cui desideriamo affrontare le nostre lotte e vivere le nostre vite. Questi metodi si basano sulle relazioni orizzontali e sul rifiuto della gerarchia e dell’avanguardismo. Perciò c’è una tensione che porta ad impegnarsi a trovare i modi per mostrare le nostre concezioni su come affrontare una lotta affinché siano di incoraggiamento per le tendenze già esistenti a dirigersi verso l’autorganizzazione e l’azione diretta, senza però cadere nei metodi dell’evangelismo politico. Dopo tutto, ci rapportiamo come compagni e complici, non come capi. E allora c’è la tensione di voler agire immediatamente contro le imposizioni che questa società pone sulle nostre vite, e farlo senza riguardo per il livello di lotta, ma sempre evitando qualunque tendenza all’avanguardismo. In un certo senso, l’intervento anarchico è la corda funambolica tesa fra il vivere la nostra propria lotta quotidiana e il trovare il modo di collegare questa lotta con le lotte di tutti gli sfruttati, la maggior parte dei quali non condivide le nostre consapevoli prospettive: un collegamento che necessario se vogliamo muoverci verso l’insurrezione sociale e
la rivoluzione.
(Venomous Butterfly, Portland, OR, USA.)
26 marzo: a Brescia, occupazione delle scuole superiori. A Roma, duemila giovani manifestano in corteo per la ragazza sfregiata; due studenti di sinistra vengono aggrediti da un gruppo di noti picchiatori fascisti nelle vicinanze del liceo Azzarita; le Formazioni Comuniste Combattenti rivendicano l’attentato contro la caserma dei carabinieri a piazza del Popolo. A Venezia, le femministe si mobilitano per Loredana, una studentessa fermata a Mestre e spogliata in questura dalla polizia. A Milano, per la settimana anticomunista indetta dal Fronte Della Gioventù nella notte i fascisti sparano contro il bar Magenta, luogo di ritrovo dei giovani di sinistra; un corteo di militanti di estrema sinistra percorre San Babila e aggredisce alcuni giovani di destra, dando fuoco alle loro moto, in quella occasione un agente in borghese viene scambiato per un missino, viene picchiato e disarmato. A Padova, 4000 studenti in corteo protestano contro gli arresti e le denunce.
27 marzo: a Bologna, riapre Radio Alice, un gruppo di intellettuali bolognesi ha rilevato la testata e l’apparecchiatura di Radio Alice che così può riprendere a trasmettere dopo 15 giorni di silenzio forzato, per festeggiare l’avvenimento gli studenti si trovano insieme nel pomeriggio a piazza Maggiore, a fare girotondi attorno ad un’autoblindo di cartone che alla fine viene bruciata, la festa coinvolge anche molti cittadini normali.
28 marzo a Torino, autogestione nei principali Istituti e Licei torinesi. A Bari, viene incendiata dai fascisti la sede dei Radicali. A Milano, la redazione del giornale cattolico “Città Nostra” viene attaccata a bottiglie molotov e distrutta. A Roma, in via Calpurnio Fiamma, nel quartiere Tuscolano, alcuni giovani col volto coperto bloccano un furgone di un panificio e distribuiscono il pane gratuitamente ai passanti; all’Università, i proff. Asor Rosa e Colletti vengono contestati dagli indiani, gli studenti dapprima interrompono una lezione di Asor Rosa, gridando ironicamente: «Più studio, Più normalizzazione», poi si recano nell’aula dove Colletti sta svolgendo esami di Storia economica, e ripetono i loro slogan ironici «Colletti è mio e lo gestisco io», Colletti però non accetta l’insolita contestazione: esce immediatamente dall’aula, seguito dai suoi assistenti, tutti esponenti di primo piano del vecchio movimento del ’68, gli indiani però non si rassegnano: lo seguono per i viali dell’Università gridando «Colletti superstar, noi vogliamo solo studiar».
29 marzo: a Torino, durante un concerto al Palasport vengono distrutte 20 auto in sosta, atto firmato dalle Unità combattenti comuniste; riunione anti-violenza organizzata dal quartiere S. Rita interrotta dai giovani proletari; incendiate le auto di quattro dipendenti Fiat e Olivetti. A Roma, alle 8.30, Vittorio Morgera, direttore del Poligrafico di Stato, è affrontato da un commando che gli spara tre proiettili alle gambe, alle 18.30 è assaltata la Confederazione delle Piccole e Medie Industrie, le azioni sono rivendicate dalle Unità Comuniste Combattenti; viene organizzato un corteo contro la repressione, da piazza Cavour a piazzale Clodio, per il processo ai militanti arrestati il 12 marzo; all’Università, Carlo Salinari, preside della facoltà di Lettere, anche lui iscritto al PCI, fa scattare la sua circolare, che prevede la serrata in caso di interruzione delle attività dei docenti, ma i cancelli, dietro a cui si raccoglie un migliaio di studenti, vengono riaperti dopo poche ore, intanto alla facoltà di Fisica vengono interrotti gli esami scritti e vengono contestati i professori; una squadra di fascisti, delle sezioni del MSI di Ottaviano e Balduina, va all’assalto del ristorante “Da Peppino” a Borgo Pio, frequentato da militanti di sinistra, all’arrivo della polizia i fascisti si coprono la fuga sparando raffiche di mitra, provocando due feriti, un agente e una giovane di passaggio, nipote dell’ex ministro Scelba, alcuni fascisti in fuga si rifugiano in una chiesa di via della Conciliazione e dal tetto della chiesa sparano contro le volanti della polizia: la polizia arresta 11 neofascisti, tra cui il figlio del giudice Alibrandi, che saranno rilasciati dopo pochi giorni. Mentre è in corso il processo per violenza, gli accusati seviziano a coltellate la donna che li accusa, Claudia Caputi. A Prato, gli uffici della “Tecnotessile” vengono assaliti dalle Unità Comuniste Combattenti. A Firenze, viene assalita dalle Unità Comuniste Combattenti, l’associazione dei Piccoli Industriali Toscani.
