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giovedì 8 giugno 2017

Quarantanni fa ... il 77 (capitolo IX)

12 marzo: a Torino, poco prima delle otto del mattino viene ucciso sotto casa il brigadiere Ciotta; corteo da piazza Solferino in solidarietà al compagno di Lotta Continua, Pier Francesco Lorusso ucciso dai carabinieri a Bologna, il corteo sfila su via Consolata, Porta Palazzo, via Milano, qualche insulto alla Giunta rossa davanti al Comune poi si prosegue per via Garibaldi, piazza Castello e via Po, gruppetti si staccano dal corteo con molotov contro la questura di via Verdi sparando anche alcuni colpi di pistola, intanto il corteo continua in via Principe Amedeo con lancio di pietre contro la Camera del Lavoro, dopo una breve fermata davanti alla Prefettura il corteo si avvia a Palazzo Nuovo per radunarsi in assemblea, un altro gruppo di una ventina di persone si dirige di corsa verso via Garibaldi al numero 22 dove al primo piano c’è una sede della DC, lancio di molotov, nella fuga vengono frantumate le vetrine di una pasticceria, di una gioielleria e della Casa del Guanto. A Bologna, dopo uno sciopero di tre ore indetto dai sindacati e una manifestazione a piazza Maggiore, in cui il servizio d’ordine del PCI tenta di non far entrare il corteo di universitari, si verificano ancora, nel pomeriggio, gravi scontri tra polizia e studenti, nella zona dell’Università, i banchi ed i tavoli delle facoltà di scienze politiche, magistero e giurisprudenza bruciano sulle barricate di via Zamboni e piazza Verdi, un giovane di 23 anni, Antonio Mariano  suona Chopin su un pianoforte collocato in mezzo alle barricate, il movimento resiste, fino a notte, all’assedio della polizia, durante gli scontri viene appiccato il fuoco a un ristorante Il Cantunzein, un’armeria viene assaltata e saccheggiata e in qualche caso si risponde al fuoco della polizia; vengono fermate una cinquantina di persone, la maggior parte delle quali viene poi arrestata. Alle 23 Radio Alice viene chiusa dalla polizia e cinque redattori vengono arrestati, con l’accusa di concorso in «associazione per delinquere, in relazione all’attività di radiodiffusione illegale, nella circostanza di grave perturbamento dell’ordine pubblico». A Roma, si comincia la mattina con lo sciopero dei medi da Piazza Esedra a Trastevere: 8000 persone nessuna organizzazione politica ha voluto partecipare. Sempre al mattino c’è anche un corteo della FGCI dal Colosseo a Piazza San Giovanni di 1.500 persone. Al pomeriggio sono in centomila, provenienti da tutte le parti d’Italia, scendono in piazza per una manifestazione nazionale dopo l’uccisione di Lorusso, duri gli striscioni: «Violenza proletaria», «I nostri vessilli sono oggi a lutto. Per i compagni morti pagherete tutto». In testa al corteo, come concordato, lo striscione con scritto: “Siamo stanchi di piangere il sangue dei compagni uccisi”. Il corteo parte da piazza Esedra, ma la polizia lo blocca già in via Nazionale. Dopo alcune trattative viene concesso un percorso alternativo. Il corteo, aperto da una folta delegazione bolognese, arriva a piazza del Gesù, dove un gruppo di autonomi lancia un grappolo di molotov contro la sede della Dc e la polizia carica il corteo lanciando lacrimogeni e spezzandolo. Il corteo riesce comunque a raggiungere piazza del Popolo, dove avrebbe dovuto concludersi. Anche qui i dimostranti, che lanciano bottiglie incendiarie contro il bar Rosati e il comando dei carabinieri, vengono caricati dalla polizia. Per ore il centro della città viene sconvolto da sparatorie, scontri, autobus rovesciati, macchine incendiate. Vengono saccheggiate due armerie. Vengono assaltate la caserma dei carabinieri della Legione Lazio a piazza del Popolo, il commissariato di PS di Borgo, la sede del Popolo e l’ambasciata del Cile presso la Santa Sede. Inoltre vengono devastate la filiale FIAT di via FIaminia, la Gulf del lungotevere, gli uffici della SIP di via Gianturco, l’hotel Palatino e numerosi negozi. Moltissime auto parcheggiate di cilindrata superiore alla 500 hanno i vetri fracassati. 10 agenti, due dei quali in modo grave, sono stati feriti da colpi d’arma da fuoco.
Feriti anche due dimostranti e un giovane, Eugenio Castaldi, che, fermato ad un posto di blocco, ha sparato ed è stato a sua volta colpito. In serata, soprattutto alla stazione Termini, la polizia e le squadre in borghese scatenano pestaggi e rappresaglie. Sono 126 i fermati, 31 dei quali trattenuti in stato d’arresto. L’Università viene chiusa nuovamente. A Milano, durante la manifestazione indetta dalla nuova sinistra, alcuni gruppi di giovani si staccano dal corteo e assaltano l’Assolombarda con una cinquantina di molotov e colpi di pistola contro le vetrine, ad un vigile urbano gli viene sequestrata la pistola d’ordinanza, un altro lancio di molotov colpisce la compagnia aerea spagnola Iberia.
13 marzo: a Bologna, i carabinieri occupano con mezzi pesanti l’Università, dalle 5,30 del mattino un migliaio di carabinieri armati fino ai denti e coperti da carri blindati, entrano nell’Università, trovandola vuota, per tutto il giorno, nella città presidiata, piccoli gruppi di giovani cercano di radunarsi, ma vengono dispersi. In serata il bilancio è di un centinaio di fermi e 41 arresti, adoperano, per la prima volta, dei carri blindati, gli M113. Il sindaco comunista Zangheri li ringrazia affermando che «non si può criticare chi è in guerra». A Roma, Cossiga vieta per 15 giorni tutte le manifestazioni pubbliche di qualsiasi genere. A Catanzaro, esproprio proletario in una banca, bottino quaranta milioni.

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