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venerdì 1 dicembre 2017

Quarant’anni fa … il ’77 (capitolo XXXIV)

19 settembre: A Torino all’1,15 in via San Secondo davanti al numero 104 viene ferito con tre colpi di rivoltella alle gambe il giornalista dell’Unità Nino Ferrero critico cinematografico da due giovani di  Azione Rivoluzionaria poi fuggiti su una 128 rossa. A Bergamo, dopo 15 anni di tortura e sbattuta da un manicomio all’altro, Palmira Valle, di 29 anni, viene trovata morta legata a un letto di contenzione in un reparto del neuropsichiatrico provinciale di Bergamo. La donna era stata legata perché sentiva il bisogno di denudarsi. La morte è avvenuta per soffocamento dovuto ad una traversina che la legava. A Trieste, gran casino alla giornata di chiusura del congresso degli psichiatri. La scintilla è partita da “MARGE” il gruppo francese che si definisce composto da ex-delinquenti, emarginati, folli, prostitute, appoggiato dagli autonomi italiani. Il convegno viene definito come una specie di salotto per intellettuali e a Basaglia viene impedito di parlare. Nella fuga quest’ultimo si rompe una costola. 
20 settembre: a Roma, mentre centinaia di studenti fuori sede esprimono solidarietà nei confronti dei sette giovani arrestati a luglio, durante una perquisizione nella «Casa della Studentessa» a Casal Bertone e ora processati a piazzale Clodio, nella facoltà di Lettere si tiene un’assemblea in preparazione del corteo di mercoledì. Il giornalista dell’Unità Piero Sansonetti viene espulso dall’ assemblea per la seconda volta. Alla fine interviene Daniele Pifano, che accusa gli oppositori dell’Autonomia di pensare alla polizia «come a un corpo democratico e non a un apparato repressivo». Al consiglio dei ministri, viene data la notizia che la repubblica federale tedesca respinge la richiesta italiana di estradizione per Herbert Kappler. Il governo modifica la legge Reale: viene introdotto l’arresto domiciliare; vengono depenalizzati alcuni reati minori; diventano delitto gli attentati a impianti di pubblica utilità e gli atti preparatori di insurrezione, rapine, sequestri. 
21 settembre: a Torino, a mezzanotte e un quarto, una bomba ad alto potenziale distrugge la centralina del metano che serve al riscaldamento del Palasport, dove era in programma una manifestazione organizzata dai partiti democratici e dagli enti locali. L’attentato viene rivendicato da Azione Rivoluzionaria. Sempre più o meno alla stessa ora, un’altra esplosione, seguita da un incendio distrugge parzialmente l’officina 72 di Mirafiori, l’attentato viene rivendicato dal Nucleo Operaio Tonino Miccichè, un compagno di LC ucciso tempo fa da una guardia giurata.. Sempre all’interno della Fiat Mirafiori, nella stessa notte, una 131 viene data alle fiamme. A Bologna, un operaio militante di LC, Alberto Magri, di 20 anni, soprannominato “Zero” dagli amici, che gli sta mostrando una pistola travata in via Pratello. Sempre a Bologna, poco prima delle 22 scoppia una bomba al tritolo contro la caserma dei carabinieri in via dei Barbieri 46. A Roma, si svolge senza incidenti un corteo del movimento per la libertà dei compagni arrestati. I detenuti politici del movimento sono 24, tra cui Paolo Tomassini e Daddo Fortuna, quelli arrestati nei mesi più caldi del movimento e quelli arrestati più recentemente, nel corso della lotta contro la centrale nucleare a Montalto di Castro. La manifestazione pacifica e di massa, con 15.000 partecipanti, va da piazza Esedra a piazza Navona (slogan contro piazza del Gesù: «Enrico, Enrico, lo sappiamo che sei lì. Fuori, fuori dalla diccì» e contro i poliziotti in tuta antiproiettili e scafandro, su ritmo degli slogan scanditi allo stadio: «Paaalombari, Saaaldatori, Aaaastronauti»). A piazza Navona, dopo che un gruppetto di indiani ha scandito slogan contro l’Autonomia («Oggi più che ieri, Volsci, Volsci corazzieri»), l’indiano Beccofino viene gettato nella fontana. Al termine della manifestazione la polizia effettua alcune perquisizioni personali e arresta un giovane, Maurizio Barberis, di 21 anni, trovato in possesso di una pistola. Sempre a Roma, viene depositata la sentenza di assoluzione della guardia di custodia Domenico Velluto, per l’omicidio di Mario Salvi. Secondo i giudici della Corte d’assise, a cui non risulta che Salvi stesse per estrarre una pistola, è legittimo sparare contro chi scappa, perché impedisce l’identificazione.

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