30 marzo: a Torino viene arrestata una ragazza dei NAP. A Pisa, Alberto Mammoli, medico del carcere cittadino all’epoca della morte di Franco Serantini e responsabile, insieme ad altri, della morte del compagno anarchico, è ferito gravemente da un giovane che gli spara tre colpi di pistola, l’azione è rivendicata da Azione Rivoluzionaria. A Napoli, cortei e blocchi stradali. A Milano, alla Bocconi viene rinvenuta una bomba. A Lucca viene scoperta una base delle Brigate Rosse.
31 marzo: a Roma, nel pomeriggio viene organizzato un corteo in Prati per protestare contro i raid fascisti dei giorni precedenti, nella facoltà di Lettere, una delegazione di docenti partecipa all’assemblea dei giovani discutendo la piattaforma e le proposte fatte nei giorni scorsi. Il prof. Rosario Romeo (Storia moderna) accusa il prof. Antonio Capizzi (Filosofi a teoretica) di fiancheggiare gli squadristi rossi, Il battibecco si fa talmente vivace che il Romeo schiaffeggia il Capizzi, gli indiani metropolitani rincorrono Romeo gridando: “Compagno Capizzi, te lo giuriamo, ogni Romeo preso te lo schiaffeggiamo”; Bruno Giudici, iscritto al PCI e padre di Enzo, un diciannovenne militante del MSI coinvolto, in una pizzeria di Montesacro, in una rissa con giovani di sinistra, è ridotto in fin di vita in seguito alle percosse subite; 15000 donne sfilano in corteo per la Caputi. A Bologna, alla vigilia del processo Curcio, le Brigate Rosse incendiano l’auto di un magistrato, Antonino Trizzino, presidente del tribunale. A Firenze, due arresti per gli attentati delle Unità Comuniste Combattenti.
L'uomo non vive solo sul suolo, nasce anche dalla terra; ne è figlio, così come dicono tutte le mitologie dei popoli. Noi siamo della polvere, dell'acqua, dell'aria, combinati. E' da essa (terra) che noi traiamo la nostra sostanza; essa ci alimenta dei suoi succhi nutrienti, fornisce l'aria ai nostri polmoni e ci donna la vita, il movimento dell'essere. E' dunque impossibile che le forme terresti con le quali la flora e la fauna si armonizzano in modo così ammirabile, non si riflettano ugualmente nei fenomeni vitali di questa altra fauna che noi chiamiamo umanità. L'uomo, questo essere ragionevole che ama tanto vantare il suo libero arbitrio, non può nemmeno rendersi indipendente dai climi e dalle condizioni fisiche del territorio che egli abita. La nostra libertà, nei nostri rapporti con la terra, consiste nel riconoscere le leggi per conformarvi la nostra esistenza. Noi non rimaniamo che dei prodotti del pianeta. E non è solamente in quanto individui isolati che noi apparteniamo alla terra, le società, considerate nel loro insieme, hanno dovuto necessariamente modularsi alla loro origine sul suolo che le ha sostenute; esse hanno dovuto riflettere nella loro organizzazione intima gli innumerevoli fenomeni delle terre emerse nel continente, delle acque fluviali e marittime, della atmosfera dell'ambiente.
E' dalla azione del pianeta sul uomo e dalla reazione dell'uomo nei confronti del pianeta che nasce questa armonia che è la storia della razza umana. La Terra costituisce i corpi dell'umanità e l'uomo, a sua volta, è l'anima della Terra. Senza appropriarci orgogliosamente del globo che ci ospita, ci è permesso dire, che dopo essere stati per lungo tempo dei semplici prodotti appena coscienti, noi diveniamo attori via via più attivi dentro la sua storia.
Nell’universo spettacolarizzato della vita sostenibile, tutto serve sempre ad illudere, a condizionare, a stroncare ogni possibile germe di pensiero veramente critico nei confronti dell’ordine esistente. Così, anche quando ci si misura con un livello di nocività arrivata ormai fin dentro i nostri corpi, tutto sembra sempre scontato, giustificato. Il concetto di sostenibilità rientra a tutti gli effetti nel gioco delle parole utilizzato per illudere e convincere. Sostenibilità significa, materialmente, contenimento della nocività, e rincorrere la prospettiva della limitazione dell’avvelenamento vuol dire darlo per scontato per poi delegare alle istituzioni costituite il potere di stabilire i parametri di tollerabilità. Circostanza che non soltanto toglie dalle mani della gente ogni possibilità di opposizione diretta, ma consente alle istituzioni stesse di fare il bello e il cattivo tempo sull’argomento, alzando i limiti legali d’inquinamento ogni volta che la tossicità sarà in aumento.
La mesta realtà in cui viviamo parla proprio in questo senso: più aumentano le regolamentazioni, le autorizzazioni, le certificazioni e i rigidi disciplinari “bio”, più la vita si contamina; più si intensificano le normative di tutela dei consumatori, più i consumatori sono vessati e costretti a fare di necessità virtù. Nel mondo delle Dichiarazioni Universali dei Diritti Umani, delle Convenzioni di Ginevra e delle Nazioni Unite sono i pezzi di carta che contano, e i poteri forti, ben protetti da questi incartamenti che dispensano a piene mani per ammutolire i sudditi, possono continuare a fare tutto ciò che vogliono: anche le guerre, i genocidi mirati, le eco-devastazioni. Inventare soluzioni formali, ossimori e carte degli intenti per far fronte a problemi concreti, vuole dire non voler affrontare i problemi concreti. La forma non è la sostanza, e sistemare le cose in modo puramente formale significa solo darsi una parvenza di risoluzione.
