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venerdì 6 luglio 2018

Il ’68… No all’autoritarismo (Capitolo XXVII)

NO ALL’AUTORITARISMO, NO ALLA SELEZIONE DI CLASSE ALL’ UNIVERSITA’
Neppure quelli che arrivano alla laurea sono tutti uguali. All’interno della élite che va all’università si crea un élite ancora più ristretta. Lo stesso meccanismo della frequenza e degli esami, sul quale è congegnata tutta l’università, è fatto apposta per produrre
questa ulteriore discriminazione. (…) All’Università entrano in molti ed escono in pochi.
Escono innanzitutto coloro per i quali la collocazione professionale in una posizione privilegiata è già garantita dalla situazione sociale della famiglia di provenienza. I figli dei medici faranno i medici, e i figli dei farmacisti fanno tutti i farmacisti. Gli iscritti all’Università provengono da una base molto larga. Non più soltanto i diplomati con la maturità rilasciata dalla serra classista del liceo classico e scientifico, ma anche i maestri, i geometri, i periti, i ragionieri. Tutti costoro vogliono entrare all’Università, perché vogliono continuare a studiare (anche a costo dei notevoli sacrifici economici e personali che ciò comporta) e perché vogliono utilizzare quelle possibilità di
promozione sociale che il sistema offre loro, cioè il conseguimento di un titolo di studio.
Ma i laureati devono essere pochi, perché oltre a un certo numero non servono. Come avviene questa selezione? Quali ne sono i criteri? Il primo e fondamentale criterio di selezione è di carattere economico. Studiare e mantenersi agli studi costa. L’Università
non fornisce aiuti economici ai suoi iscritti che in misura risibile. Chi proviene da famiglie non abbienti, per mantenersi agli studi deve lavorare.
La radice dell’autoritarismo accademico, come tutte le forme di potere autoritario, non risiede soltanto in una serie di strutture istituzionali ed economiche, ma risiede soprattutto e in primo luogo nel consenso da parte di coloro che il potere lo subiscono.
L’Università è organizzata in modo da creare e conservare questo consenso, cioè in modo da mantenere gli studenti in uno stato di passività e divisione reciproca. E’ questo che intendiamo dire quando affermiamo che la didattica autoritaria è una forma di
violenza esercitata sugli studenti.
(Guido Viale, Contro l’Università, in “Quaderni piacentini”, n. 33, 1968)

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