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venerdì 6 luglio 2018

PUNTO ZERO di Richard C. Sarafian

Il calore dell'asfalto cotto dal sole deforma le sagome delle auto della polizia giunte in un paesino di frontiera californiana per organizzare un posto di blocco con due grossi bulldozer. Le sirene e il rumore dell'elicottero che rompono il silenzio fanno accorrere alle finestre delle scalcagnate casupole vecchi cowboy dalle facce di pietra.
Bisogna bloccare Kowalski, l'ultimo cavaliere solitario che a bordo di una Dodge Challenger bianca con motore 440 da 375 cavalli ha attraversato tre stati infrangendo tutti i limiti di velocità. Strafatto di benzedrina, la notte prima a Denver ha scommesso di consegnare il bolide truccato per le 15 del giorno dopo a San Francisco. Come tutti i road movie che si rispettino lui è il classico doppio zero che vive ai margini della società. Diversi  flashback ci dicono che è stato in Vietnam, che ha lasciato la polizia non condividendone i metodi ed è
un ex corridore di corse motociclistiche e automobilistiche. E adesso è alla guida della Dodge e non si fermerà perché la libertà dell'anima consiste nell' andare. È l'ultimo possibile vero eroe americano, schivo e taciturno, l'erede dell'epopea western dove è obbligo fermarsi solo per sincerarsi che chi ti sfida a duello (in tal caso di velocità) non sia morto uscendo fuoristrada e dove gli unici "amici" che incontra sono reietti come lui, un vecchio che cattura serpenti nel deserto, una comunità hippie  e Super Soul, il dj cieco di colore di una stazione radiofonica che attraverso la sua trasmissione ne narra le gesta e il tentativo di affermare la libertà individuale , quella che invece non è permessa perché al di fuori delle regole istituzionalizzate. Braccato e intrappolato dalle auto della polizia Kowalski non avrà altra scelta che spingere i 375 cavalli della Dodge contro i bulldozer del posto di blocco. Lo fa con un sorriso.
La faccia di Barry Newman è perfetta per essere un unicum con la sua macchina,una Dodge Challenger con motore truccato,lanciata a folle velocità sulle strade del Colorado e in
mezzo al deserto del Nevada per arrivare a San Francisco solo per vincere una scommessa temeraria. Quasi un voler superare i propri limiti. Naturalmente non passa inosservato e viene inseguito dalle polizie dei vari Stati ma facendo così gli creano solo l'aura del mito. Il film di Sarafian ha i dialoghi ridotti all'osso ma tecnicamente è sopraffino con bellissime sequenze di inseguimento e molta musica dell'epoca. E'un film orgogliosamente contro, contro la polizia,contro il sistema castrante qualsiasi velleità personale,contro ogni forma di autorità. La Dodge attraversa scenari da film western con i suoi cavalli vapore facendo assaporare per un attimo la libertà al suo cavaliere,un uomo dal passato complicato e doloroso. Punto Zero è un film sulla fuga, un manifesto sulla libertà e sulla pace. Un film dall'anima hippy tipicamente anni '70 in cui l'uomo col suo destriero a vapore deve confrontarsi con qualcosa di molto più grande di lui,sia fisicamente(il deserto del Nevada che per miracolo non lo inghiotte) che metaforicamente(il sogno). Kowalski non ha un nome di battesimo ma ha un sogno che lo spinge a mettere l'acceleratore a tavoletta incurante delle regole. Un sogno che forse è solo utopia.

I personaggi minori sono anche quelli che hanno un proprio sviluppo psicologico, tralasciando le forze di polizia, tutte uguali fra loro se non fosse per il colore delle divise. Così, mentre alcuni provano ad intralciare il cammino del
protagonista: la coppia gay che tenta di rapinarlo, il pilota a bordo di una sportivissima Jaguar che cerca di buttarlo fuori strada; altri lo aiutano nella sua corsa verso il traguardo: l’affabile nonnetto che, in cambio di un passaggio, lo tira fuori dal deserto in cui si era smarrito, la coppia naturista che svia i posti di blocco per permettergli il passaggio, Superanima (Supersoul nell’originale) che lo incita e conduce verso il finale.

Kowalski rappresenta il rifiuto delle regole di vita americane che in quei tempi si manifestò nelle svariate forme di ribellismo culturale: dal nichilismo dell’annientamento attraverso le sostanze stupefacenti, alla proliferazione di stili di vita apertamente contrari all’egemonia culturale di un’America totalitaria e ghettizzante nei confronti di ogni forma di dissenso.



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