21 marzo: a Bologna, vengono arrestati su un autobus sette studenti trovati in possesso di fazzoletti predisposti per coprirsi il viso e limoni con cui i dimostranti sono soliti cospargersi la parte esterna degli occhi per resistere agli effetti dei gas lacrimogeni, sull’autobus viene trovata anche una fionda e bulloni di metallo, accusati di adunata sediziosa, possesso di fazzoletti e porto d’armi improprie, verranno assolti il giorno seguente. A Padova, vengono eseguite una trentina di perquisizioni domiciliari, con 13 arresti e un fermo, per lo più tra militanti dei Collettivi politici padovani per il potere operaio. Perquisita anche Radio Sherwood, vengono denunciati, per associazione a delinquere, anche cinque ricercatori e docenti dell’istituto di Scienze Politiche, tra cui Toni Negri. A Venezia, anche in questa città vengono eseguite molte perquisizioni. A Cagliari, in serata, un gruppo di autonomi con i volti coperti, provenienti dalla zona universitaria, fa irruzione in una sezione missina, a trecento metri dall’Università, rovesciando i mobili e spaccando tutto. I quattro missini che si trovano all’interno riescono ad allontanarsi incolumi, mentre rientrano all’Università, i giovani vengono raggiunti da una volante della polizia, contro cui lanciano pietre, circondandola e tentando di capovolgerla. Uno dei militari esce dall’auto e spara in aria una raffica di mitra, sopraggiungono intanto altre auto della polizia e dei carabinieri e gli studenti si rifugiano nel recinto universitario, richiudendo il cancello con una catena, carabinieri e polizia non operano alcun fermo. A Spoleto, la sede del MSI di corso Mazzini è distrutta da un incendio appiccato dal lancio di bottiglie molotov. A Favignana, un nucleo di detenuti, tra cui il BR Ognibene, fa una incursione e tenta di appiccare un incendio all’interno del carcere.
22 marzo: a Padova trentuno perquisizioni vengono eseguite in mattinata tra gli autonomi, quasi tutto l’Istituto di Dottrina dello Stato dell’Università viene incriminato per associazione a delinquere. A Roma, uno studente di sinistra del Genovesi viene aggredito da alcuni fascisti; nella notte i nappisti Maria Pia Vianale e Antonio Lo Muscio, entrambi latitanti, vengono riconosciuti su un autobus in via Portuense, l’agente Claudio Graziosi viene ucciso dopo che ha convinto l’autista a deviare la corsa verso il più vicino commissariato di polizia, più tardi per sbaglio viene ucciso dalla polizia una guardia zoofila scambiato per uno dei nappisti. A Milano, 5000 femministe assediano una clinica, protestano per una donna morta durante la gravidanza dopo che le è stato negato l’aborto.
23 marzo: a Roma, lo sciopero indetto dai sindacati mobilita 200.000 persone, il corteo del movimento conta 20.000 persone, il concentramento sindacale in piazza San Giovanni viene raggiunto in poco tempo, il caso vuole che il corteo sfili proprio nel momento in cui sta parlando Luciano Lama, non succedono incidenti, ma dopo che è passata la testa, si scatena tutta l’ironia di cui il movimento è capace, migliaia di manifestanti esprimono con una sceneggiata di massa sfilando in ginocchio, con le mani giunte in segno di preghiera, sventolando le tessere sindacali ecc. A Padova, vengono arrestate delle femministe. A Sassari, incidenti tra il movimento e i fascisti. A Bologna, vengono eseguite perquisizioni nell’estrema sinistra; Claudio Grassi arrestato per gli incidenti del 13 a Bologna, è condannato per direttissima ad un anno di reclusione.
24 marzo: a Bologna, 24 perquisizioni in case di studenti e docenti, arrestati, fermati o identificati nelle giornate dell’11, 12, 13 marzo, eseguite su mandato del giudice istruttore che indaga su Radio Alice e Radio Lara: altre 5 comunicazioni giudiziarie; assaltata una cooperativa di facchini in via Varesina da una ronda proletaria armata. A Roma, in serata sulla Laurentina, Lucia Carnevali, di 17 anni, militante della FCGI, viene sfregiata dai fascisti, che dopo averla picchiata le tagliuzzano il volto con un taglierino da compensato: 17 tagli al volto e 9 al collo; le femministe si costituiscono parte civile contro sette giovani accusati di aver violentato una diciottenne. A Cassino, alla Fiat un attentato blocca la produzione per due giorni. A Milano, in un’assemblea, 400 femministe processano il maschio violentatore, uno studente del VI liceo scientifico “Donatelli”; una ronda contro il lavoro nero assalta la cooperativa di facchini Dusmet in via Varesina, gli autori dell’assalto prima di ritirarsi, devastano il locale e si impossessano di denaro e macchinari vari. A Padova, tremila persone manifestano contro gli arresti e le denunce.
25 marzo: ad Acireale, Maria Andronaco e Giancarlo Consoli, sono arrestati mentre contestavano una manifestazione contro l’aborto organizzata dalla curia acese, sono condannati per direttissima a cinque mesi di reclusione.
Io fondato la mia causa su nulla. Che cosa non deve essere mai la mia causa! Innanzi tutto la buona causa, poi la causa di Dio, la causa dell'umanità, della verità, della libertà, della filantropia, della giustizia; inoltre la causa del mio popolo, del mio principe, della mia patria; infine, addirittura la causa dello spirito e mille altre cause ancora. Soltanto la mia causa non deve essere mai la mia causa. "Che vergogna l'egoista che pensa soltanto a se". Il divino è la causa di Dio, l'umano la causa dell'uomo. La mia causa non è né il divino né l'umano, non è ciò che è vero, buono, giusto, libero, ecc., bensì solo ciò che è mio, e non è un causa generale, ma unica, così come io stesso sono unico. Non c'è nulla che mi importi più di me stesso.
l'Unico a parer suo, non può essere oggetto di pensiero. L'Unico non è un fatto, ma un fare, un creare, un prodursi, un farsi. L'Io stirneriano è puro divenire e il divenire come tale è inintelligibile. La sola comprensione che possiamo averne è quella che emerge quando il soggetto che pensa si sia identificato con il suo stesso pensiero. Ma come abbiamo visto, il pensiero che pensa non è definibile se non mediante altro pensiero.
Poichè anche l'Unico è fondato su nulla ed è Unico perché la piena e definitiva consapevolezza di essere non fondato, allora l'Unico è pure, per intrinseca definizione, un non-centro. Esso non rivendica di essere il centro assoluto, ma un centro. Certo, in questo centro egli è assoluto, ma assoluto nella sua esistenza, cioè nella sua unicità-fattualità, per cui egli è l'Unico di se stesso mentre è nulla di ogni altro. Ne deriva che tutti sono unici, ma se tutti sono unici viene meno ogni dimensione assolutizzante.
Io, Antonin Artaud, sono un grande poeta,
perché ho masticato la poesia anche quando non avevo denti,
e i preti hanno cercato di rubarmela,
e sono stato assassinato sotto la croce
dai Soviet dell’impotenza,
perché ho sempre creduto che si volesse cambiare il mondo o dire di farlo per non cambiare nulla in se stessi e mettere i propri incubi sugli altari,
milioni di morti per guadagnare qualche lurida ostia sacramentata,
migliaia di mezzi e nessun vero uomo
la davanti,
merda,
e devo ancora svuotare i testicoli per regalare la mia anima ai dottori?
lasciare forse che la medicina s’insinui profondamente
e subdolamente nel mio mondo?
per quale motivo devo fornicare con il nulla?
Io uccido in me l’essere,
ossia la parvenza che mi avete lasciato sottraendomi la
mia vera nascita,
e intendo finirmi prima di morire,
per fregarvi tutti
e concepire immediatamente dopo la mia morte il ritorno alla nascita.
Perché non posso restare ancora a lungo nell’indecisione
di chi ha un volto ma non certo una testa e questo vuol dire che sono giunto fin qui acefalo e con l’intenzione di costruirmi un asse perpendicolare all’apertura delle braccia e che un asse del genere non è un meridiano ne tanto meno il prolungamento di un capestro ma è la linea retta che dal mio sottosuolo di viscere adeguatamente irrorato nasce come un soprassalto di sangue che procede verso l’alto e forma cosi nell’ascensione – e la cosa è certa, un preparato, un esordio, un inizio di testa che finalmente
fa a meno del pensiero
e vive non di sola civiltà,
ma anche di giunture che sono dei pieni,
cioè qualcosa che si piega,
che sento adattarsi alla mia volontà,
pur non muovendomi affatto dal mio corpo,
e che nessuno può determinare
ne togliermi,
neanche a costo della verità.
(Tratto dai tomi dal XV al XXI delle Oeuvres Complètes, Manicomio di Rodez 1945-1946)
14 marzo: a Bologna, il prefetto vieta il corteo per il funerale di Francesco Lorusso e i suoi compagni possono accompagnare il feretro solo per alcuni metri, nei pressi del cimitero. Nel pomeriggio gli studenti vanno nei quartieri operai di San Donato e della Bolognina, tentando di organizzare assemblee, ma i carabinieri disperdono ogni assembramento e sparano nuovamente. A Roma, si tiene un dibattito alla Casa dello Studente sui fatti del 12 marzo. La maggioranza degli studenti è contro gli atti di violenza e di teppismo. E’ il primo tentativo di isolare la componente degli «autonomi», indicata da PDUP e AO quale responsabile degli scontri. A Genova, tremila studenti vanno in corteo per partecipare ad una assemblea all’Ansaldo, a cui sono stati invitati dal consiglio di fabbrica, in occasione dell’apertura della vertenza nazionale. In Avellino, attentato in un deposito di furgoni per il trasporto dei detenuti, ordigni incendiari distruggono diverse auto ed un furgone.
15 marzo: a Torino, un incontro di preghiera e riflessione sull’aborto promosso dai gruppi cattolici alla Consolata è stato attaccato con lancio di cubetti di porfido da alcune decine di persone legate al movimento. A Roma, mentre si riapre l’Ateneo, la lotta si estende tra gli studenti medi, altre tre scuole vengono occupate, il Croce, il Salvemini e il XXV. A Bologna, Radio Alice, chiusa, riaperta e di nuovo chiusa, trasmette dalla sede di Radio Lara, che a sua volta è costretta a chiudere dai carabinieri del nucleo di polizia giudiziaria. 10 fermi, uno dei quali è trasformato in arresto: tutti indiziati di concorso in associazione per delinquere e pubblica istigazione a delinquere, in relazione all’attività di radiodiffusione illegale, nella circostanza grave di perturbamento dell’ordine pubblico.
16 marzo: a Ivrea scontri tra giovani di destra e di sinistra con danni alle sedi di Lotta continua e del Collettivo comunista di via Gariglietti. A Bologna, quasi duecentomila persone partecipano alla manifestazione dei partiti contro la violenza, quasi diecimila giovani del movimento, tenuti sotto controllo da un imponente servizio d’ordine, si riuniscono a pochi metri dalla manifestazione unitaria, in un contro comizio in cui parla il fratello di Francesco Lorusso. A Roma, i fascisti assaltano l’istituto Valadier, continuano le occupazioni nei licei, mentre il Virgilio sceglie l’autogestione.
17 marzo: a Torino, viene ucciso a colpi di mitra lo studente Bruno Cecchetti mentre rincasava a casa da una squadra di carabinieri. A Roma, i neofascisti militanti di Tradizione e Libertà aggrediscono i giovani del Tecnico-navale; aI Righi il preside ordina la chiusura dell’istituto che è stato attaccato poco prima dagli squadristi. Il liceo Avogadro, dove era prevista una settimana di autogestione, viene dato alle fiamme da estremisti di destra. A Lucca, poco dopo la mezzanotte, una carica di tritolo viene fatta esplodere alla base del muro di cinta che circonda la caserma dei carabinieri di San Concordio, contrada alla periferia della città.
18 marzo: a Milano, cinquecento giovani dell’ Autonomia operaia assaltano la sede legale della Magneti Marelli e gli uffici della Bassani Ticino. Alla Marelli tre impiegati e il consigliere delegato sono costretti a consegnare i portafogli. Gli assalitori lanciano bombe incendiarie e fracassano a colpi di spranga tutti i mobili. Alla Bassani Ticino vengono esplosi colpi di pistola nelle stanze in cui lavorano gli impiegati. Non ci sono feriti. Poco dopo un agenzia di pubblicità, la Lagrange, viene assaltata e data alle fiamme. Durante le incursioni viene scandito lo slogan: “Lotta. violenza, sabotaggio, contro lo Stato sciopero selvaggio”. A Firenze, viene compiuto un attentato contro la Corte d’Appello e la Procura: alle 3.10 di notte due potenti cariche esplodono a qualche attimo l’una dall’altra. L’attentato è rivendicato con un volantino dall’organizzazione Lotta Armata per il Comunismo. A Bari in serata salta in aria una caserma della polizia.
19 marzo: A Bologna, Francesco Berardi “Bifo” viene raggiunto da un mandato di cattura per associazione sovversiva e istigazione a delinquere.
20 marzo: a Ivrea nella notte scontri tra fascisti e compagni del movimento una ventina di arresti. A Montalto di Castro, manifestazione nazionale contro la costruzione della centrale nucleare, a Pian de’ Cangani, per la festa della primavera, ventimila persone occupano pacificamente il luogo in cui l’ENEL intende installare la centrale nucleare. Ad Augusta, un incendio doloso divampa nel magazzino del casermaggio del carcere cittadino, i danni sono ingenti.
La natura stessa possiede alcune caratteristiche precise.
La prima è che ciascuno di noi sia un essere razionale, capace di riconoscere e identificare la verità e per tanto agire conseguentemente. Poiché siamo dotati di una mente siamo provvisti anche di volontà, siamo cioè capaci di agire dirigendo le nostre azioni con convinzione e consapevolezza. Naturalmente questa non è che una possibilità che viene riconosciuta e sulla quale si fa affidamento per poter costruire una società coerente con questi principi, una società giusta.
La seconda è che ognuno di noi è un essere socievole e sociale ed è attraverso la società che ciascuno si esprime compiutamente condividendo i propri sentimenti. Ma allo stesso tempo l'essere socievoli non nega il fatto che ciascuno è anche un individuo e che questa caratteristica va non solo salvaguardata ma anche espressa. Non possiamo permetterci di perdere le nostre specificità, annullandoci nella massa o dipendendo da altri. Per essere davvero felici occorre garantire un equilibrio costante di queste due dimensioni, quella sociale e quella individuale.
La terza convinzione, che viene posta alla base della natura umana, è che gli uomini sono esseri progressivi, ovvero perfettibili, nel senso che possono non tanto raggiungere la perfezione quanto migliorare indefinitamente. Occorre essere ben consci non solo della forza dilagante del male, che si esprime soprattutto attraverso le istituzioni autoritarie, ma anche di quanto sia fragile la verità e forti i pregiudizi e le abitudini capaci di plasmare e condizionare efficacemente gli uomini.
Il metodo seguito da un pensatore anarchico è molto diverso da quello seguito dagli utopisti. L'anarchico non si riferisce a concetti metafisici, come i diritti naturali, i diritti dello Stato, ecc., per vedere quale siano, nella sua opinione, le migliori condizioni per realizzare il maggiore benessere possibile del genere umano; al contrario egli segue il corso tracciato dalla teoria moderna della evoluzione, senza però entrare nel campo ingannatore delle semplici analogie. L'anarchico studia la società umana così com'è oggi e com'è stata in passato, senza attribuire all'umanità in genere e all'individuo in particolare, qualità superiori che non possiedono né questo né quella; e solo considera la società come un aggregato di organismi che cercano il modo migliore di armonizzare le necessità individuali con quelle collettive, per il benessere di tutta la specie presa nel suo insieme e nei suoi componenti. L'ideale dell'anarchico è per conseguenza, il risultato di ciò che egli considera come fase prossima dell'evoluzione. Non è questione di fede bensì di discussione scientifica.
L'anarchia è dunque in stretta concordanza con la filosofia dell'evoluzione, perché le teorie evolutive hanno dimostrato non solo l'enorme capacità di ogni individuo di adattarsi alle proprie condizioni esistenziali e, conseguentemente, di sviluppare quelle facoltà che agevolano tale processo di adattamento, ma anche l'imprescindibilità di una relazione solidale che leghi tra di loro gli esseri di una medesima specie.
Ascolto in silenzio
il muto canto dell'erba
che dondola l'anima al vento
disprezzando le vanità
e le ricchezze vane;
adoro i sospiri degli abeti
che s'infrangono nei gelidi turbini;
amo gli umili pianti del salice
che non si sciolgono alle carezze della neve.
Adoro le solitarie danze del castagno
che trema le palmipedi foglie
come mani al cielo;
adoro il sole che non si maschera per apparire;
la luna che non si trucca per ingannare.
Amo la nudità e il soave profumo
dell'eterna libertà.
12 marzo: a Torino, poco prima delle otto del mattino viene ucciso sotto casa il brigadiere Ciotta; corteo da piazza Solferino in solidarietà al compagno di Lotta Continua, Pier Francesco Lorusso ucciso dai carabinieri a Bologna, il corteo sfila su via Consolata, Porta Palazzo, via Milano, qualche insulto alla Giunta rossa davanti al Comune poi si prosegue per via Garibaldi, piazza Castello e via Po, gruppetti si staccano dal corteo con molotov contro la questura di via Verdi sparando anche alcuni colpi di pistola, intanto il corteo continua in via Principe Amedeo con lancio di pietre contro la Camera del Lavoro, dopo una breve fermata davanti alla Prefettura il corteo si avvia a Palazzo Nuovo per radunarsi in assemblea, un altro gruppo di una ventina di persone si dirige di corsa verso via Garibaldi al numero 22 dove al primo piano c’è una sede della DC, lancio di molotov, nella fuga vengono frantumate le vetrine di una pasticceria, di una gioielleria e della Casa del Guanto. A Bologna, dopo uno sciopero di tre ore indetto dai sindacati e una manifestazione a piazza Maggiore, in cui il servizio d’ordine del PCI tenta di non far entrare il corteo di universitari, si verificano ancora, nel pomeriggio, gravi scontri tra polizia e studenti, nella zona dell’Università, i banchi ed i tavoli delle facoltà di scienze politiche, magistero e giurisprudenza bruciano sulle barricate di via Zamboni e piazza Verdi, un giovane di 23 anni, Antonio Mariano suona Chopin su un pianoforte collocato in mezzo alle barricate, il movimento resiste, fino a notte, all’assedio della polizia, durante gli scontri viene appiccato il fuoco a un ristorante Il Cantunzein, un’armeria viene assaltata e saccheggiata e in qualche caso si risponde al fuoco della polizia; vengono fermate una cinquantina di persone, la maggior parte delle quali viene poi arrestata. Alle 23 Radio Alice viene chiusa dalla polizia e cinque redattori vengono arrestati, con l’accusa di concorso in «associazione per delinquere, in relazione all’attività di radiodiffusione illegale, nella circostanza di grave perturbamento dell’ordine pubblico». A Roma, si comincia la mattina con lo sciopero dei medi da Piazza Esedra a Trastevere: 8000 persone nessuna organizzazione politica ha voluto partecipare. Sempre al mattino c’è anche un corteo della FGCI dal Colosseo a Piazza San Giovanni di 1.500 persone. Al pomeriggio sono in centomila, provenienti da tutte le parti d’Italia, scendono in piazza per una manifestazione nazionale dopo l’uccisione di Lorusso, duri gli striscioni: «Violenza proletaria», «I nostri vessilli sono oggi a lutto. Per i compagni morti pagherete tutto». In testa al corteo, come concordato, lo striscione con scritto: “Siamo stanchi di piangere il sangue dei compagni uccisi”. Il corteo parte da piazza Esedra, ma la polizia lo blocca già in via Nazionale. Dopo alcune trattative viene concesso un percorso alternativo. Il corteo, aperto da una folta delegazione bolognese, arriva a piazza del Gesù, dove un gruppo di autonomi lancia un grappolo di molotov contro la sede della Dc e la polizia carica il corteo lanciando lacrimogeni e spezzandolo. Il corteo riesce comunque a raggiungere piazza del Popolo, dove avrebbe dovuto concludersi. Anche qui i dimostranti, che lanciano bottiglie incendiarie contro il bar Rosati e il comando dei carabinieri, vengono caricati dalla polizia. Per ore il centro della città viene sconvolto da sparatorie, scontri, autobus rovesciati, macchine incendiate. Vengono saccheggiate due armerie. Vengono assaltate la caserma dei carabinieri della Legione Lazio a piazza del Popolo, il commissariato di PS di Borgo, la sede del Popolo e l’ambasciata del Cile presso la Santa Sede. Inoltre vengono devastate la filiale FIAT di via FIaminia, la Gulf del lungotevere, gli uffici della SIP di via Gianturco, l’hotel Palatino e numerosi negozi. Moltissime auto parcheggiate di cilindrata superiore alla 500 hanno i vetri fracassati. 10 agenti, due dei quali in modo grave, sono stati feriti da colpi d’arma da fuoco.
Feriti anche due dimostranti e un giovane, Eugenio Castaldi, che, fermato ad un posto di blocco, ha sparato ed è stato a sua volta colpito. In serata, soprattutto alla stazione Termini, la polizia e le squadre in borghese scatenano pestaggi e rappresaglie. Sono 126 i fermati, 31 dei quali trattenuti in stato d’arresto. L’Università viene chiusa nuovamente. A Milano, durante la manifestazione indetta dalla nuova sinistra, alcuni gruppi di giovani si staccano dal corteo e assaltano l’Assolombarda con una cinquantina di molotov e colpi di pistola contro le vetrine, ad un vigile urbano gli viene sequestrata la pistola d’ordinanza, un altro lancio di molotov colpisce la compagnia aerea spagnola Iberia.
13 marzo: a Bologna, i carabinieri occupano con mezzi pesanti l’Università, dalle 5,30 del mattino un migliaio di carabinieri armati fino ai denti e coperti da carri blindati, entrano nell’Università, trovandola vuota, per tutto il giorno, nella città presidiata, piccoli gruppi di giovani cercano di radunarsi, ma vengono dispersi. In serata il bilancio è di un centinaio di fermi e 41 arresti, adoperano, per la prima volta, dei carri blindati, gli M113. Il sindaco comunista Zangheri li ringrazia affermando che «non si può criticare chi è in guerra». A Roma, Cossiga vieta per 15 giorni tutte le manifestazioni pubbliche di qualsiasi genere. A Catanzaro, esproprio proletario in una banca, bottino quaranta milioni.
La borghesia era una classe fortemente territorializzata, il cui potere si fondava sulla proprietà di beni fisici, e sul fatto di appartenere ad una comunità stabile. L'etica protestante era fondata sulla relazione di lungo periodo alla comunità religiosa dei lavoratori e dei consumatori che condividevano nel tempo lo stesso luogo di abitazione e lo stesso destino. Ma oggi la borghesia è scomparsa. Dalla deterritorializzazione emerge una post-borghesia che non ha relazione con il territorio né con la comunità, dal momento che domani può spostare il suo business in un luogo distante del mondo, e dal momento che il profitto ricavabile degli investimenti finanziari dipende da transazioni che si compiono nell'arco di nanosecondi, non di anni o di mesi. Possiamo chiamare questa classe la classe altrove, dal momento che essa sposta continuamente la posta del suo investimento. Ma possiamo anche chiamarla classe virtuale, per due ragioni. perché è la classe che accumula i suoi profitti grazie alla attività virtuali come il net trading, e alla rete della produzione immateriale ad alta tecnologia. Ma anche per una seconda ragione: si tratta di una classe che non esiste realmente, che non si può identificare perché coloro che investono nel mercato finanziario sono un pulviscolo vastissimo di piccoli azionisti, piccoli risparmiatori che attendono tutti un ritorno economico dai loro micro-investimenti perché tutti sono in qualche misura costretti a dipendere dall'investimento finanziario, anche se nella grande maggioranza saranno fregati.
La classe altrove ha ristabilito la logica economica del reintier, dato che il profitto non è più legato all'espansione della ricchezza esistente, ma è legato al mero possesso di un bene invisibile: il denaro, anzi il credito.
Il denaro si è dematerializzato. Un tempo gli ufficiali della Federal Reserve Bank di New York trasferivano lingotti d'oro su dei carrelli e li trasportavano da un caveau a un altro del paese. Oggi circa 1.3 trilioni di dollari sono trasferiti ogni giorno senza prendere forma tangibile. Il denaro divenuto etereo, volatile ed elettronico. Null'altro che un insieme di uni e di zero che corrono lungo migliaia di chilometri di fili, su autostrade di fibra ottica, spediti su dei satelliti e irraggiati da una stazione di microonde ad un'altra. Questo denaro è un'ombra. Non ha dimensione tattile, non ha massa né peso. E' un immagine.
07 marzo: a Padova, la polizia sgombera l’Università e ferma tutti gli occupanti di Magistero e Anatomia, migliaia di studenti rispondono con un corteo, mentre un gruppo va a danneggiare lo studio del professore Antonio Onnis, direttore della clinica ginecologica che si è dato da fare per ottenere l’intervento della polizia. A Firenze, viene sventato attentato al PM Vigna. A Civitavecchia, vengono arrestate sette femministe militanti del MLD durante l’occupazione simbolica della sede dell’Ente comunale assistenza. A Roma si tiene al Policlinico un’assemblea del movimento; tre attentati colpiscono la caserma dei carabinieri di via Felice Nerini, una sezione della DC a Primavalle e la stazione della metro Colosseo.
08 marzo: corteo in quasi tutte le città italiane per la giornata di lotta delle donne. A Roma, mentre si sta svolendo una riunione del Consiglio Comunale al Campidoglio, i senza casa occupano il Comune; viene occupato il liceo Tasso per protesta contro la sentenza Panzieri. A Palermo, durante un concerto, carabinieri e polizia allontanano a mangannellate alcuni giovani auto riduttori, ne seguono scontri durante i quali gli agenti sparano, venti persone sono fermate e cinque arrestate.
09 marzo: a Torino, assemblea della Tribù delle frecce nere avvelenate per dissotterrare l’ascia di guerra contro le giacche azzurre. A Roma, trecento studenti protestano davanti alla sede RAI contro l’informazione di regime.
10 marzo: a Roma, trenta fascisti assalgono e danneggiano il cinema Rouge et Noir, dove si proietta il film, Salò e le 100 giornate di Sodoma; quattro giovani armati entrano in un negozio di interruttori Ticino contro il lavoro nero carcerario. A Reggio Calabria un commando delle Unità Comuniste Combattenti assalta la sede dell’Associazione Industriale Reggina.
11 marzo: a Bologna, dopo che quattro militanti del movimento vengono malmenati e cacciati da una assemblea di Comunione e Liberazione nella facoltà di Anatomia, una cinquantina di studenti autonomi si scontra con il servizio d’ordine del movimento cattolico integralista, che si barrica all’interno dell’aula, finché non arriva la polizia che li fa uscire scortandoli fuori dall’Università, a questo punto i carabinieri caricano il gruppo in cui si trova Francesco Lorusso e partono le prime raffiche di mitra: alcuni compagni scappano verso l’università, risalendo via Mascarella, dal gruppo dei carabinieri partono 6-7 colpi di pistola in rapida successione: lo sparatore, come testimoniano i lavoratori della Zanichelli indossa una divisa, senza bandoliera, e un elmetto con visiera, prende la mira con precisione, poggiando il braccio su di una macchina. Francesco, sentendo i primi colpi, si volta mentre corre con gli altri e viene colpito trasversalmente, sulla spinta della corsa percorre altri 10 metri e cade sul selciato, sotto il portico di via Mascarella. Quattro compagni lo raccolgono e lo trasportano fino alla libreria «Il Picchio», da dove un’ambulanza lo porta all’ospedale. Francesco vi giunge morto, quando si diffonde la notizia migliaia di militanti del movimento si riuniscono all’Università, finché, verso le 18, decidono di uscire in corteo, mentre gli studenti occupano la stazione ferroviaria, scontrandosi duramente con la polizia, quattromila giovani si dirigono verso il centro della città sconvolgendola: danno fuoco alla libreria ciellina Terra Promessa, devastano negozi, alla fine gli arresti sono 46”. La DC bolognese chiede l’intervento dell’esercito. L’assemblea del movimento che si riunisce al cinema Odeon decide di occupare tutte le facoltà e di inviare una delegazione di alcune centinaia di compagni alla manifestazione nazionale di Roma, il giorno dopo. A Torino, sciopero alla Fiat, gli operai invadono la palazzina degli impiegati obbligandoli ad uscire; alla notizia giunta da Bologna sulla morte di Lorusso a Palazzo Nuovo vengono interrotte le lezioni e gli studenti si riuniscono in assemblea; attentato contro la sezione Dc di via Volpiano, a Barriera di Milano. A Bologna, le Brigate Rosse compiono una incursione negli uffici dell’Immobiliare Gabetti, sequestrano documenti e schede.
Jeliza Rose è una graziosa bambina che passa la propria giornata a tentare di leggere alcuni passi di Alice in Wonderland di Lewis Carroll, tra una dose di eroina da preparare a papà Noah, e un massaggio alle gambe, durante i fumi del metadone, a mamma Regina Gunhilda. Tra un atteggiamento bipolare e una scorpacciata di barrette di cioccolato, la mamma muore. Papà Noah, dopo essere tornato da uno dei suoi viaggi senza mai lasciare la sedia di casa con nuove avventure ambientate in un leggendario quanto improbabile Nord celtico, decide allora di realizzare davvero una di queste visioni, lasciando Vancouver ma passando per la vecchia casa della nonna. Jeliza Rose ammucchia le sue poche cose, portando con sé le carissime amiche: 4 teste di bambola, più vari arti ed accessori, che l'accompagneranno durante tutto il tragitto. Giunti alla fattoria, tanta è la sorpresa della bambina quando al lussureggiante ed onirico campo di grano esterno, dominato dall'immensa casa di legno, fa da contraltare un interno squallido, sporco e decisamente desolante. Dopo averla messa a parte dei rischi che ogni scoiattolo procura, Noah chiede alla figlia di preparargli e concedergli la sua solita vacanza. La bambina, sempre premurosa ed attenta, esegue subito gli ordini paterni, e si sincera, come sempre, che il padre sia sì partito, ma ancora ben presente nella sua vita, alzandogli gli occhiali da sole che sempre inforca. Il padre non si sveglierà più.
Assistiamo al tragico mondo di una bimba che perde fatalmente i due genitori eroinomani e si ritrova sola in mezzo ad una campagna deserta, in una villa abbandonata, senza cibo né nessun altro. Unici vicini un fratello e una sorella folli e ritardati, che mummificano persone ed animali credendo di impedire la morte. Attraverso gli occhi di Jeliza Rose, i traumi della vita adulta divengono divertenti e non più disturbanti giochi per dimenticare fame e solitudine. Dall’eroina che prepara dolcemente a papà nella siringa al sesso che osserva fare dalla vicina con l’uomo delle consegne, dalla morte del padre per overdose, che confonde con un sonno da fattone, fino alla follia del vicino Dickens, che viene vista dolcemente, e alla fine scambiata per amore, il mondo capovolto dei bambini racconta questa trasfigurazione del reale, questa sotto-interpretazione dell’esistente, che può renderlo più sopportabile ma anche più atroce. L'immaginazione va di pari passo con la solitudine, più precisamente, più si è soli e più una realtà immaginata diventa potente, tanto da confondersi e assurgere a realtà.
Quello che emerge fin dalle prime sequenze del film, è la volontà del regista di entrare direttamente dentro il cervello di Rose in modo da filtrare tutte le atrocità attraverso la sua innocenza. L’obbiettivo riesce alla perfezione, dando l’impressione che le fantasie da lei prodotte costituiscano una sorta di “scudo” che la protegge dai pericoli di una realtà squallida. Tali fantasie però tendono a stravolgere completamente i criteri dei canoni comuni sconvolgendo il più chiaro schema di valori imposto dalla società e trasformando l’innocuo in pericolo e viceversa (il treno infatti viene visto come uno squalo gigante mentre la tossicodipendenza come una semplice vacanza) incarnando perfettamente la capacità di autodifesa tipica dei bambini.
Altro concetto fondamentale del film è l'equazione secondo la quale morte porta a vita. Tutta la vicenda di Rose è scandita da morti (i genitori, la nonna, la sua bambola preferita) che in qualche modo portano un cambiamento radicale delle sue condizioni di vita (la morte dei genitori la allontana dalla droga, e la morte della nonna la porta a conoscere Dickens) per poi sfociare nel finale che la libera definitivamente da quel mondo pieno di orrori.
Anarchico e onirico ma anche doloroso Tideland è uno dei film più sciagurati e personali di Terry Gilliam, uno sguardo sia infantile che sull'infanzia, età cara al regista perché sede principale e irripetibile di quei deragliamenti dell'immaginazione di cui si compone il suo cinema.